Quanto alcol si può bere? Secondo l’Oms nemmeno un bicchiere

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Sotto le feste tutti bevono di più, anche per un’errata convinzione che soltanto l’abuso sia dannoso. Ma non è così.

L’Organizzazione mondiale della sanità precisa nelle sue linee guida per i giornalisti che “il consenso scientifico è che ogni livello di consumo di alcol, a prescindere dalla quantità, aumenta i rischi per la salute”

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Arrivano le feste, tra Natale e Capodanno si mangia e si beve un po’ più del solito. Spesso molto di più. Aperitivi con gli amici, cene con i parenti, brindisi all’anno che finisce e a quello che arriva, bottiglie da regalare e bottiglie che si ricevono in regalo.

Quest’anno però è diverso, perché è appena entrato in vigore il nuovo codice della strada, con limiti severissimi. Le multe scattano al superamento di 0,5 grammi per litro, e vanno da 573 euro fino a 2.000, dal ritiro della patente per 3 mesi fino a quello per 2 anni.

La ragione è che basta pochissimo, anche sotto 0,5 grammi per litro, perché l’alcol produca effetti sui riflessi alla guida e sulla capacità di generare incidenti.

Online, trovate moltissimi articoli che cercano di calcolare quanti bicchieri di vino o di birra un uomo adulto può bere senza sforare i limiti, quanti una donna, la differenza se a stomaco pieno o stomaco vuoto. Sono stime imprecise che dipendono da mille parametri soggettivi, la sintesi è che chi guida non dovrebbe bere. Non dovrebbe bere proprio niente. Zero.

La cosa interessante, però, è che praticamente tutti questi articoli che trovate online violano le linee guida che l’Organizzazione mondiale della Sanità ha preparato per i giornalisti che devono scrivere di alcol. Perché questi articoli non menzionano mai che ogni quantità di alcol è nociva e lasciano intendere che c’è un consumo di alcol innocuo e uno pericoloso soltanto perché eccessivo.

Avrete sentito dire mille volte che un bicchiere di vino fa addirittura bene, che il vino rosso fa sangue, che lo champagne non dà neanche mal di testa, figurarsi se fa danni. Non è vero nulla.

L’Organizzazione mondiale della sanità precisa nelle sue linee guida per i giornalisti che “il consenso scientifico è che ogni livello di consumo di alcol, a prescindere dalla quantità, aumenta i rischi per la salute”.

Alcuni studi del passato sembravano indicare il contrario, cioè che un po’ di alcol facesse addirittura bene, però, osserva l’Oms, “quegli studi avevano parecchi limiti nella metodologia e molti erano finanziati dall’industria dell’alcol”.

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L’alcol invece causa il cancro, ed è particolarmente dannoso per le donne, perché aumenta il rischio di tumori al seno. Qualunque dose di alcol.

Questa consapevolezza era forse presente in tempi remoti, pur in assenza di ricerca scientifica, tanto che diverse religioni vietano il consumo di alcol: come per il divieto di mangiare il maiale o la carne in generale, questi precetti hanno una doppia funzione simbolica e sanitaria. Il 57 per cento degli adulti nel mondo non beve alcol, e la loro salute ne trae sicuramente beneficio.

VIETATO DIRE LA VERITÀ

A inizio 2023 la dottoressa Antonella Viola, diventata famosa durante la pandemia come commentatrice televisiva, aveva suscitato grande indignazione perché aveva ribadito l’ovvio. “Il vino fa male: chi beve ha il cervello più piccolo”, questo il titolo di una sua intervista al Corriere della Sera in occasione del lancio di un suo libro.

Subito si erano indignati vari consorzi vinicoli di mezza Italia. L’infettivologo Matteo Bassetti di Genova, altro volto televisivo della pandemia, aveva risposto sarcastico ad Antonella Viola con un post Facebook che mostrava un bicchierone di rosso e invitava a fare “cin cin”.

Tra i tanti commenti a quel post, vale la pena citare quello dell’ Direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, Emanuele Scafato, che aveva argomentato su Facebook:

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“Il vino è la bevanda prevalente e di riferimento dei consumatori a rischio, rischio che comincia dal primo bicchiere di qualunque bevanda alcolica, di quelli dannosi, degli alcoldipendenti ed è del tutto indistinguibile l’effetto nocivo dell’alcol contenuto nel vino rispetto agli effetti patologici che sono noti: 220 patologie e sette tipi do cancro tra cui quello al seno di cui sicuramente saprai che il rischio si incrementa del 27 per cento per una donna già con un secondo bicchiere”.

Anche la sintesi giornalistica che aveva fatto Antonella Viola – “chi beve ha il cervello più piccolo” – ha una base scientifica, spiega sempre Emanuele Scafato, perché rende bene l’idea:

“a) del danno irreversibile cellulare per effetto detergente dell’alcol sulle membrane neuronali (è un solvente e scioglie i grassi) in particolare dell’ippocampo con perdita del 10-20 per cento della memoria e della capacità di orientamento visu-spaziale

b) dell’interferenza dell’alcol sullo sviluppo della corteccia prefrontale essenziale per la maturazione del cervello verso una capacità cognitiva razionale “sapiens”, controllata, rispetto a quella emotiva ed impulsiva adolescenziale nel periodo di massima vulnerabilità (11-25 anni)

c) della cristallizzazione della capacità cognitiva in una modalità adolescenziale, incontrollata a causa della mancata prevalenza della corteccia prefrontale dell’adulto che l’alcol ha compromesso insieme alla capacità di logica, programmazione, valutazione del rischio”.

