Se ne è parlato poco ed è un peccato. La Legge di bilancio 2023 prevedeva che dal 1° gennaio 2025 le imprese con sede legale in Italia oppure all’estero ma con stabilimenti, beni e dotazioni produttive stabili in Italia, si dotassero di contratti di assicurazione a copertura dei danni da calamità naturali o eventi catastrofali.
Ciò detto, il ritardo, dopo un anno, del solito famigerato “Decreto attuativo”, ha portato a rimandare la decorrenza 31 marzo 2025. La proroga del termine è forse una controprova di quanto grande sia il tema, che involge la finanza pubblica, la struttura del sistema industriale e produttivo e (non da meno, visto che si riparla di risiko bancario) il ruolo, la capacità e la sostenibilità degli intermediari finanziari, credito e assicurazioni.
Per prendere di petto l’argomento, l’Ivass (l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni), citando l’Ansa su dati dell’Osservatorio Anbi, ci ricorda che da gennaio a settembre 2024 in Italia sono stati censiti 1889 eventi, registrati come estremi. Spacchettare il dato fa ancora più impressione: 212 tornado, 1023 nubifragi, 664 grandinate. Ripetiamoci, ciò su 7 mesi, 270 giorni.
L’Istituto (l’Ivass), che svolge un ruolo a tutto campo sul mercato assicurativo, perciò tutela dei consumatori, stabilità finanziaria degli attori, assistenza tecnica a favore di legislatore e Governo, ci ricorda altresì che l’Italia è il fanalino di coda, ha dietro solo la Grecia in termini percentuali di assicurati sulla platea che dovrebbe (circa il 5%).
L’Ivass stima, per ora informalmente, in circa 10 miliardi l’entità del rischio che dovrà assumere il sistema assicurativo e in circa 4 milioni la base delle imprese che, ricordiamo, sono quelle iscritte al registro delle imprese escluse quelle agricole. Perciò un grandissimo sforzo per il sistema assicurativo e uno sforzo non da poco per i milioni di piccole imprese. Le quali ovviamente lamenteranno un nuovo costo, una nuova spesa a loro carico. Qualcuno dirà “lo Stato, con i debiti al collo, rovescia su di noi il problema epocale del cambio climatico”.
Sarebbe un altro peccato, questo errore, dopo quello di averne parlato poco finora. Il caso va inquadrato, e finalmente, sulla grande questione del rapporto fra rischio climatico e stabilità finanziaria. Le sanzioni per le imprese che non si assicurano saranno in termini di esclusione da benefici pubblici o dai ristori in caso di calamità. Dobbiamo, perciò imparare a rovesciare l’ottica. Perché un’impresa che esibisce una buona polizza a copertura di questi rischi, ovviamene, avrà un nuovo volto verso partner, fornitori e credito. Un evento catastrofico incide sui costi di riparazione e certe volte ancor più sui tempi di ripartenza. È ovvio che lo Stato non ce la potrebbe fare da solo.
Il meccanismo che potrebbe mettere in moto questa legge sull’obbligo della polizza catastrofale potrebbe essere un nuovo interessantissimo capitolo in termini di sussidiarietà, di cui sentiamo parlare meno ultimamente. Una collaborazione pubblico privato, uno sforzo degli interessati di definire termini e modalità dell’aiuto di cui c’è bisogno quando accade, con la spalla pubblica pronta a fare il suo. Non a caso la legge prevede che all’inizio di questa pagina storica per il sistema assicurativo e per mondo produttivo, ci sarà il sostegno della Sace, società assicurativa-finanziaria in mano al Tesoro.
A proposito di garanzie, quelle individuate dalla legge sono precise e definite: dovranno essere per danni causati da alluvioni, inondazioni ed esondazioni, sismi e frane, inclusi gli effetti secondari manifestati entro 72 ore dal primo evento. Si apre pertanto, e deve essere chiaro sin da subito, il tema della trasparenza e della consapevolezza che gli eventi e le calamità sono anche altre per cui non è detto che uno sia assicurato per qualunque evento esistente al mondo.
I corollari sono tanti. Il peso e il vantaggio che rivestiranno le misure di sicurezza o le cautele messe in pratica dalle imprese. Oppure le caratteristiche del nostro mercato con l’obbligo a contrarre su base nazionale con accanto il sistema dei “prezzi a mercato” per cui non è immediatamente agevole costruire tariffe che scontano o apprezzano gli specifici rischi territoriali (per esempio, il rischio sismico presenta differenziali enormi fra le regioni). In Italia pesa di più raggiungere massa critica e calmierare i premi a partire da questo.
Possiamo osare e dirlo francamente? È una grande occasione di cultura e di mercato. Come si confronteranno tutti gli stakeholders di questo nuovo capitolo: Stato, assicurazioni, imprese, categorie professionali interessate.
L’Ivass, con una giusta dose di orgoglio per essere stata co-protagonista di questa vicenda, ricorda che nel mercato della Rc auto (la prima esperienza di poche analoghe, di obbligo assicurativo in Italia) l’essersi messi (tutti) di punta, come si dice, in termini di trasparenza e concorrenza ha prodotto un calo dei prezzi dal 2013 al 2023 del 25% (37% in termini reali).
Se ci impegniamo, anche nella comunicazione, l’obbligo di polizza catastrofale può essere una buona prova sinergia per questo Paese.
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