Tutte le mire di Russia e Cina in Africa

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La guerra della Russia contro l’Occidente passa per l’Africa, dove anche la Cina è sempre più presente. La credibilità delle organizzazioni internazionali, intanto, è in calo: cosa può fare l’Occidente? L’analisi di Francesco D’Arrigo, direttore dell’Istituto Italiano di Studi Strategici “Niccolò Machiavelli”.

La Russia conduce la guerra contro l’Occidente su più fronti e in ognuno di essi ha scelto di alzare il livello della minaccia. Tra questi vi è l’Africa. Le sue mire sul Sahel sono note ed evidenti, ragion per cui sta esercitando enormi pressioni e favorendo colpi di Stato, sfruttando le sue milizie private e i soldati regolari per velocizzare il ritiro delle unità francesi ed americane dalla regione.

GUERRE PER PROCURA E DESTABILIZZAZIONE REGIONALE: LE MIRE DI MOSCA

Obiettivo strategico del Cremlino è ridurre la presenza e l’influenza di attori occidentali come Usa e Francia, ed al contempo garantire protezione militare alle infrastrutture che l’alleata Cina sta sviluppando in diversi Paesi africani. Recentemente personale militare russo è entrato in una base aerea in Niger occupata, finora, da truppe americane. Fino al colpo di Stato dello scorso anno il governo nigeriano era stato un partner chiave di Washington, che ha garantito aiuti per contrastare gli insorti che hanno ucciso migliaia di persone e ne hanno sfollate milioni.

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Queste azioni mirano a provocare la diminuzione dell’influenza occidentale nel continente africano ed a riprodurre un asse politico-militare con la Repubblica popolare cinese, da tempo inseritasi diplomaticamente ed economicamente nello scenario geopolitico africano. Mosca ha deciso di convertire la propria economia in funzione dell’industria bellica pure per incrementare la sua presenza ed il potere nel continente africano. Il nuovo mandato del presidente Putin potrebbe rivelarsi decisivo per il tentativo di conquistare definitivamente il Sahel, sfruttando il momento di debolezza e progressivo ritiro delle forze occidentali dalla regione.

RUOLO E AMBIZIONI DELLA CINA IN AFRICA

La Repubblica Popolare Cinese da tempo si è inserita nel teatro geostrategico africano, attraverso lo stanziamento di enormi quantità di denaro in favore delle corrotte leadership di alcuni Paesi locali e di milizie presenti nei vari Stati continentali, pronte ad agire per rovesciare i vertici istituzionali, se sgraditi. I progetti della Cina in merito alle possibilità di sviluppo ed approfondimento dei legami con l’Africa, oggetto di interesse del partito-Stato comunista cinese si sono concretizzati attraverso un proficuo do ut des: ai cospicui investimenti nelle infrastrutture da parte di Pechino è corrisposta l’opportunità di approvvigionarsi di materie prime critiche e l’altrettanto prezioso sostegno politico e diplomatico offerto dalla controparte africana.

Nel gennaio del 2006 le ambizioni cinesi vennero ulteriormente specificate ed aggiornate in un documento programmatico, intitolato La politica della Cina in Africa, in cui si sottolineavano le affinità tra i due attori ed il comune interesse allo sviluppo ed alla sicurezza. La presenza del gigante asiatico si è fatta sempre più ingombrante e tentacolare negli ultimi dieci anni, ovvero a partire dal lancio ufficiale, nel 2013, della Belt and Road Initiative (Bri), meglio nota come nuova Via della Seta. La realizzazione di questo faraonico progetto – in cui la Cina ha programmato di investire complessivamente più di mille miliardi di dollari – ha ulteriormente stimolato la presenza cinese sul territorio africano attraverso l’invio di cospicui contingenti militari nelle aree interessate da operazioni di peace keeping delle Nazioni Unite (l’80 per cento dei soldati cinesi impegnati in simili operazioni opera, per l’appunto, in Africa). La presenza di osservatori vigili in loco risulta essere indispensabile anche per garantire sicurezza alle centinaia di migliaia di cittadini cinesi presenti nel continente africano. L’azione dell’Esercito di Liberazione Popolare (Pla) è tutt’altro che limitata alle sole missioni promosse dall’Onu: in Gibuti, piccolo stato del Corno d’Africa strategico in virtù della sua collocazione nell’intersezione di vitali passaggi marittimi, in particolare per il flusso di petrolio, Pechino ha inaugurato nel 2017 la sua prima base militare all’estero. Il corridoio di Stati subsahariani che collegano il Gibuti alla costa occidentale rappresenta, difatti, un obiettivo vitale agli occhi di Pechino al fine di poter inaugurare una seconda base militare che affacci sull’Oceano Atlantico.

