Pace, povertà, democrazia e istruzione: i temi da affrontare nel 2025 per tutelare l’ambiente

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È ormai dal 2018 che mi occupo specificamente di ambiente. E anno dopo anno, sempre più mi rendo conto che per tutelare l’ambiente e salvare il clima non servono solo riforme specifiche che riguardano l’ambiente stesso – mitigazione della CO2, adattamento agli eventi estremi, tutela della biodiversità etc – ma occorre anche un cambiamento molto più radicale e soprattutto più ampio su altri fronti, che pure indirettamente concorrono alla salvaguardia o all’affossamento dell’ambiente.

Per questo, per questo 2025 che inizia, vorrei citare cinque riforme/azioni che, secondo me, sono indispensabili se davvero vogliamo salvare la terra, al di là, come dicevo, di tutte le azioni apertamente pro clima che dovremmo comunque fare.

Occuparci di pace. Anzitutto, se vogliamo salvare il mondo e l’ambiente, dovremmo occuparci di pace. Senza pace non ci può essere clima stabile, non c’è ambiente che possa essere tutelato. Le guerre non solo immettono quantità mostruose di CO2 nell’ambiente, che tra l’altro non riusciamo neanche a calcolare, non solo distruggono letteralmente paesi che poi vanno ricostruiti. Ma se un paese è in guerra tutte le sue risorse andranno lì e certo non ci sarà modo di pensare al clima. Lo si è visto anche per i paesi europei, che hanno destinato una quantità ingente e quasi impensabile di risorse per la guerra in Ucraina, sottraendole a tutto il resto, dal welfare al clima.

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Occuparci di povertà. Se vogliamo salvare il clima, inoltre, dobbiamo occuparci di società e dei divari sempre più profondi tra poverissimi e ricchissimi, così come dei salari troppo bassi. Questo è un tema fondamentale: ragionare sui meccanismi perversi del capitalismo, vero motore di distruzione del pianeta (secondo alcuni autori, infatti, bisognerebbe parlare non di Antropocene ma di Capitalocene) e generatore di miseria diffusa. In generale, se non ci occupiamo della povertà delle persone, difficilmente queste persone potranno interessarsi o impegnarsi sul clima. Chi non arriva a fine mese ha solo un pensiero: arrivare a fine mese.

Riformare i meccanismo democratici. Terzo tema che ha a che fare con l’ambiente anche se indirettamente: la qualità della nostra democrazia, dei suoi meccanismi, di come è in grado di rappresentare o non rappresentare le persone. Purtroppo, ad esempio, la nostra legge elettorale italiana, unita all’astensione di massa, finisce per assegnare il potere, e quindi la possibilità di legiferare – pure sul clima – anche a coalizioni (e a premier) che di fatto solo una minoranza ha votato.

Pensiamo alla premier Meloni. Alle elezioni del 2022 ha votato poco più di una persona su due, quindi il suo partito ha preso circa il 26 per cento del 60 per cento dei votanti. La coalizione ha preso il 44 per cento, ma calcolando sempre il numero dei votanti è comunque una minoranza. La nostra democrazia, le nostre democrazie, hanno in generale un bisogno urgente, anche per riportare le persone a votare, di meccanismi di deliberazione e partecipazione diretta da parte dei cittadini, che si sentono esclusi da ogni decisione, pure quelle che incidono direttamente su di loro. L’altro tema fondamentale, sempre per l’ambiente, è garantire l’espressione del diritto alla protesta e al dissenso, sempre più represso nel mondo, in Europa e in particolare l’Italia.

Aumentare diplomati e laureati. Un altro punto fondamentale per salvare l’ambiente sarebbe quello di occuparsi di scuola e università. Per salvare il pianeta ci servono persone più scolarizzate, che capiscano la questione complessa del cambiamento climatico, tema non facile e spesso preda di fake news.

Riformare l’informazione. Infine, per salvare il mondo e il clima serve anche un cambiamento profondo dell’informazione sia in generale che rispetto al clima. Sul clima servirebbe un’informazione basata sulla scienza, corretta, approfondita, capace di trovare un registro realistico ma non catastrofico e raccontare con chiarezza le mille vie d’uscita che abbiamo, dalle energie rinnovabili ai possibili stili di vita diversi e dal minor consumo, ma non per questo meno felici. In generale, invece, servirebbe un’informazione meno ideologica, ma al tempo stesso meno schiacciata sulla cronaca degli orrori quotidiani, che portano solo disperazione e impotenza. L’informazione non dovrebbe essere solo uno specchio (e comunque, che almeno rispecchiasse anche le cose positive), ma qualcosa che indica una direzione, e che forma anche le coscienze dal punto di vista culturale e morale (senza dogmatismi e nella massima laicità, ca va sans dire). C’è poco o nulla di tutto questo e, anche se non sembra, pure questo fa male al clima. Come gli altri aspetti che ho citato.

Per salvare il mondo e il clima, insomma, serve anche questo: fermare le guerre, occuparci di povertà, cambiare i meccanismi della democrazia in senso più rappresentativo e partecipativo, aumentare la scolarizzazione, cambiare l’informazione. Credo sia importante che tutti quelli che si occupano di clima siano consapevoli del legame diretto tra questi temi e l’ambiente, senza chiudersi in nicchie specialistiche. Così come è importante che tutti quelli che si occupano di quegli ambiti in apparenza non legati all’ambiente siano consapevoli dell’impatto che invece hanno sul clima.

Purtroppo, in Italia il numero di laureati è tra i più bassi d’Europa e una fetta dei laureati più brillanti se ne va. Tutto ciò danneggia profondamente anche l’azione climatica. Bisogna sostenere i ragazzi che escono dalle scuole con borse di studi e alloggi. E bisognerebbe aiutare anche gli adulti a laurearsi, con facilitazioni di ogni tipo. Più una persona è istruita, più riesce a comprendere le questioni climatiche e i modi per contrastare la distruzione ambientale.

Non solo: più una persona è istruita, più riuscirà forse a sottrarsi alle sirene dei populismo, spesso di destra, ormai purtroppo vincente in molte parti del pianeta. Una destra che non solo è indifferente all’ambiente, ma spesso è palesemente pro leggi che distruggono clima e ambiente (nuove trivellazioni, uscita dagli accordi sul clima etc).



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