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Roma – teatro Brancaccio dove si è svolta lo scorso 25 settembre 2024 la manifestazione della UAP contro il decreto sul nuovo tariffario del servizio sanitario pubblico accreditato

IN PRIMO PIANO/ Sospeso in 24 ore il decreto del Tar che metteva in stand by il provvedimento  

 

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È successo di tutto in questo tormentato fine d’anno. Prima il Tar del Lazio accoglie (30 dicembre) il ricorso di strutture e laboratori accreditati e blocca in extremis il decreto che fissa le tariffe aggiornate per le nuove cure e prestazioni garantite ai cittadini dal SSN, rimandando tutto ad una udienza del 28 gennaio. Poi l’Avvocatura dello Stato per conto del ministero della Salute deposita (31 dicembre) una istanza di revoca della sospensione (che determinerebbe il blocco del sistema di prenotazione ed erogazione dei servizi “con un impatto sulla salute dei pazienti”) e il Tribunale Amministrativo revoca il suo decreto confermando l’udienza in camera di consiglio per fine gennaio. Nella quale dovrà decidere qualcosa.

 

Di Giulio Terzi

Dunque due clamorose decisioni nel giro di 24 ore che tengono la vicenda un una grottesca fase di stallo. Il Tar del Lazio aveva ravvisato la liceità del ricorso che faceva leva sulla carenza istruttoria, la mancata considerazione dell’andamento dei costi produttivi aggiornati e le criticità giuridiche e metodologiche. Si prospettava un mese complicato in attesa della sentenza, tutte le regioni avrebbero dovuto ripristinare in fretta i sistemi con le vecchie tariffe. Ma la contromossa del Ministero della Salute ha messo una pezza in zona Cesarini. E i giudici amministrativi hanno aderito alla richiesta. Dunque il Nomenclatore Tariffario entra formalmente in vigore e il Sistema Sanitario Nazionale si adegua. Per ora. Ci saranno altri colpi di scena? Il fronte delle migliaia di strutture e laboratori accreditati assieme alle maggiori associazioni private della categoria che si erano riunite in “cartello” sotto la sigla UAP reagiscono in maniera composta esprime “soddisfazione per aver acceso un faro sulla verità riguardo al nuovo tariffario sanitario che ieri era stato sospeso”, provvedimento ” revocato sostanzialmente per motivi organizzativi, informatici e tecnologici. Abbiamo richiesto la sospensiva poiché riteniamo impossibile erogare esami clinici fondamentali con un taglio del 70%. Il nostro obiettivo era evidenziare il grave errore di un tariffario che rende impossibile l’erogazione degli esami sul territorio nazionale”, si legge in una nota. “Il Nord Italia avrebbe potuto sostenere l’impatto delle perdite attraverso compensazioni da parte delle Regioni – sottolinea il comunicato. – ma il Sud, già in piano di rientro, avrebbe rischiato il collasso della sanità pubblica e privata accreditata in termini di qualità, disponibilità e accessibilità ai servizi sanitari essenziali. Ora ci auguriamo che il ministero della Salute apporti le necessarie correzioni e che il 28 gennaio, durante la prossima udienza, si prenda una decisione dettata da scienza e coscienza, a tutela della salute dei cittadini italiani”.

Non resta che attendere. Il decreto del ministero della Salute che fissa le tariffe aggiornate per le nuove cure e prestazioni garantite ai cittadini dal Servizio sanitario nazionale, gratuitamente o con il pagamento di un ticket, ovvero i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) c’è ma potrebbe essere oggetto di una trattativa e di una revisione qualora il Tar confermasse il suo atteggiamento e lo sostanziasse in una sentenza a favore della UAP. Si riapre dunque a sorpresa una questione che sembrava definitivamente chiusa.  Il decreto è stato emanato lo scorso novembre nonostante la tenacissima opposizione del “cartello” che rappresenta migliaia di strutture e laboratori accreditati assieme alle maggiori associazioni private della categoria, e sarebbe dovuto entrare in vigore il 30 dicembre.  La sospensione del Tariffario delle prestazioni di Specialistica ambulatoriale e protesica – rispettivamente ferme al 1996 e al 1999 – prevista da un decreto cautelare del Tar del Lazio è durata praticamente 24 ore.  Gli stessi giudici che avevano accolto le tesi dei ricorrenti hanno accolto anche la successiva richiesta della controparte che dipingeva un mese di caos sanitario
I problemi restano. Se il Tar ha ravvisato la liceità del ricorso che faceva leva sulla carenza istruttoria, la mancata considerazione dell’andamento dei costi produttivi aggiornati e le criticità giuridiche e metodologiche del Decreto impugnato non può clamorosamente smentirsi. I ricorrenti sostengono che le nuove tariffe non tengono conto dell’incremento dei costi e delle difficoltà operative causate dalla pandemia e dalla crisi economica, che l’istruttoria che ha condotto all’approvazione delle tariffe è risultata inoltre incompleta e lacunosa; che non è stata garantita una rappresentazione adeguata dei costi reali e delle esigenze delle strutture sanitarie accreditate. L’uso stesso dello strumento del decreto sarebbe stato inappropriato poiché il nuovo decreto tariffe viene “adottato dopo oltre 20 anni dai precedenti nomenclatori” delineando così “l’insussistenza dell’urgenza”. E’ presumibile che ora i giudici amministrativi vogliano vederci chiaro.

