Teatro ragazzi 2024: il nostro “best of” per chiudere l’anno

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Da Teatro del Buratto a Emanuela Dall’Aglio, passando per Nadia Milani, Principio Attivo Teatro, Fontemaggiore, Collettivo Cinetico e molti altri. Chiudiamo così, con uno sguardo alle nuove generazioni, il nostro 2024 teatrale

Al contrario della stagione precedente, nel complesso avara di risultati eccellenti, il 2024 è stato foriero di ottime e confortanti riuscite per il teatro ragazzi italiano. Gli spettacoli che ci hanno colpito maggiormente riguardano soprattutto il teatro di figura, espresso in tutte le sue caratteristiche, ma anche con inusuali forme di linguaggio. Molti spettacoli, infatti, si sono dimostrati davvero fuori dall’ordinario, a cominciare da tre lavori costruiti con grande sapienza compositiva e dal profondo significato: “Ti vedo. La leggenda del Basilisco” di Emanuela Dall’Aglio, “Bella Bellissima” di Nadia Milani e “La favola di Peter”, nuova produzione di Principio Attivo Teatro con SilviOmbre.

In “Ti vedo”, prodotto dal Teatro del Buratto e CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG, Emanuela Dall’Aglio, con il prezioso aiuto di Riccardo Paltenghi e di paesaggi sonori e luci di Mirto Baliani, realizza, partendo da una semplice gonna, un mondo fantastico costituito da villaggi inerpicati sulle montagne, esseri magici ed improvvisi portenti. Complice una strega, racconta a bambini e bambine dell’amicizia tra un mostro che va ad abitare nel pozzo di un villaggio, pietrificando i suoi avventori, e un tenero bambino, Siro, che lì vive con curiosità la vita di ogni giorno. Questa amicizia è giocosa e tenera, anche se ad un certo punto il bambino verrà, gioco forza, pietrificato anch’egli. Per fortuna un fiore, nato dalle lacrime di disperazione dell’amico mostro, sarà l’antidoto che lo riporterà in vita.

Della stessa meravigliosa fattura è anche “Bella Bellissima!” di Nadia Milani, prodotto da Accademia Perduta e scritto da Beatrice Baruffini, una creazione che affronta in modo fantasmagorico, attraverso una fiaba particolare, il tema del pregiudizio estetico.
La protagonista è infatti una piccola strega che seguiamo nella sua crescita, dalla nascita alle prime fasi della vita, per arrivare al fatidico momento dell’innamoramento: sempre dedita alla ricerca spasmodica di una sua più gradevole forma, finirà per snaturarsi e creare una figura di sé assolutamente non corrispondente alla propria identità.
Giulia Canali, Noemi Giannico ed Eleonora Mina, sotto la guida della Milani, rendono al pubblico dell’infanzia tutto questo percorso attraverso un teatro di figura di straordinaria essenza (la scena è di Alessia Dinoi, le luci di Matteo Moglianesi), partendo da una semplice e grande libreria antica, che si trasformerà in una landa desolata, creata con semplici scope, e poi in un bosco, successivamente in un mare con tanto di nave, ambientazioni attraversate dalla presenza di un bestiario divertente e diversificato, sino all’arrivo dell’amato orco, che si formerà all’improvviso invadendo la scena di meraviglia.

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Bella bellissima! (ph: F. Bondi)

Il tema dell’identità sembra aver avuto grande risonanza in questo 2024, e anche il teatro d’ombre, con “La favola di Peter”, tratto da “La meravigliosa storia di Peter Schlemihl” di A. von Chamisso, nuova produzione di Principio Attivo con SilviOmbre, ha avuto splendida risonanza.
Protagonista è Peter, che ha una relazione privilegiata con la sua ombra, di cui ricerca costantemente la presenza; ma le crisi e i momenti di passaggio esistono per tutti, e anche il nostro Peter, ad un certo punto, in preda alla confusione, deciderà di vendere la sua amata ombra al diavolo per avere in cambio ricchezze e agio, perdendo così la sua meravigliosa eredità.
Giuseppe Semeraro firma anche la regia di questa intensa creazione, realizzata con la maestria delle ombre, mosse in scena da Silvio Gioia e create con Anusc Castiglioni, sulle musiche originali di Alessandro Pipino.

