MAURO MARCANTONI * SISTEMA TRENTINO: «SARÀ DISSOLUZIONE? SIA STIMOLO A NON PENSARE SOLO A SÉ MA ANCHE AL “BENE” DELLA COMUNITÀ»

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difficile da pignorare

 


09.58 – lunedì 30 dicembre 2024

Gentile direttore Franceschi,

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

 

allego quanto oggi pubblicato sul quotidiano “l’Adige“, anche per consentire la visione ai lettori di Opinione.

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Mauro Marcantoni

 

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Come contrastare la dissoluzione. La parola che forse più esprime l’anima di questo nostro tormentato tempo è dissoluzione. Una dissoluzione penetrante, lacerante, che scuote i fondamenti su cui abbiamo costruito il nostro senso di sicurezza e di futuro. La dissoluzione degli equilibri del mondo, dilaniato dalle guerre, dalle diseguaglianze e dall’indifferenza. La dissoluzione degli equilibri del pianeta, che non tollera più la voracità distruttiva dei comportamenti umani. La dissoluzione dei valori dell’Occidente, che ha perso non solo il ruolo egemone, ma anche il senso stesso del suo essere culla di civiltà.

E spiovendo sul piccolo Trentino, la dissoluzione, o almeno il fortissimo indebolimento, del nostro “essere” comunità, impoveriti da un’economia che ha chiuso un ciclo e stenta ad aprirne un altro e affaticati da un’Autonomia non più alimentata da una cultura collettiva consapevole, attrezzata e fattivamente responsabile.

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Insomma, una spinta generalizzata alla dissoluzione che mina quel senso di insieme, di collettività, di destino condiviso che solo dà senso al presente e fiato al futuro. Di fronte ad un anno che si apre, un incipit così lugubre potrebbe indurre allo sconforto o, peggio ancora, alla rassegnazione. Vero, ma può anche rappresentare uno stimolo per mettere meglio a fuoco un proposito realistico, cioè consapevole delle minacce incombenti, ma di segno positivo, volto a ricercare possibili soluzioni. Uno stimolo a non pensare solo a se stessi, ma anche al “bene” della comunità in cui viviamo e operiamo. Intendendo con questo ciò che possiamo fare in positivo per contrastare un degrado che non può essere ritenuto “altro” da noi e immodificabile.

Ne consegue, è l’auspicio, la volontà di contrastare le ragioni che alimentano la dissoluzione e i tremendi guasti che questa provoca. Una azione di contrasto che ha una sola via efficace: passare dall’io al noi, mettendo a valore ciò che unisce, non ciò che divide; ciò che compone, non ciò che disgrega. E se è vero, come è vero, che è la cultura collettiva a determinare in gran parte i nostri destini, questa – la cultura collettiva appunto – altro non è che la somma delle nostre singole individualità, delle nostre singole personali culture. E su noi stessi possiamo agire subito, anche se avessimo poco seguito, e liberi da condizionamenti, a meno che non siamo noi stessi a porceli.

È evidente che per rimotivare l’io al noi ci vogliono buone ragioni. E pretendere che le ragioni di un tempo, quelle che hanno fatto crescere il Trentino e la sua Autonomia, possano portare tout court alla costruzione di un futuro desiderabile è irrealistico. Quindi, è indispensabile trovare parole nuove, meglio dire valori nuovi, che richiamino il perché sia altamente preferibile costruire la vita e la convivenza sulla volontà di crescere insieme in armonia, piuttosto che sulla disgregazione e sulla contrapposizione.

Parole e valori che vanno ricercati certamente nei fondamenti della nostra tipicità territoriale, ma declinati in chiave di innovazione e di modernità. Cultura di confine, senso civico, operosità, solidarietà, legalità, fiducia reciproca, amore per il territorio, sono una straordinaria eredità che dobbiamo saper riaggiornare e reinvestire. Sono parole-valore sulle quali costruire un rinnovato capitale sociale che solo, è bene ribadirlo, potrà dare al Trentino e alla sua gente una credibile prospettiva di crescita, intesa come virtuosa e condivisa connessione di sentimenti e di intenti.

E questa virtuosa connessione altro non è che la nuova anima dell’Autonomia, alimentata da una cultura collettiva attualizzata e capace di conferire nuovi e condivisi significati ad una convivenza che, comunque, ci appartiene. Oggi, l’Autonomia è percepita come un oggetto freddo, vissuto più come un bancomat ad uso di una platea sempre più individualistica, che come un impulso alla crescita e alla condivisione. Intendiamoci, la risposta alla domanda individuale di aiuti e prestazioni è importante, ma va accompagnata dall’accettazione della sfida della responsabilità e riscaldata da una tensione collettiva verso mete considerate non solo utili, ma anche nobili e coraggiose.

Un passaggio che non nega l’importanza dell’io, della forza propulsiva dell’individuo, purché si combini con la potenza progettuale che solo il noi può generare. E il passaggio al noi, che significa ad un’idea condivisa e motivante di futuro, deve poggiare su una piattaforma emotivo-programmatica che sia in grado di saldare i particolarismi in un respiro unico, fatto di storia antica, che sa di pane e di progresso, e insieme di storia nuova, fatta di appartenenza accogliente, di responsabilità condivisa e di giusto orgoglio.

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