Roma – Si è chiuso un altro anno e se ne è aperto uno nuovo. La redazione di AGRICOLAE ringrazia tutti voi lettori e quanti contribuiscono quotidianamente a riempire le nostre pagine e a far crescere l’agenzia.
Nessun altro settore economico garantisce come l’agroalimentare il ciclo continuo dei consumi. E questo, chi fa economia, lo sa bene.
Prima della fine dello scorso anno, parlavamo di come l’Italia stesse passando, in Europa, da fanalino di coda a faro nella notte. Era tutto giusto e il 2024 lo ha dimostrato in maniera fattuale.
La lettera di missione che Ursula Von der Leyen ha inviato al Commissario all’Agricoltura Christophe Hansen ha ribadito – quasi punto per punto – tutti i temi portati avanti dall’Italia in materia di agricoltura quando il contesto europeo sembrava ‘contro’.
Sovranità alimentare, aree rurali, il ruolo dell’agricoltore nella lotta ai cambiamenti climatici (che fino a poco tempo prima sembrava esserne il primo responsabile), il contrasto alla disinformazione in agricoltura e alla concorrenza sleale, poi ricambio generazionale e focus su reddito e competitività e alimentazione e agricoltura come parte integrante dell’identità, dei valori e delle tradizioni culturali delle comunità locali e delle zone rurali.
Identità delle culture e delle colture dei Paesi. Questa la chiave di volta della politica agroalimentare italiana di questi ultimi anni a fronte del tentativo di proporre un cibo sempre più globalizzato, processato e uniformato. Senza libertà di scelta se non quella propinata dagli scaffali.
La prima della classe in tema di food fa da esempio e da apripista al resto dell’Europa.
Ora la sfida diventa un’altra. Difficile, quasi impossibile: quella di difendere i nostri beni.
C’è chi ridicolizza il significato di sovranità, il valore del tricolore, l’idea di nazione. Ma tutto nasce da lì e chi ride forse non sa (o sa troppo). Il Made in Italy è sotto scacco delle grandi potenze economiche che operano tramite fondi finanziari sui quali non è possibile esercitare la golden power. A questo si aggiungono quegli stati che promettono fiscalità paradisiache. E il nostro Made in Italy agroalimentare vola via.
Food significa economia e sicurezza geopolitica che si traduce nel potere di un Paese o di un gruppo di Paesi.
Il sistema agricolo da sempre è in grado di reggere le crisi in quanto risponde esattamente ai canoni dettati dal sistema economico globale. Anzi: è il modello che il sistema di mercato globale cerca di emulare: una mela è l’esempio di obsolescenza pianificata naturale.
Il settore Food rappresenta l’esempio perfetto del sistema di mercato basato sul ciclo continuo dei consumi che da John Locke e Adam Smith ad oggi, gli economisti hanno contribuito a creare: quello basato sul cosiddetto “consumo ciclico” dove gli attori principali sono tre: il lavoratore, il datore di lavoro e il consumatore.
Il lavoratore vende il lavoro al datore per un’entrata; il datore di lavoro vende i servizi produttivi e i beni prodotti al consumatore per un’entrata; e il consumatore diventa un indiretto datore di lavoro quando spende nuovamente nel sistema per permettere al consumo ciclico di continuare.
Il sistema di mercato globale è basato sul presupposto che ci sarà sempre sufficiente domanda di prodotto nella società per promuovere abbastanza denaro a un ritmo che possa sostenere il processo di consumo. Altrimenti il ciclo si ferma.
Lo abbiamo visto – per ultimo – nel caso Stellantis.
Una sufficiente domanda di prodotto che può garantire solo il sistema agroalimentare. Perché se non mangi, non vivi.
E chi si compra il Made in Italy – e non parliamo dei consumatori – questo lo sa bene.
Grazie a tutti voi del cammino intrapreso insieme e buon anno..
Edoardo Spera
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