Tuttavia, i colpi di Stato nella regione del Sahel impongono una fase di stallo alla penetrazione cinese e una attenta riflessione su quali debbano essere le mosse più efficaci per garantire la stabilità dei rapporti nell’area. Pechino stringe solidi legami con le giunte militari attualmente al potere, indispensabili al fine di ampliare ulteriormente l’estensione geografica della Belt and Road Initiative ad esempio al Mali, importante esportatore di oro, al Sudan ed al Ciad, dove la Cina ha investito nel settore petrolifero, ma soprattutto a dare un nuovo e vigoroso impulso ai progetti esistenti.

Come questa politica possa essere totalmente compatibile con le mosse della Federazione russa nel continente è da comprendere, considerando che l’alleanza di ferro tra i due attori globali sancita dal Vertice di Samarcanda del 2022 non ha precedenti storici, e spesso evidenzia le divergenze e la competizione esistente su molteplici teatri e dossier strategici. Tuttavia, la necessità di coniugare gli interessi nazionali con lo sviluppo positivo delle relazioni con la controparte spetta soprattutto alla Russia, che è riuscita ad attutire le conseguenze delle sanzioni occidentali grazie al supporto economico cinese, oltre che ad ottenere da Pechino la fornitura di componenti tecnologiche decisive per produrre armamenti utili al proseguo del conflitto in Ucraina.

DECLINANTE CREDIBILITÀ DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

Le tradizionali dottrine diplomatiche e di governance africane stanno subendo un vero e proprio stravolgimento, con l’ascesa di forme di “neo-sovranismo” in Eritrea, Sudan ed altri Stati.

L’Unione Africana (Ua) e le Nazioni Unite, un tempo fondamentali per la definizione di accordi di pace e la promozione della democrazia, si trovano ora ad affrontare delle sfide inedite. La loro credibilità e la loro influenza si stanno affievolendo, come dimostra l’allontanamento dell’Ua dai suoi principi fondanti e il ruolo ridotto delle Nazioni Unite nella pacificazione.

Anche l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo mostra segni di divisione e inefficacia. L’attuale traiettoria del Corno d’Africa punta verso una crescente instabilità, e mentre gli Stati Uniti e le potenze europee hanno perso parte della loro influenza, l’onere della leadership dovrebbe ricadere sulle Nazioni Unite, attualmente guidate da una dirigenza inadeguata. Le due guerre ai confini dell’Europa e l’attacco all’ordine mondiale sferrato da Russia e Cina impediscono la creazione di un consenso che coinvolga le potenze globali come incorniciato dall’agenda della stabilità e della cooperazione.

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PREOCCUPAZIONI UMANITARIE E INTERESSI DELL’OCCIDENTE

È uno scenario che vede l’Africa affrontare gravi problemi umanitari, tra cui carestie, siccità e migrazioni di massa. Sebbene le organizzazioni internazionali e le Ong continuino a operare, la riduzione del ruolo degli Stati Uniti nella regione influisce sulla portata e sull’efficacia degli aiuti umanitari e sulla risposta a queste crisi.

È importante considerare le implicazioni a lungo termine della riduzione del ruolo degli Stati Uniti per gli interessi strategici occidentali. Anche se le priorità attuali sono altrove, l’importanza dell’Africa in termini di sicurezza, economia e posizionamento geopolitico non può essere sottovalutata. L’auspicio è che la nuova amministrazione degli Stati Uniti prenda in considerazione una riconfigurazione della postura e della presenza americana, delle alleanze e del supporto alle istituzioni democratiche nel continente. Una dottrina di politica estera che possa contenere le ambizioni africane di Cina e Russia, ribilanciare gli equilibri di potere, imprimere un impatto positivo sulla risoluzione dei conflitti e ridurre le cause che provocano inaccettabili crisi umanitarie.

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