Preoccupazione. È questo il sentimento prevalente tra gli italiani interpellati attraverso due sondaggi condotti dall’Ufficio studi Coop lo scorso dicembre. Il primo sondaggio è stato effettuato su un campione rappresentativo della popolazione italiana in collaborazione con Nomisma, il secondo sulla community di esperti del portale italiani.coop. Chiamati a definire con una parola l’anno che si è appena aperto, il 40% del campione sceglie appunto il termine “preoccupazione”. Ma c’è anche chi opta per “curiosità” (28%) e si spinge sino alla “fiducia” (23%) e persino all’ottimismo (22%). Nella top five delle indicazioni appaiono anche le voci “insicurezza” (25%) e “inquietudine” (21%).
Il moltiplicarsi di guerre e conflitti, l’incognita Trump alla guida degli Usa, il rallentamento della crescita europea generano inevitabili impatti sul Paese Italia e nella mente dei nostri connazionali che si affacciano sul 2025: motivi sufficientemente validi per avere qualche timore di ciò che accadrà nello scenario internazionale e, di conseguenza, nel nostro Paese. Che, ancora una volta, appare diviso tra coloro che esprimono aspettative in qualche modo positive per il nuovo anno (il 52% degli intervistati) e quanti guardano con tinte fosche ai prossimi dodici mesi. Tra questi ultimi in prevalenza le donne, i baby boomers e naturalmente la lower class. Percentuali in sostanziale equilibro, dunque, ma il clima sociale è certamente più grigio rispetto alle dichiarazioni di appena un anno fa: allora “serenità” e “accettazione” erano le parole che si associavano per la maggioranza al 2024.
La frenata dell’Unione europea e dell’Italia è un dato di fatto con cui anche i manager intervistati fanno i conti, ipotizzando per il 2025 un ulteriore rallentamento dell’economia nazionale e indicando una crescita del Pil di poco sopra lo zero (+0,5%, a fronte di una previsione Istat di +0,8%). Gli italiani che ipotizzano una crescita dei consumi superano del 6% quelli che prevedono di diminuirli; tuttavia, al primo posto delle intenzioni di spesa in crescita gli italiani indicano bollette e utenze, ovvero le spese obbligate. Quanti pensano di spendere di più per le utenze superano del 26% coloro che sperano di pagare meno. Il saldo è allo stesso modo positivo per le spese per la salute fisica (24%) e il consumo domestico di cibo (21%). Tutti gli altri settori rimangono in negativo, rinviati ancora per un altro anno i grandi acquisti (casa e auto), in decrescita anche lo smartphone mito dell’ultimo decennio surclassato nelle intenzioni di spesa da altri piccoli elettrodomestici per la casa. Complessivamente, a detta dei manager intervistati, la previsione di crescita di spesa delle famiglie italiane nel 2025 si ferma a un +0,7% (a fronte di una previsione Istat di +1,2%).
La famiglia è al centro dei desideri di una netta maggioranza degli italiani: stare di più con la famiglia, infatti, è il progetto indicato dal 75% degli intervistati (+25% rispetto all’anno precedente), mentre la tranquillità e l’armonia sono gli obiettivi da raggiungere, senza però dimenticare il successo e la realizzazione di sé. Propositi più o meno trasversali a tutte le età, anche a costo di rinunciare a valori come generosità e altruismo che pur ci avevano guidato nell’anno appena trascorso (scesi di un buon 8% da un anno all’altro). Sposarsi e mettere al mondo un figlio sono nei programmi del 6% degli intervistati (4% tra i 18-29enni).
Benessere e voglia di casa regnano sovrani anche quando si delineano le tendenze sul cibo, sempre più home dining e long cooking con il consumo fuori casa rimasto appannaggio dei più abbienti (se la upper class sale di 13 punti, la lower indietreggia di 35 e anche la classe media mostra segnali di fatica attestandosi su -14). Il 71% degli intervistati privilegerà piatti dalle preparazioni lunghe a discapito dell’acquisto di piatti pronti, mentre il cibo preferito sarà salutare, semplice e autentico, tradizionale. E anche sulla tavola domestica pesano più che mai le differenze sociali ed economiche che si acuiscono in tutto il Paese. Le famiglie con redditi più contenuti si vedono costrette a immaginare qualche sacrificio sulla spesa di verdura, frutta e pesce. E nelle strategie di risparmio indicate dalle famiglie italiane, persiste il ricorso alla Marca del distributore – Mdd (il 29% ne aumenterà gli acquisti) e la frequentazione dei discount (lo farà di più il 24%).
