L’anno scorso gli stabilimenti italiani hanno assemblato 475 mila veicoli, secondo la Fim-Cisl. Oltre 20 mila lavoratori coinvolti da cassa integrazione e chiusure anticipate delle fabbriche per feste. Il 2025 sarà un altro anno nero
L’industria italiana dell’auto torna indietro di 68 anni. Nel 2024 Stellantis ha prodotto nel Paese 283.090 autovetture, il 45% in meno rispetto all’anno precedente, ha calcolato la Fim Cisl. Per trovare un dato così basso bisogna spostare il calendario al 1956. L’assemblaggio di furgoni e veicoli commerciali ha subito una flessione minore, del 16,6%, ma comunque ha visto contrarsi i volumi di 38 mila unità. Nel complesso, così, i sei impianti italiani del gruppo nato dalla fusione fra Fiat-Chrysler e Peugeot hanno sfornato l’anno scorso meno di 500 mila veicoli, precisamente 475.090 unità.
I motivi del tracollo
Il dato si spiega certo con le difficoltà del mercato italiano ed europeo. Nel 2024, tuttavia, le immatricolazioni nel Paese hanno subito una flessione dello 0,5%, mentre l’attività delle fabbriche di Stellantis si è quasi dimezzata, coinvolgendo circa 20 mila dipendenti in cassa integrazione e chiusura anticipate degli impianti per le feste. Il crollo della produzione è quindi dovuto anche ad altri fattori, fra cui la mancanza di modelli a basso costo, i soli in grado di garantire volumi, e il rallentamento della transizione elettrica, che ha ridotto di due terzi la produzione della 500 elettrica, bloccando sostanzialmente i lavori nel polo torinese di Mirafiori (-70%). La linea di Maserati ha infatti sfornato soltanto 2250 unità contro le 41 mila del picco del 2017.
La strategia di Tavares
Il tracollo della produzione si spiega però anche con le scelte dell’ormai ex amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, che ha mantenuto i volumi degli stabilimenti al minimo, approfittando di ogni aumento della domanda per alzare i prezzi. La strategia ha funzionato per anni, portando il gruppo a registrare margini di profitto e a staccare dividendi record per i soci. Alla lunga, però, la mancanza di una gamma competitiva e l’eccessivo aumento dei prezzi, specialmente negli Stati Uniti, hanno presentato il conto, spingendo gli azionisti della casa ad accompagnare all’uscita Tavares in anticipo rispetto alla scadenza del mandato da ceo nel 2026.
Il piano per l’Italia
La guida spetta ora ad interim al presidente, John Elkann, che sta provando a ricucire i rapporti con i governi e i sindacati, sfilacciati dallo stile e dalle scelte di Tavares. Stellantis ha annunciato un piano di investimenti da 2 miliardi in Italia per il 2025 con l’obiettivo di portare la produzione in Italia a un milione di veicoli, purché il mercato la giustifichi. Nel frattempo, però, il responsabile per l’Europa, Jean-Philippe Imparato, ha anticipato che questo sarà un altro anno nero per gli stabilimenti, dopodiché il 2026 dovrebbe vedere un miglioramento grazie all’arrivo di nuovi modelli.
I nuovi modelli
Stellantis, ricorda Fim-Cisl, porterà a Pomigliano la nuova piattaforma small per i veicoli a basso costo con due nuovi modelli compatti. A Mirafiori sarà assegnata la nuova 500e a Mirafiori in aggiunta alla 500 ibrida, mentre a Melfi saranno ibridizzate le auto previste nelle versioni elettriche tra il 2025 e 2026, portando l’offerta dell’impianto lucano a sette modelli. Ad Atessa sbarcherà la nuova gamma large sui veicoli commerciali, mentre a Cassino saranno sviluppate anche le versioni ibride delle full electric previste su Stelvio e Giulia e in aggiunta un nuovo modello top di gamma sempre su piattaforma large. A Modena verrà lanciata la collaborazione con Motor Valley per il lancio del progetto alto di gamma. Resta da capire quale sarà il piano di rilancio di Maserati e quando Stellantis deciderà di avviare la costruzione della fabbrica di batterie a Termoli.
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