Comprendere, conoscere un pezzo della storia di una città o di una regione attraverso le epopee delle collezioni d’arte e dei loro mecenati, in un raffronto tra secoli assai diversi. Di recente Vincenzo Abbate, già Direttore della Galleria regionale di Palazzo Abatellis di Palermo, ha dato alle stampe un poderoso volume. I Branciforti in Sicilia nel Seicento. Collezionismo e ideologia (De Luca Editori d’Arte), sulle sorti della collezione Branciforti (o Branciforte) autorevole dinastia siciliana che nel corso del Seicento raggiunse la massima fortuna.
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A Palermo il patrimonio d?arte di «Elenka»
Arte, una questione (anche) di potere
Nel volume emerge come le questioni d’arte, le committenze e ciò che ruota attorno ad esse, rientrano appieno nelle dinamiche di potere che hanno caratterizzato molte famiglie nobiliari in età moderna. Ma le scelte assunte nel Seicento ci hanno permesso di godere di capolavori, che, altrimenti sarebbero andati perduti (come nel caso della «Morte della Vergine» di Caravaggio, commissionata da Laerzio Cherubini e poi rifiutata dai Carmelitani Scalzi, che fu salvata grazie al Duca di Mantova, Vincenzo I Gonzaga, che l’acquistò su segnalazione di Rubens). Nella Sicilia d’oggi, al contrario, è raro essere testimoni di una «corsa» alle collezioni, o, quantomeno, se ne hanno poche testimonianze pubbliche. In queste settimane a Palermo si ha la possibilità di conoscere una Sicilia dal volto multiforme, in dialogo col contesto internazionale, nella esposizione «Pinakothek’a. Da Cagnaccio a Guttuso, da Christo e Jeanne-Claude ad Arienti», che, sino al 30 marzo negli spazi di Palazzo Sant’Elia, espone per la prima volta parte della ricca e documentata collezione Elenk’Art della famiglia palermitana Galvagno.
«Elenka», quando l’arte si mescola al lavoro
La curiosità al bello che ha caratterizzato l’attività collezionistica di Antonino Galvagno, capostipite dell’azienda «Elenka», è stata raccolta con intelligenza e con uno sguardo rivolto alla condivisione dal figlio Francesco, assieme alla moglie Silvia Mercurio, attraverso l’istituzione di una sezione dedicata solo al patrimonio artistico «Elenk’art». Collezione che è patrimonio comune dell’azienda, in quanto gran parte delle opere oggetto dell’esposizione solitamente convivono col lavoro quotidiano in Elenka, in un piacevole dialogo tra professione e vocazione. I curatori,Sergio Troisi e Alessandro Pinto, hanno attinto a un corpus di più di cinquecento pezzi. Un’indagine che, dopo mesi di studio e confronti, ricostruisce attraverso nuclei narrativi la produzione di tutto il Novecento e include esponenti italiani e stranieri anche del panorama contemporaneo: dagli anni Venti del Novecento e fino allo scenario attuale, seguendo un percorso temporale che si sofferma su contesti storici, sezioni tematiche e monografiche.
Il clochard milanese, modello per Messina
Nel piano terra, presso la Sala della «Cavallerizza» si rimane immediatamente colpiti dalla scultura di Francesco Messina«Giobbe». La disperata rassegnazione del giusto la cui fede è messa alla prova da parte di Satana, tradotta con la preghiera muta del corpo – dal reticolo delle vene degli arti al volto chino, dall’espressione prostrata ai rilievi muscolari – e con l’afflizione avvertita nel profondo della carne, si carica di significati religiosi e di richiami umani proprio per la fragilità dolorosa connaturale all’uomo qui raffigurato. «Questa scultura venne eseguita a Milano nel 1934, anno in cui Francesco Messina ottenne la cattedra di scultura all’Accademia di Brera, appartenuta ad Adolfo Wildt. Fece da modello un clochard milanese chiamato Morandi, che posò immobile nello studio dello scultore in via Filelfo» sostiene lo storico dell’arte Luigi Marsiglia. La visita prosegue rendendo omaggio a grandi interpreti del primo Novecento italiano: Cagnaccio di San Pietro, Carlo Carrà, de Chirico, Fausto Pirandello, Mario Mafai.
Il riferimento imprescindibile di Guttuso
Giunti al piano nobile, il primo, ha inizio un lungo percorso che offre al visitatore spunti per ammirare tappe centrali del ventesimo secolo. A partire dalla già citata sala dedicata a Renato Guttuso. Per oltre mezzo secolo, dagli anni Trenta agli Settanta del Novecento, l’opera di Renato Guttuso ha rappresentato un riferimento imprescindibile del dibattito artistico e culturale in Italia, anche da posizioni contrapposte. Lo stesso rimando al realismo, o meglio a una pittura costantemente in dialogo col reale, viene declinata nella sua produzione in termini anche diversi, già dal tempo della partecipazione a «Corrente», il sodalizio generazionale in cui alla fine degli anni Trenta prende corpo il disagio e l’insofferenza nei confronti del fascismo, culminante con due opere di grande formato e impegno quali la «Fuga dall’Etna» e la «Crocifissione», di cui la collezione Elenk’Art conserva due studi. Accanto alla sala «Guttuso», viene proiettato un originale e divertente «Cinegiornale Elenka», diretto dal regista Salvo Cuccia e prodotto da Noemi Santagati per Elenk’Art. È girato in super8 e, in maniera ironica, attraverso il linguaggio del cinema d’avanguardia ripercorre le tappe che hanno portato alla mostra «Pinakothek’a». Una tecnica narrativa che rivisita i cinegiornali e riporta il visitatore al 1959, anno della fondazione dell’azienda.