Mentre in Francia le pubblicità di bevande alcoliche sono vietate per legge dal 1991, in Italia sono lecite e parecchio diffuse, spesso accompagnate dallo slogan “bevi responsabilmente”.

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Dunque le consapevolezze diffuse nella comunità scientifica faticano ad affermarsi: i vari media non vogliono perdere inserzioni rare e preziose dei marchi alcolici e molti giornalisti importanti sono addirittura protagonisti del settore vinicolo, come produttori e come commentatori.

COME FAR PASSARE I MESSAGGI

Tra i pochi giornalisti che fanno una informazione scientificamente fondata e senza compromessi c’è Roberta Villa, che oggi cura la newsletter Fosforo e miele sulla piattaforma Substack. Di recente ha pubblicato l’articolo Alcol – il diritto di sapere. Questo il sottotitolo: “Fumatori, sedentari, golosi facciamo le nostre scelte, o cediamo alle nostre debolezze, sapendo che cosa fa male o cosa fa bene. Perché a chi beve non è data questa scelta?”.

Roberta Villa, continua a circolare la convinzione che bere un po’ di alcol non sia dannoso ma anzi possa addirittura fare bene, il famoso mezzo bicchiere che fa buon sangue. Cosa ci dice l’evidenza scientifica?

L’idea che una quantità moderata di alcol, soprattutto se l’alcol è contenuto nel vino, nel vino rosso, possa fare bene all’organismo, soprattutto al cuore, è un’idea che si è diffusa un po’ di anni fa, soprattutto in seguito a una teoria chiamata la teoria del “paradosso francese”, secondo la quale i francesi appunto avrebbero avuto minori malattie cardiovascolari rispetto a persone provenienti da contesti anglosassoni, per la quantità di vino rosso che aggiungevano a formaggi e altri alimenti ricchi di colesterolo e di altri fattori di rischio.

Oggi sappiamo che non è così, che la quantità di resveratrolo, che potrebbe in teoria far bene al cuore, è insufficiente comunque a compensare i rischi dell’esposizione all’alcol.

Quali sono le conseguenze più negative dell’alcol, oltre alla cirrosi epatica e agli incidenti stradali?

Siamo abituati a collegare i danni dell’alcol alla cirrosi, che è quella grave lesione del fegato che deriva da un consumo molto elevato di alcol prolungato nel tempo e sul quale si possono formare dei tumori, gli epatocarcinomi, ma in realtà i danni d’alcol sono molto altri, molti altri.

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Sappiamo oggi che il consumo di alcol aumenta il rischio di altre malattie cardiovascolari, aumenta il rischio di diabete, aumenta il rischio di obesità per l’apporto calorico contenuto nell’alcol, ma soprattutto aumenta il rischio di altri tumori oltre a quello del fegato, aumenta il rischio di tumori della bocca, della gola, dell’esofago, ma anche del colon e della mammella, tumori che non immediatamente colleghiamo a un consumo di alcol e a un consumo moderato di alcol.

E’ per questo che gli esperti dicono che nessuna quantità di alcol è da considerare sicura.

Nel tuo articolo contesti lo slogan “bere responsabilmente” che accompagna molti spot di bevande alcoliche. Perché?

Lo slogan “bere responsabilmente” è ipocrita perché le persone non sanno cosa significhi “bere responsabilmente”.

Prima di tutto perché manca l’informazione sui rischi dell’alcol e in secondo luogo perché appunto molte persone collegano il senso di bere responsabilmente a una quantità moderata oppure a evitare comportamenti a rischio come guidare dopo aver bevuto.

Pensi sarebbe meglio vietare la pubblicità all’alcol come in Francia?

Non so se la soluzione migliore sia proibire del tutto le pubblicità all’alcol. Abbiamo visto col fumo che questo approccio non è stato così risolutivo però certamente occorre affiancare alla pubblicità dei privati dei produttori una campagna di comunicazione e informazione corretta che permetta alle persone di fare poi delle scelte consapevoli: di bere, chi vuole bere, ma sapendo esattamente cosa rischia.

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Di campagne per sensibilizzare soprattutto i giovani ne sono state fatte parecchie, di solito per spiegare che a sbronzarsi non ci si diverte davvero. Non si ha notizia di alcun monitoraggio sugli effetti di queste campagne.

Secondo la ricerca economica, la politica più efficace per limitare il consumo di alcol è più semplice e brutale: alzare le tasse sulle bevande alcoliche fa salire il prezzo, riduce i consumi e salva decine di migliaia di vite ogni anno.

Anche l’introduzione di prezzi minimi per unità di prodotto aiuta, così da evitare che si trovino in commercio vini o superalcolici di bassa qualità e poco costosi che finiscono per aggravare le dipendenze di persone spesso fragili e a basso reddito.

In Italia le bevande alcoliche sembrano abbastanza tassate nel confronto internazionale, ma è un’illusione ottica, dipende dal fatto che hanno un’Iva al 22 per cento. Ma non ci sono accise sul vino mentre ci sono sulla birra, ma negli anni sono state addirittura ridotte per sostenere la filiera.

Come si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità, “le politiche sui prezzi degli alcolici rappresentano uno strumento estremamente efficace per ridurre i danni alcol-correlati e richiederebbero di essere diffusamente implementate in tutti i Paesi”.

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Pensateci quando farete un brindisi a Capodanno: quella bottiglia che avete appena stappato costa troppo poco. E se tra i buoni propositi per il 2025 mettete quello di bere meno, o di non bere proprio, è una delle cose migliori che potete fare per la vostra salute.

(Estratto dalla newsletter Appunti di Stefano Feltri)



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