Anche la nuova produzione di Fontemaggiore, “Tuttatesta”, è costruita con un teatro di figura del tutto particolare, che si mostra questa volta attraverso una multiformità di immagini video dalla forma umana, popolate da tanti personaggi chiamati Pacco.
Il primo pacco che conosciamo è Primo, ed è un essere fornito di sola testa. E’ buffo, felicissimo di abitare questo spazio da solo. Dopo di lui però il pubblico vedrà apparire altri personaggi Pacco, che popoleranno insieme a Primo il condominio dei “Tuttatesta”, ognuno con un pensiero diverso, ma in fondo appartenenti allo stesso contesto.
A sparigliare tutte le certezze arriverà una “Testa diversa”: una testa capovolta. Verrà accettata dalla comunità?
Con un linguaggio inusuale, divertente e contemporaneo ma mai scontato, lo spettacolo creato da Davide Calvaresi della Compagnia 7-8 chili, riesce a parlare di diversità ed inclusione.

Una rivelazione di questo 2024 è anche il nuovo lavoro del Teatro La Ribalta – Accademia della diversità di Antonio Viganò, “Lo specchio della regina”, con le coreografie di Eleonora Chiocchini, portato in scena da Jason Mattia De Majo, Maria Magdolna Johannes e Rocco Ventura (attore e rumorista d’eccezione), danzattori e danzattrici con disabilità.
La creazione pone al centro una regina con l’assillo della propria immagine. Davanti a lei lo specchio, che ha il compito di riflettere chi ha di fronte dando conferme, ma che ha anche il vizio di dire la verità. Allo specchio non basta essere un replicante: cerca spazi di libertà, che ruba approfittando dei momenti di sonno della regina. In questo modo “Lo specchio della regina”, metaforizzando il bisogno di esibirsi, di mettere in scena la perfezione, capovolge ogni stereotipo omologante.

Come abbiamo visto molti spettacoli trattano questo tema, segno di una necessità urgente percepita dagli autori che si dedicano al mondo del teatro per le nuove generazioni.

Di un’altra urgente problematica si occupa invece “Soqquadro”, del genovese Teatro del Piccione, che invita il suo pubblico a non lasciarsi prendere dall’abitudine, a gustare la vita come viene, assaporandone ogni giorno i colori, i sapori, gli odori. Lo spettacolo ci racconta che il tempo di ognuno di noi è prezioso e deve essere vissuto appieno in ogni istante.
Al centro della creazione troviamo una coppia uguale a tante altre, Alba e Aldo (Danila Barone e Dario Garofalo, mentre di nascosto Paolo Piano coordina tutti i trucchi della messa in scena) che, nella loro cangiante e significativa casa, creata da Valentina Albino e Simona Panella, conducono la routine della loro vita di coppia, popolata da gesti e modi che si ripetono uguali ogni mattina e ogni sera, senza particolare emotività. Ma un temporale notturno lascia traccia di sé la mattina dopo: una grande pozzanghera accanto a casa. E’ una cosa che prima non c’era, una novità dentro la quale il nostro sbadato protagonista finirà dentro. La routine si inceppa e irrompe il fantastico, mettendo a soqquadro quei giorni monotoni.

Soqquadro (ph: Lorenzo Marianeschi)
Soqquadro (ph: Lorenzo Marianeschi)

Un’altra eccellenza molto originale di quest’anno è stata “K(-A-)O”, del coreografo giapponese Kenji Shinoh, creazione prodotta da La città del teatro di Cascina, che esplora, attraverso un corpo in movimento e la sua duttilissima faccia, il mondo digitale degli emoji, i multiformi segni che usiamo per manifestare repentinamente i nostri sentimenti e le nostre emozioni sul cellulare o sul computer.
Lo spettacolo, in modo non didascalico, utilizzando meccanismi scenici per molti versi inusuali ma di semplice comprensione, che rimandano anche a una tradizione teatrale del Paese dell’artista come il kabuki, portano il pubblico dell’infanzia a ragionare sull’importanza e le potenzialità espressive del proprio corpo, e sull’uso accorto e responsabile delle immagini, delle parole e del linguaggio.