Val la pena di riassumere alcuni punti della questione. La sospensiva non riguardava le tariffe della protesica. Restavano invece al palo l’erogazione omogenea su tutto il territorio delle prestazioni di procreazione medicalmente assistita, le prestazioni per la diagnosi o il monitoraggio della celiachia e malattie rare, di alcune forme di radioterapia. Il decreto aggiorna 1.113 tariffe associate alle prestazioni di specialistica ambulatoriale sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35 per cento del totale. Si tratta del costo di prestazioni medico-sanitarie che vengono erogate da operatori pubblici e dal cosiddetto “privato accreditato”, e che sono sostenute con le risorse del Fondo Sanitario nazionale.  Rispetto alle tariffe vigenti (2012), l’impatto in termini di incremento delle risorse messe a disposizione dal Governo è di 550 milioni di euro. Secondo il governo tutto questo si sarebbe dovuto tradurre in rimborsi più congrui riconosciuti a tutti gli operatori, pubblici e privati, ma le associazioni di settore (in rappresentanza di oltre 350mila addetti sostengono il contrario e hanno fatto fin qui le barricate. Come spiegano i ricorrenti, tra cui Federanisap, Aiop, Uap, rappresentati dagli avvocati di Forum Team – Legal Healthcare, il giudice del Tar Lazio Giulia Lattanzi, aveva sospeso l’efficacia del Decreto dopo aver ravvisato la liceità del ricorso: “Siamo convinti – spiegano gli avvocati Giuseppe Barone e Antonella Blasi – che il Decreto violi i principi costituzionali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione. Le tariffe non tengono conto dell’incremento dei costi e delle difficoltà operative causate dalla pandemia e dalla crisi economica. L’istruttoria che ha condotto all’approvazione delle tariffe è risultata inoltre incompleta e lacunosa. Non è stata garantita una rappresentazione adeguata dei costi reali e delle esigenze delle strutture sanitarie accreditate”. Ma non solo secondo i ricorrenti il decreto sarebbe “illegittimo per violazioni di norme Costituzionali”. “Gli atti della Commissione Permanente, inclusa la proposta tariffaria, sono viziati – affermano gli avvocati Alberto Polini e Alessandro Diotallevi – da nullità derivata. La Commissione ha operato oltre i limiti temporali previsti dalla normativa, senza una valida base legislativa. Le tariffe approvate determinano poi una riduzione media del 22-27% rispetto ai valori precedenti, compromettendo la sostenibilità operativa delle strutture accreditate. Questo impatto è particolarmente grave per le strutture private che potrebbero essere costrette a cessare l’erogazione dei servizi e per i cittadini che dovranno ricorrere a determinate prestazioni a proprie spese, creando evidenti disparità di trattamento”. Il team, su mandato delle associazioni di categoria ed in collaborazione con le stesse, “si riserva entro la data d’udienza già fissata, di elaborare una proposta conforme alla Costituzione nell’interesse primario della tutela al diritto alla salute”.

Secondo l’Unione nazionale ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata accreditata, il nuovo nomenclatore tariffario causerebbe gravi danni agli ospedali pubblici in piano di rientro, essendo stato peraltro disposto e applicato in tempi lampo. Inoltre, tale nuovo listino comprometterebbe gravemente la presa in carico del paziente e la qualità degli esami clinici, ulteriormente aggravando le liste d’attesa. “Il provvedimento prevede tagli ai rimborsi fino al 70%, sia per gli ospedali pubblici sia per i centri privati accreditati (il tariffario è identico per le due categorie), comportando altresì pesanti perdite per le strutture sanitarie italiane, soprattutto nel centro-sud”. Insomma, è necessario fermare tutto e vederci chiaro. C’è di mezzo la salute degli italiani.

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