Gas, aumenti record: la speculazione approfitta dello stop alla Russia


Dopo 50 anni di forniture ininterrotte, dal primo gennaio il gas russo non arriva più in Europa attraverso i tubi che attraversano l’Ucraina. Il flusso è stato interrotto nella notte di Capodanno, per il mancato rinnovi degli accordi di transito. Nessun allarme dalla Ue per il suo fabbisogno: “Ci preparavamo da tempo”. Il prezzo sui mercati finanziari è tornato sopra i 50 euro al megawattora, ai massimi da più di un anno.

Per le forniture di gas all’Europa finisce un’epoca. Per onestà intellettuale, una cosa va detta subito: è stata l’Ucraina a chiudere i rubinetti del gas all’Europa. Annunciando che non avrebbe rinnovato l’accordo per il passaggio della materia prima “sotto” il suo territorio”. Lo ha fatto con una ragione precisa: mettere fine a una contraddizione che si trascinava dall’inizio della guerra.

Non è stato rinnovato l’accordo per il passaggio del gas

In sostanza, il governo di Kiev ha continuato a incassare i diritti di transito da Mosca, ma allo stesso tempo ha permesso al Cremlino di farsi pagare il gas dall’Unione europea. E continuando a rifornendosi a sua volta per non restare al freddo. Ma nel corso dell’ultimo anno, l’Ucraina ha completato il suo passaggio verso altri fornitori. Ora la Ue è in grado di sostenere l’alleato, avendo modificato i gasdotti e potendo operare con il reverse flow.

In pratica, i tubi che un tempo erano solo in grado di ricevere il gas da est, ora possono “spingerlo” anche in direzione opposta. I paesi Ue possono così rifornire l’Ucraina, che ora può fare a meno del metano di Gazprom (l’operatore numero uno al mondo del settore). E chiudere, a sua volta, il rubinetto dei pagamenti europei al Cremlino. Soldi serviti in questi anni a sostenere le spese di guerra.

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La Russia prima della guerra copriva il 40-45% del fabbisogno di gas in Europa: ora siamo al 5%

Sull’altro fronte, va detto che la Russia non ne ha fatto un dramma. E’ vero che dovrà fare i conti con i mancati introiti. Ma è anche vero che oramai si erano ridotti a poca cosa. Se prima dell’invasione dell’Ucraina Gazprom garantiva oltre il 40-45% del fabbisogno europeo, negli ultimi mesi siamo scesi a non più del 5%. E solo perché la Russia, quattro anni fa, ha inaugurato il Turkstream, un gasdotto che passa sotto il mar Nero – bypassando l’Ucraina – e approda in Bulgaria. Ma ha una portata limitata e non può di certo sostituire la complessa rete costruita in 50 anni che collegano i giacimenti di gas siberiano con l’Europa centro-settentrionale.

Non a caso, un portavoce di Bruxelles ha subito dichiarato che non ci saranno problemi per le forniture della Ue. In questi due anni, il gas russo è stato sostituito ampiamente. Ci hanno pensato – in parte – la Norvegia, che ha anche riaperto alcune piattaforme del mare del Nord. E – in parte – lo hanno garantito Azerbaijan e Qatar. Il primo porta il suo gas in Europa attraverso il gasdotto Tap che ha il suo approdo in Salento, mentre il secondo via nave fino ai rigassificatori lungo le coste della Ue (in Italia il punto di arrivo è al largo di Porto Tolle, in provincia di Rovigo). Senza contare che la domanda di gas è in calo con il progredire delle rinnovabili.

In aumento le forniture di Gnl dagli Stati Uniti

Del resto, per uscire dalla dipendenza dal gas russo la Ue ha dovuto ricorrere in misura sempre maggiore alle forniture via nave di Gnl, il gas naturale liquefatto. In questo modo sono aumentate le forniture dall’Algeria, ma soprattutto dagli Stati Uniti. Al di là dell’Atlantico si vive una sorta di “bonanza”, grazie ai nuovi giacimenti di shale gas che hanno fatto degli Usa un paese esportatore.

Ora l’Europa dipende dall’alleato americano. Un legame a cui Washington non intende rinunciare. Al punto che il presidente eletto Donald Trump ha minacciato Bruxelles di nuovi dazi nel caso non vengano ulteriormente aumentate le importazioni. Anche perché il gas negli Usa costa circa 10-12 euro. Mentre in Europa negli ultimi dieci giorni ha recuperato la quota di 50 euro al megawattora sui mercati delle materie prime.

In Europa non ci sono problemi di fornitura di gas, ma di prezzi: il gas è tornato sopra i 50 euro

Come sostengono gli analisti, in questo momento nell’Unione europea non c’è un problema di forniture ma solo di prezzi. In pratica, imprese e (soprattutto) i cittadini devono fare i conti con la speculazione finanziaria. E con il fatto che una quota del fabbisogno di elettricità in Europa viene garantita dalle centrali alimentate dal gas. Venuto meno il gas russo, i paesi Ue hanno alimentato la domanda di Gnl, mettendosi in concorrenza con le economie asiatiche. Facendo lievitare i prezzi: siamo lontanissimi dai massimi nel momento più acuto della crisi energetica quando le quotazioni hanno superato i 300 euro. Ma paghiamo il gas comunque quasi quattro volte di più rispetto all’inizio dell’invasione dell’Ucraina.

L’Italia è tra i Paesi che pagano più di altri per questo meccanismo, perché non avendo nucleare né eolico off shore dipende per la sua energia elettrica soprattutto dal gas. Non per nulla, il prezzo medio dell’elettricità sulle borse all’ingrosso è in media il più alto nella Ue. Lo constateremo con le prossime bollette, complice un inverno più freddo dei due precedenti.

La soluzione per pagare meno energia? Come ripete da tempo l’ex presidente Bce Mario Draghi, ora consulente della Commissione Ue, accelerare nella transizione verso le rinnovabili. Il governo Meloni insiste nel sostenere che occorre il ritorno al nucleare. Il tempo dirà chi ha ragione.

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