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Eccoci poi a due spettacoli e a un progetto dedicati agli adolescenti: “Magnifico” di Davide Marranchelli, “Le lacrime di Achille” del Teatro del Buratto e “<age>” di CollettivO CineticO.
Davide Marranchelli di Mumble Teatro, in “Magnifico”, raccontando l’esperienza artistica di Michelangelo e attraverso momenti in cui si mischiano il riso e profonde riflessioni, riesce a parlare a noi, ma soprattutto a coloro che si affacciano alla vita adulta, di come l’errore sia parte integrante della vita, e di come ci possa aiutare a rialzarci ancora più forti e sapienti.
“Sbagliate pure – ci suggerisce Michelangelo – perché attraverso gli errori si diventa grandi e maturi; andate avanti senza per forza cercare il successo ad ogni costo, fate le cose che sapete fare con passione. E infine, se vi avventurerete nel campo dell’arte, seguite il vostro istinto anche contro chi vi dice che siete pazzi, avendo però la consapevolezza che è una strada difficilissima, in cui sarete sempre soli contro un mondo spesso respingente, che lotterà contro di voi. Ma voi fregatevene: se avete la stoffa di creare sogni reali, alla fine vincerete”.

Eccoci poi al mito, narrato con forza e commovente passione in “Le lacrime di Achille” del Teatro del Buratto, spettacolo diretto e scritto da Renata Coluccini che, in modo coraggioso e poetico, tratta del rapporto tra Achille, l’indomito figlio della dea Teti, un eroe che sa che deve morire e, Patroclo, il suo compagno di sempre, anche lui consapevole della fine di Achille.
Lo spettacolo, trattando del loro rapporto e del loro amore, riesce a parlare agli adolescenti in modo profondo della ferocia della guerra, dell’amore e della morte, e lo fa con un’ode alla vita e all’amicizia.
A condurci nei meandri di questi sentimenti, anche attraverso i semplici ma raffinati costumi di Caterina Berta, le scene e luci di Marco Zennaro e le musiche fortemente evocative di Luca De Marinis, sono Patroclo (Davide Del Grosso), apparentemente il più debole dei due con il suo desiderio e il suo bisogno di essere ascoltato, e Achille (Giacomo Peia), che sotto l’apparente sicurezza nasconde la paura della solitudine e dell’inadeguatezza.

E’ un riallestimento, 12 anni dopo il debutto, quello del significativo progetto “<age>” di CollettivO CineticO, in cui giovani “esemplari” di esseri umani trai 15 e i 19 anni si rivelano sul palcoscenico. Si raccontano, si definiscono, si cercano affrontando quella materia iridescente che è la realtà, con le sue regole e la sua casualità.
Ogni sera i ragazzi e le ragazze entrano in scena senza sapere cosa accadrà: provano a mettersi a fuoco, a costruire un racconto di sé stessi rispondendo a domande predefinite ma estratte attraverso le regole di un gioco aleatorio, meccanico ma ferocemente umano. Chi sono? Il nostro riflesso? Lo spirito dei tempi che stiamo vivendo? Oppure l’immagine del nostro futuro?
Se gli adolescenti di ieri sono oggi insegnanti, architetti, disoccupati, artisti, avvocati, sposati, emigrati, chi sono i teenager di oggi? E cosa è cambiato in questi tumultuosi 10 anni di storia? “<Age>”, anche e ancor più 12 anni dopo, si dimostra un progetto di grande e importante attualità.

Uno sguardo ora ai più piccoli con due spettacoli che trattano il tema della lentezza e della diffidenza.
Il tema della lentezza, così necessario per i bambini e le bambine di oggi, è espresso con proprietà di accenti da Marco Continanza in “Lumache”, testo e regia di Stefano Andreoli prodotto da Teatro Città Murata, che sapientemente alterna la storia di Luca, detto “La lumaca”, e di Sofia, che una lumaca lo è veramente, ma che preferisce vivere la sua esistenza velocemente.
Entrambi scopriranno che la lentezza ha i suoi aspetti positivi e offre la possibilità di ascoltare in modo più profondo tutto ciò che ci circonda.

Non potevamo non citare, ultimo ma non ultimo, “Le rocambolesche avventure dell’orso Nicola, del ragnetto Eugenio e del moscerino che voleva vedere il mondo e che rese tutti felici”, nuovo lavoro della compagnia composta da Annalisa Arione e Dario De Falco, per l’occasione accompagnati da Alberto Branca e meritoriamente prodotto dal Teatro Nazionale di Genova.
Protagonista è una famiglia del tutto particolare, formata da un enorme orso e un colorato ragnetto. Nella loro vita di tutti i giorni, ad un certo punto, irrompe un moscerino entusiasta e curioso, che rivoluzionerà la quotidianità.
Con assoluta semplicità di gesti e parole ne sortisce una splendida storia che insegna a superare la diffidenza verso gli altri, ad accettare le diversità rendendole uniche, affrontando con curiosità e coraggio le avventure che la vita ci mette davanti.

Che sia, da parte nostra, l’augurio per un 2025 migliore…

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