Migranti: Cassazione, ‘su Paesi sicuri attendere giustizia Ue’ – Approfondimenti

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In tema di definizione di Paesi sicuri, la Cassazione, accogliendo la richiesta della Procura generale, ha “sospeso ogni provvedimento” in attesa della decisione della Corte di Giustizia dell’Unione europea. E’ quanto si legge nell’”ordinanza interlocutoria” della prima sezione civile della Cassazione. “Al dialogo tra giurisdizioni la Corte di Cassazione partecipa offrendo, nello spirito di leale cooperazione la propria ipotesi di lavoro, senza tuttavia tradurla né in decisione del ricorso né in principio di diritto suscettibile di orientare le future applicazioni” si legge nell’atto di 35 pagine.

 

“L’ordinanza della Cassazione è interlocutoria perché sostanzialmente decide di attendere la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, cui molti giudici italiani si sono rivolti dopo il decreto legge n. 158/2024 sui Paesi c.d. sicuri, anche perché imminente (udienza pubblica il prossimo 25 febbraio). Ciò nonostante, la Cassazione, in spirito di leale cooperazione, non rinuncia ad offrire alla Corte di giustizia Ue la propria interpretazione, senza tuttavia tradurla in decisione o principi di diritti che potrebbero orientare le future determinazioni dei giudici di Lussemburgo”. Questa l’analisi dal costituzionalista Salvatore Curreri in merito al pronunciamento della Cassazione dopo i ricorsi presentati dal governo contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti in Albania emesse dalla sezione Immigrazione del tribunale di Roma.

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“In tale prospettiva -prosegue Curreri- la Corte evidenzia tre punti. Non condivide la decisione del Tribunale di Roma secondo cui un paese non può considerarsi sicuro anche in presenza di eccezioni di carattere personale. Si tratta infatti di una specificazione ulteriore che non trova riscontro nella sentenza della Corte di giustizia Ue che si era limitata a considerare un Paese non sicuro soltanto in riferimento ad esclusioni territoriali”.

 

Inoltre, “anche se il migrante proviene da un Paese che il Governo ritiene sicuro, il giudice, in sede di convalida del trattenimento, può comunque ritenere che vi siano gravi motivi che inducano a ritenere che in effetti non lo sia per la situazione particolare in cui egli si trova, a causa ad esempio di persecuzioni estese, endemiche e costanti che gravemente pregiudichino il valore fondamentale della dignità della persona e con esso il rispetto dei diritti fondamentali delle minoranze che devono connotare lo Stato di origine come Stato di diritto”. Infine, “il giudice, anche se non può sostituirsi o annullare la valutazione politica del Governo circa la designazione del Paese di provenienza del migrante come sicuro, può comunque valutarne la ragionevolezza e la non manifesta arbitrarietà specie quando tale designazione evidentemente non è più rispondente alla situazione reale, a seguito ad esempio di univoche ed evidenti fonti di informazione affidabili ed aggiornate sul paese di origine del richiedente”.

 

 

Sulla questione dei centri in Albania per i migranti “hanno pesato le prime decisioni di alcuni magistrati che hanno trovato una prima, importante smentita in una recente pronuncia della Cassazione. Noi confidiamo di aver gettato le basi per il superamento di qualsiasi dubbio con il recente intervento normativo sui cosiddetti ‘paesi sicuri’. E su queste basi contiamo di riprendere al più presto i trasferimenti, che in questi giorni non sono necessari perché sta funzionando molto bene l’azione preventiva di contrasto delle partenze dalla Libia e dalla Tunisia”. Lo afferma, in un’intervista a ‘La Stampa’, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sul tema dei migranti e dei centri in Albania.

“Sono inoltre certo che le prossime decisioni della Corte di giustizia europea affermeranno le ragioni del diritto e quello che è ormai chiaro a livello europeo: quei centri sono un tassello importante della strategia di contrasto all’immigrazione irregolare – sottolinea – Una di quelle ‘soluzioni innovative’ tanto invocate dal Consiglio europeo al fine di combattere l’immigrazione illegale gestita dai trafficanti di esseri umani”. Il ministro sottolinea che “nel 2024 abbiamo ridotto gli arrivi irregolari del 60% rispetto all’anno precedente e del 38% rispetto al 2022. Per il secondo anno di fila aumentano i rimpatri degli immigrati espulsi, con un incremento di un ulteriore 16%. Sono risultati frutto di mirate azioni messe in campo dal Viminale, tra le quali una stretta cooperazione con le Forze di polizia dei Paesi di origine e transito che in due anni ha consentito di bloccare le partenze di 192mila migranti irregolari che dalla Libia e dalla Tunisia erano diretti sulle nostre coste. Stiamo inoltre sostenendo questi stessi Paesi nei progetti di rimpatri volontari assistiti di migranti dal loro territorio, rimpatri che nel 2024 sono stati oltre 21mila”.

Quanto alle polemiche sul caso Albania e le toghe, Piantedosi osserva: “Ho sempre nutrito ed espresso fiducia nella giustizia e rispetto per la magistratura, ma è stato evidente a tutti che alcuni magistrati abbiano pubblicamente e anche preventivamente espresso contrarietà a questa come ad altre iniziative del governo per contrastare l’immigrazione irregolare. A ogni modo, abbiamo deciso di ribattere scegliendo la via del ricorso alle giurisdizioni superiori contro le loro decisioni e adeguando la normativa”.

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Quanto al caso Open arms e all’assoluzione di Matteo Salvini, Piantedosi conclude: “Concorsi in prima linea alla gestione di quell’evento e mi rimase impresso l’atteggiamento equivoco e ostile che ebbe quella Ong nell’occasione. Mi apparve prevalentemente orientato a condizionare la politica del governo dell’epoca sul contrasto all’immigrazione irregolare. Il processo che ne seguì, a causa soprattutto all’improvvida decisione del Parlamento, ebbe a oggetto la linea politica di un governo e come tale a mio avviso non avrebbe mai dovuto neanche cominciare. L’assoluzione di Salvini ne è la logica conseguenza. La ragione, ancor più della giustizia è come l’araba fenice: prima o poi riemerge”.

 

 



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