Di fronte ai molteplici rischi che sembrano delinearsi (l’aumento dei costi delle materie prime, i cambiamenti nelle propensioni di consumo ma anche l’adozione di politiche protezioniste), tuttavia, i manager intervistati individuano anche opportunità legate all’efficienza operativa, all’innovazione tecnologica con il ricorso all’intelligenza artificiale e una rinnovata attenzione al capitale umano (lo dichiara quasi un manager su due) pensando a investimenti in formazione, miglioramento delle condizioni contrattuali e potenziamento delle politiche di welfare.
Preoccupano soprattutto le guerre e i conflitti (81%), le tensioni geopolitiche (76%) e i cambiamenti climatici (71%). Ad alimentare la positività, viceversa, continuano ad essere soprattutto gli affetti familiari (69%), la salute fisica (59%) e il benessere psichico (56%).
Rinviati per almeno un altro anno, per la grande maggioranza degli italiani, gli acquisti di beni durevoli (casa, auto, elettrodomestici e tecnologia). In sostanza, gli intervistati ripiegano su sé stessi e sul loro privato. Propositi più o meno trasversali a tutte le età, anche a costo di rinunciare nel 2025 a valori come generosità e altruismo che pur ci avevano guidato nell’anno appena trascorso (-8%). In vetta alle tendenze in crescita nel nuovo anno, troviamo l’andare di più a piedi, fare sport e attività fisica, realizzare escursioni in mezzo alla natura, leggere più spesso libri e riviste. Questa ricorrente attenzione alla propria dimensione personale sembra associarsi a un atteggiamento rinunciatario verso una più solida prospettiva futura. Per impossibilità, e in qualche caso anche per scelta, gli italiani sembrano prigionieri del loro presente.
Nella crescita delle intenzioni di consumo alimentare prevalgono le diete più salubri con un maggior contenuto di verdure (31%), frutta (28%) e pesce (23%), mentre appaiono in calo salumi (33%), dolci (29%), carni rosse (29%) e bevande alcoliche (24%). Avanguardia di queste tendenze sono i giovani tra i 18 e i 25 anni, che dichiarano di voler acquistare nel 2025 cibo di origine vegetale nell’85% dei casi, contro il 70% della fascia 26-70 anni. Interessati anche al senza glutine più degli altri (29% vs 46%), si lasciano tentare più spesso anche dal ready to eat (76% vs 65%).
Le imprese della filiera alimentare italiana, secondo i manager Food & beverage, sanno che dovranno affrontare un anno molto complesso, con una crescita delle vendite a valore nel largo consumo confezionato pari al +1,3% rispetto al 2024. Sulle imprese potrebbe pesare il rischio di un aumento dei costi, oltre a dover sicuramente fare fronte al cambiamento dei modelli di consumo delle famiglie e forse anche attrezzarsi per superare la possibile adozione a livello internazionale di misure protezionistiche.
La grande distribuzione organizzata dovrà ancora fare i conti con un’ulteriore crescita delle tensioni competitive. In particolare, i manager di settore prevedono un maggiore ricorso ai discount (secondo l’84% degli opinion leader), all’e-commerce (in miglioramento per il 57%) e ai superstore (33%). Lo strumento per rispondere al meglio alle necessità di un consumatore sempre molto attento al portafoglio ma anche alla qualità, sarà poi secondo tutti il prodotto a marchio: prevista in crescita nei prossimi mesi per l’85% dei manager, che interrogati su una previsione hanno ipotizzato che la quota di mercato di questi prodotti potrà aumentare di qui ai prossimi 5/10 anni di 6 ulteriori punti percentuali (dal 23% al 29%).
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