40 milioni spesi per un impianto mai realizzato – Telemia

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La storia del termovalorizzatore fantasma: convenzioni nulle, collegi arbitrali senza titolo e una gestione pubblica disastrosa che ha portato la Regione a pagare milioni per un’opera mai costruita.

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Continua….


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In Calabria, la gestione dei rifiuti si è trasformata in un caso emblematico di cattiva amministrazione. All’inizio degli anni 2000, un termovalorizzatore e diversi impianti di trattamento dei rifiuti furono appaltati senza mai essere realizzati. Nonostante le premesse giuridiche a favore della Regione – tra cui la nullità della convenzione, l’incompetenza del collegio arbitrale e l’invalidità degli atti firmati – nel 2019 la Regione Calabria ha versato quasi 40 milioni di euro alla società appaltatrice per presunti danni.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Il contenzioso
Calabria Ambiente, subentrata in un consorzio di aziende, aveva chiesto un risarcimento per l’impossibilità di costruire gli impianti, attribuendo la colpa ai continui cambi di sito decisi dall’ufficio del commissario straordinario. Tuttavia, la Procura della Corte dei Conti ha sottolineato come la convenzione e gli atti correlati fossero nulli, firmati da un responsabile privo di poteri di rappresentanza, e il collegio arbitrale non avesse titolo giuridico per decidere la controversia.

Un accordo inspiegabile
Nonostante queste irregolarità, nel 2019 la Regione ha stipulato un accordo transattivo con il consorzio, versando 21 milioni di euro come acconto e impegnandosi a pagare altri 4,5 milioni di euro annui fino al 2024. Questo scenario, definito dalla Procura “un quadro desolante di indifferenza verso l’interesse pubblico”, ha portato a un epilogo paradossale: la Regione ha subito un risarcimento di 30 milioni di euro a fronte di una richiesta iniziale di 19 milioni, basata su presupposti erronei.

Le responsabilità
Le inadempienze si sono susseguite anche negli anni successivi. Nel 2008 un ricorso aveva ottenuto la sospensione del lodo arbitrale, ma con la fine del commissariamento nel 2013, il Dipartimento Politiche Ambientali avrebbe dovuto riprendere il giudizio, cosa che non è avvenuta. Secondo la ricostruzione, l’avvocato dello Stato non ha informato la Regione, e il dirigente regionale incaricato, Antonio Augruso, ha ignorato le comunicazioni del Dipartimento Protezione Civile.

Danno erariale
Il risultato è stato il passaggio in giudicato del lodo arbitrale e la notifica di un atto di pignoramento di quasi 60 milioni di euro. Ora, sia l’avvocato dello Stato che il dirigente regionale sono stati citati a giudizio per un danno erariale di 35 milioni di euro, con accuse di condotta gravemente colposa.

Conclusioni
La vicenda rappresenta un caso emblematico di cattiva gestione delle risorse pubbliche, con un iter segnato da decisioni discutibili, omissioni e mancanza di attenzione verso l’interesse collettivo. Un’opera che avrebbe dovuto risolvere la crisi rifiuti in Calabria si è trasformata in un disastro economico, lasciando la Regione a pagare il conto per errori che potevano essere evitati.





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