Il caso Todde, i malumori nel Pd per la gestione del M5S: «Sciatteria e terribile incompetenza»

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Claudio Bozza

Sostegno pubblico alla governatrice della Sardegna, ma dietro le quinte attacchi alla «macchina» degli alleati 5 Stelle

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Da «sciatteria» a «terribile incompetenza». Ma anche: «Che figura di …». I taccuini sono chiusi, ma i commenti sono durissimi telefonando ai vertici del Pd sardo, inclusi consiglieri regionali e più parlamentari. I destinatari dei «complimenti», ça va sans dire, sono gli eterni potenziali alleati del M5S. Perché, ora che la gravità del quadro è più chiara, il ritorno alle urne è un’ipotesi concreta. È passato meno di un anno dal trionfo di Alessandra Todde (M5S), prima governatrice della storia della Sardegna, ma soprattutto simbolo del «campo largo», unica alchimia per provare a battere il centrodestra. E nel febbraio scorso, seppure per una manciata di voti, Pd e M5S erano riusciti a battere la corrazzata guidata da FdI.

Vittoria di misura e festa ancora più grande. Molti buoni propositi, quelli dell’ex ministra Todde, con l’isola alla ribalta come «modello progressista nazionale». Ma poco dopo sono arrivati i dolori, prima sottovalutati, poi diventati fortissimi. Il Collegio regionale di garanzia elettorale, organo della Corte d’Appello che verifica il rispetto della legge da parte dei candidati, ha iniziato a fare delle contestazioni alla neo governatrice, che ha risposto punto per punto, cadendo però più volte in contraddizione sulla rendicontazione delle spese elettorali. Tutto è rimasto sottotraccia per un bel po’. Poi, venerdì scorso, la doccia gelata, con Todde che viene dichiarata decaduta dalla carica. La governatrice, sabato, ha tenuto a far sapere di aver parlato sia con Giuseppe Conte, leader del suo partito, sia con la segretaria del Pd Elly Schlein. Perché in un momento così drammatico, mentre il pool di avvocati di Todde sta studiando il ricorso nei minimi dettagli, la copertura politica è un fattore vitale. 




















































Ma se in pubblico si getta acqua sul fuoco, dietro le quinte il pasticcio è tragicomico. Chi, tra i dem, accusa gli ormai ex grillini di «sciatteria» circostanzia così quest’affermazione: «Todde non risultava avere nemmeno un mandatario elettorale, ma ci rendiamo conto? Sono proprio mancate le basi». Col senno di poi, la «macchina organizzativa elettorale» del Movimento 5 Stelle, con il senatore Ettore Licheri in un ruolo chiave, ha mostrato falle enormi, causate «più da una tragica inesperienza che da malafede, assolutamente non ravvisata». E sempre dal Pd segnalano come «dal Nazareno» i protocolli per le candidature «siano rigidissimi», ma sopratutto «gestiti da personale esperto», in grado di districarsi nella giungla di cavilli e insidie. Nonostante gli sfoghi durissimi, dal Partito democratico sardo confermano «massimo impegno per provare a risolvere questa situazione».

In agguato c’è però un altro rischio. L’organo della Corte d’Appello ha inviato in procura i documenti passati al vaglio, con tutte le violazioni contestate. Non è quindi remota la possibilità che i pm di Cagliari possano aprire un’inchiesta, contestando a Todde anche il reato di falso. Un ulteriore fronte, quindi: giudiziario. Per questo, anche se il ricorso di Todde dovesse congelare il suo addio, resistere politicamente a questa accusa sarebbe più arduo.

Infine: il Collegio di garanzia elettorale ha disposto formalmente la decadenza di Todde, che deve essere formalizzata da un voto del Consiglio regionale sardo, presieduto da Piero Comandini, che è pure segretario del Partito democratico della Sardegna. Un domino rischioso, perché se quest’ultimo non procedesse a tale formalità potrebbe anche rischiare un’accusa di danno erariale.

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5 gennaio 2025 ( modifica il 5 gennaio 2025 | 11:56)

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