Francesca Fialdini torna con Fame d’amore: “I giovani vanno ascoltati”

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C’è ancora, e forse anche di più, “Fame d’amore” e così ogni domenica in seconda serata su RaiTre partendo dal 5 gennaio ecco che torna Francesca Fialdini con il programma che dà voce ai giovani che sono alle prese con drammatiche situazioni di disturbi psicologici, soprattutto quelli derivati dai comportamenti alimentari – la bulimia, l’anoressia e il “binge eating’, il mangiare come se non ci fosse un domani – che sfociano poi in depressione, ansia, autolesionismo e difficoltà relazionali creando contraccolpi che possono essere devastanti. La conduttrice così doppia l’impegno della domenica, nella quale al pomeriggio è al timone di un altro programma che la mette a tu per tu con le persone, ovvero “Da noi… a ruota libera” su Raiuno. E la brava professionista dimostra sempre più di sapersi districare in ogni campo, compreso quello culturale il venerdì sera per “Roma tra arte e fede” in onda ancora su Raitre. Un percorso che dimostra le sue qualità.

Francesca, con quale spirito affronta questa nuova edizione del programma?

“Con quello di sempre: dare voce a quei ragazzi che non riuscirebbero a esprimere il loro malessere se non rivolgendolo contro se stessi con atti di autolesionismo che purtroppo sono frequenti fra chi convive con disturbi quali l’anoressia, la bulimia o l’abbuffata da cibo”.

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Qual è la situazione attuale, c’è una maggiore consapevolezza e sono stati fatti passi in avanti nella prevenzione e cura?

“No, la situazione non è migliorata e non possiamo sperare che migliori in tempi brevi perché quello che chiamiamo ‘disagio giovanile’ si cura e si affronta nel tempo con un approccio multidisciplinare e un’offerta di servizi territoriali che possano diventare veri e propri presidi nel lungo periodo. Oltre all’aspetto clinico, dovremmo poi occuparci seriamente di questo fenomeno così evidente, anche tramite un ascolto e un linguaggio attento e sensibile, in casa come in ogni luogo frequentato dai ragazzi”.

La sanità pubblica è deficitaria?

“Finché non saranno stanziati fondi strutturali e a lungo termine non avremo la consapevolezza del problema. Interventi straordinari e a pioggia non servono”.

Che cosa le insegna questa esperienza?

“Che troppi genitori riversano sui figli le proprie ossessioni e questi ragazzi sono costretti a cedere ai desideri di ciò che gli adulti avrebbero voluto realizzare”.

Ci sono esempi che l‘hanno particolarmente colpita?

“Sara è una giovane e talentuosa violinista la cui madre è una brava professionista che fin da piccola l’ha obbligata a lunghissime sezioni di esercizio perché diventasse brava come lei. Sara non poteva andare in bagno o uscire con le amiche o fare festa, ma solo studiare. Ludovica ha una mamma che su TikTok fa video in cui si riprende in posa o mentre sfila, è ossessionata dalla bellezza e dalla magrezza e ha partecipato a un programma tv con compagni molto più giovani di lei. E anche il padre tiene molto al suo corpo. Così la ragazza per attirare l’attenzione dei genitori è caduta, come l’altra, in una brutta anoressia”.

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Che quadro viene fuori da queste e altre storie?

“Sono lo specchio di una serie di contraddizioni: questi ragazzi hanno genitori che vogliono rimanere eternamente giovani dentro e fuori e verso i loro figli hanno un desiderio di perfezione che invece si trasforma in dolore”.

Quale dovrebbe essere il primo passo per sanare questa situazione?

“Abbandonare l’idea che bisogna essere perfetti. Propongo l’elogio della vita imperfetta: questi ragazzi devono volersi bene per non fare passi drammatici”.

In particolare?

“I tentativi di suicidio o abusando di psicofarmaci o procurandosi ferite in tutto il corpo”.

A cosa rinunciano e come possono essere salvati?

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“Non mangiano, non bevono, si privano di tutti i piaceri. E quando riconoscono la loro condizione molto spesso è tardi e non tutti hanno la fortuna di poter essere ricoverati anche perché i posti sono pochi”.

Le storie che raccontate sono quelle di ragazzi in cura: che cosa dà loro Francesca?

“Fare capire che voglio conoscerli senza giudicarli. Tolti i panni della conduttrice divento per loro una spalla, una confidente con un rapporto che dura anni. Il mio compito è ricordare loro quanto valgano e quanto siano belli a prescindere da cosa pensino di loro stessi”.

Qual è la migliore medicina per i giovani?

“Avere grandissima fiducia in loro, infondergli speranze. E soprattutto al primo sorgere del disagio rivolgersi a professionisti capaci e che siano appassionati del loro lavoro”.

Il programma oltre ai protagonisti, aiuta chi lo guarda e perché?

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“Sì, negli anni abbiamo raccolto centinaia di richieste di aiuto sia da parte di genitori disorientati sia di giovani in grande difficoltà. Questo programma di servizio pubblico è diventato un portale e credo che questo sia il successo più grande a cui un programma tv possa andare incontro. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta la Rai e tutti coloro che hanno scelto di appoggiare ‘Fame d’amore’ nel tempo, dando modo a così tante persone di trovare una strada per iniziare un percorso di cura”.

Che cosa rappresenta “Fame d’amore” nella crescita professionale di Francesca Fialdini?

“Mi sento molto a mio agio quando vado in fondo e scavo nella vita degli altri per trovare una soluzione. Direi che questo programma è un punto di svolta anche per capire di più della mia vita. Direi che esiste un prima e un dopo ‘Fame d’amore’: sono certamente più matura e lucida nell’affrontare le sfide della quotidianità per la quale mi batto a 360 gradi”.

Che cosa augura a quelli che lei chiama “i miei ragazzi”?

“Vorrei ricordare loro che l’ostrica che viene ferita non può mai produrre delle perle. Ma loro possono farcela”.



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