Dall’arte cinetica alle neoavanguardie
Il «viaggio» prosegue con le opere del «Gruppo Forma 1» con il fondamentale contributo dei siciliani Carla Accardi, Pietro Consagra e Antonio Sanfilippo, seguendone gli sviluppi con i dipinti di Achille Perilli, Piero Dorazio e Giulio Turcato. Nelle sale successive è di scena il Gruppo degli Otto, con opere di Afro, Cassinari, Moreni, Vedova; l’informale e la presenza di importanti pittori stranieri, quali Hans Hartung e Georges Mathieu. Con gli anni Sessanta si giunge all’arte cinetica o optical art (Victor Vasarely, Grazia Varisco e Paolo Scirpa); le tele estroflesse di Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Turi Simeti; la Pittura analitica (Elio Marchegiani e Pino Pinelli) e il clima delle poetiche dell’oggetto testimoniato (tra gli altri) da Pino Pascali, Mario Schifano, Alighieri Boetti, Emilio Isgrò (di cui ricorrono i sessant’anni dalla prima «cancellatura») e gli esponenti del Nouveau Réalisme, Christo, Arman e César, Oppenheim, Nagasawa e Nitsch. Quindi le neoavanguardie e la figurazione del secondo Novecento: i pittori moderni della realtà (Antonio e Xavier Bueno, Gregorio Sciltian); Bruno Caruso, presente con un ampio nucleo di opere, e l’indagine sottile della luce condotta da Piero Guccione. Un’esposizione così complessa ed eterogenea è stata resa possibile, oltre che al dato oggettivo di una collezione vasta (oltre 500 opere) e di pregio, dal background dei curatori, Pinto e Troisi, quest’ultimo autore di una monografia Arte in Sicilia. Dalle origini al Novecento (Kalós), che ha colmato un vuoto editoriale lungo mezzo secolo.
Un’appendice «immersiva»
Potrebbe sembrar conclusa l’esposizione, in realtà prosegue con la «Sala Immersiva» dedicata all’opera «Unicorn» di Francesco Simeti e che, con l’ausilio della tecnologia digitale, riproduce per i visitatori il wallpaper pattern realizzato: un paesaggio naturale con elementi di ispirazione botanica e interventi dipinti a mano da Simeti, qui completati con echi di cinguettii di uccelli mentre, al centro della sala, un’altalena aspetta i visitatori per dondolarsi in questo giardino esotico. Giunti al secondo piano del Palazzo dei Marchesi di Santa Croce poi Trigona (oggi Fondazione Sant’Elia), è posta la sezione interamente dedicata alla contemporaneità e a situazioni già parzialmente storicizzate come la «Transavanguardia» (Mimmo Germanà e Sandro Chia) e la romana «Officina San Lorenzo». Ampio spazio è dedicato alla scena siciliana, con la cosiddetta «Scuola di Palermo» (Alessandro Bazan, Francesco De Grandi, Andrea Di Marco, Fulvio Di Piazza), Daniele Franzella, di cui si segnala l’opera composita «Qualcuno non sia solo» (2013), attenta disamina in forma di gruppo scultoreo di un complicato congegno in cui le finzioni, anche le più grottesche, rivelano una sorprendente capacità di accreditarsi come vere presso la nostra coscienza. Segue, in un itinerario che coniuga la tradizione più recente le più recenti sensibilità artistiche, una quadreria in cui poter ammirare una selezione di dipinti di vari formati, tra i quali un autoritratto di Giorgio de Chirico e molte opere di autori, tra i quali Giuseppe Colombo, Giovani Iudice, Loredana Longo. Un’occasione da non perdere per scoprire la Sicilia in dialogo col contemporaneo in cammino e i suoi volti, oltre i confini e i clichés.
«PINAKOTHEK’A. Da Cagnaccio a Guttuso da Christo e Jeanne-Claude ad Arienti», a cura di Sergio Troisi e Alessandro Pinto.
Palermo, Palazzo Sant’Elia. Via Maqueda 81
24 novembre 2024-30 marzo 2025, dal martedì alla domenica, dalle 9.00 alle 20.00
INFO tel. 091 271 2068 www.fondazionesantelia.it
2 gennaio 2025 (modifica il 2 gennaio 2025 | 10:18)
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