Renzo Furlan, il coach di Jasmine Paolini: «Così ho allenato il suo servizio per arrivare a 180 chilometri all’ora. Sinner? Andiamo a vederlo il più possibile»

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di
Matteo Sorio

Il trevigiano premiato per il lavoro con la tennista toscana numero quattro al mondo: «A cena inviterei Bearzot, Guardiola e Mou. Il match perfetto esiste»

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Impegnato come capitano dell’Italia alla United Cup, il trevigiano Renzo Furlan, classe ’70, ex numero 19 al mondo negli anni 90 quando i campioni da battere erano Agassi, Sampras e Becker, tra gli altri, ha appena salutato il 2024 con il premio di coach dell’anno Wta «per il suo ruolo determinante nel rendere Jasmine Paolini una delle stelle del tennis». Insomma, da Cimetta di Codognè alla conquista del mondo.

Furlan, se potesse cenare con tre allenatori di sport chi sceglierebbe e perché?
«Poiché conosco molto bene il calcio, inviterei Guardiola e Mourinho. E se fosse ancora vivo Bearzot. A Bearzot chiederei com’è riuscito a gestire i campioni di Spagna ’82, uomini straordinari e lontani dalle prime donne di oggi. Da Guardiola vorrei sapere com’è arrivato al suo calcio così tattico. A Mourinho domanderei quanto è psicologico per lui lo sport: il suo gioco non mi piaceva molto ma riusciva a tirare fuori una grande forza mentale dal gruppo».




















































È anche grazie a lei se Jasmine Paolini è numero 4 al mondo: l’aspetto tecnico su cui è stato più complesso e intrigante lavorare?
«Jasmine è molto esplosiva ma giocava un solo tipo di tiro, quello molto teso. È stata una bella sfida farle capire come gestire di più le rotazioni, imparando a decifrare meglio le palle in arrivo. Così dallo stare molto vicina alla riga tirando forte è passata al saper difendere e contrattaccare. E il servizio è il colpo che ci ha dato più soddisfazione».

Perché?
«Perché pur essendo alta 1,60 adesso Jasmine riesce a servire anche a 180 km orari. La chiave è stata la spinta con i piedi e con l’anca per ribaltare la spalla. Quest’ultima fa un lavoro diverso rispetto a trent’anni fa: un tempo servivi in rotazione, oggi la spalla passa da sotto a sopra».

Che cosa si ricava di istruttivo guardando giocare Jannik Sinner?
«Detto che quando possiamo io e Jasmine andiamo spesso a vederlo, lui è straordinario negli appoggi, nei caricamenti e nella potenza che genera. Ma è un esempio anche per come spinge in avanti e come si muove dietro la palla. Poi ha un’intelligenza sopraffina e una motivazione straordinaria: si allena per dare il massimo nella performance, senza altri pensieri. Non è scontato».

Il 2024 appena chiuso è stato l’anno dell’addio di Rafa Nadal: che cos’ha dato lo spagnolo al tennis?
«A livello mentale è stato probabilmente il più forte insieme a Djokovic. Ha portato signorilità, grande correttezza, tantissima spettacolarità e una potenza incredibile. Forse Federer è stato il più elegante ma anche Nadal non scherza. Dei due guardavo molto più Rafa, mi faceva impazzire la sua capacità di uscire dalle situazioni difficili, come gestiva i punti e la tensione nelle fasi cruciali».

Il ct del volley Julio Velasco ricorda spesso che l’ideale assoluto è la performance su cui non c’è nulla da dire: con Paolini è mai capitato?
«Allo scorso Wimbledon, nei quarti di finale contro Navarro. Un match senza errori, di quelli da far rivedere ai ragazzi. Io e Jasmine analizziamo sempre le partite, dalla risposta sul servizio alle scelte tattiche, ma quella sera passammo subito all’avversaria successiva».

In che direzione va il tennis maschile e femminile?
«Verso potenza e velocità. A livello fisico non si lavora tanto sul miglioramento della forza in assoluto ma sulla specificità, sulla capacità di reggere prestazioni lunghe. L’atletica è sempre più al servizio del tennis per la stabilizzazione del tronco e gli spostamenti rapidi. Il tutto va a braccetto con la tecnica, perché è quella e non il fisico a permetterti di tirare forte: riesci a essere potente e preciso quando giochi decontratto».

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Esiste secondo lei il rischio che potenza e velocità facciano saltare gli schemi?
«No, i tennisti che giocano bene sono sempre ordinati tatticamente».

Un voto al tennis italiano nel 2024?
«Da zero a dieci? Direi undici. I maschi hanno almeno sei protagonisti e tutti giovani. Tra le femmine invece bisogna iniziare a pensare a un ricambio».

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