Legge di bilancio: le critiche della Cgil in materia di lavoro

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La terza manovra del governo Meloni è legge. Da subito, la CGIL nazionale è stata molto critica. L’ha definita “sbagliata e pericolosa”. A livello provinciale, sul dettaglio di alcune specifiche disposizioni che modificano la fruibilità dell’indennità di disoccupazione, è intervenuto il direttore del Patronato INCA-CGIL di Bergamo, Emmanuele Comi.

“La manovra 2024 ci aveva lasciato una situazione pesante in materia di pensionamenti, con peggiori condizioni di accesso per Quota 103, il mantenimento delle restrizioni a Opzione Donna e misure ‘punitive’ per il personale di enti locali e sanità: solo per questi lavoratori, al raggiungimento dei requisiti, l’attesa per la pensione nel 2025 sarà di 4 mesi, invece che 3. La manovra 2025 non solo conferma tutte queste disposizioni ma aggiunge ulteriori disincentivi al pensionamento, soprattutto nelle pubbliche amministrazioni”.

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“Il colpo più duro, però, quest’anno è riservato a chi perde il posto di lavoro, o per scadenza di un contratto o per licenziamento. Il Governo ora ha inserito un’aggravante che pesa sul disoccupato per ottenere la Naspi, cioè l’indennità di disoccupazione: se nei 12 mesi precedenti il lavoratore, in un altro posto di lavoro, aveva rassegnato le dimissioni volontarie o aveva risolto consensualmente il proprio precedente rapporto, ora può ottenere la Naspi solo se, fra questi eventi e la nuova cessazione, ha versato 3 mesi di contributi. In precedenza, invece, la si otteneva senza questo vincolo. Sembra una questione di poco conto, ma si tratta di una disposizione che colpisce duramente alcune categorie di persone che dal 2025 si troveranno con sempre meno scelta e alla mercé di situazioni lavorative gravose, sottopagate o in ambienti di lavoro tossici”.

L’INCA di Bergamo fa due esempi per chiarire meglio la materia: il primo è quello di una lavoratrice, in forze in una piccola azienda dove è sottoposta a molestie o a insulti (sempre difficili da dimostrare), che rassegna le dimissioni trovando un impiego temporaneo inferiore a 3 mesi in un’altra azienda. Fino al 31 dicembre, al termine di questo rapporto di lavoro avrebbe avuto diritto alla Naspi. Oggi, invece, alla scadenza del nuovo contratto resta senza tutele. Un altro caso è quello di chi, volendo sperimentarsi in un nuovo impiego più stimolante o meglio retribuito, decide di cambiare azienda, dà le dimissioni e si lancia verso la sua nuova vita lavorativa. Se dopo meno di 3 mesi la nuova azienda fallisce, il lavoratore si ritroverà senza alcuna possibilità di ricevere l’indennità di disoccupazione. Prima non era così.

“Queste novità in manovra, se nelle intenzioni del Governo volevano ‘punire’ presunti abusi da parte dei dipendenti, in realtà li lasciano senza alcuna scelta” prosegue Comi. “La prima lavoratrice continuerà a subire l’ambiente di lavoro ostile, il secondo lavoratore non cercherà migliori trattamenti altrove. In pratica, è un regalo alle aziende che offrono condizioni di lavoro svantaggiose o lesive della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori. Potranno continuare a farlo, sapendo che i loro dipendenti hanno un disincentivo in più ad andarsene”.

L’INCA fa notare anche come non si possa contare nemmeno sul Supporto per la Formazione e il Lavoro: i limiti ISEE, benché aumentati, sono ancora bassissimi ed escludono di fatto coloro che nel periodo precedente hanno regolarmente lavorato o che hanno nel proprio nucleo familiare altri lavoratori. A questo, si aggiunge l’abrogazione della disoccupazione per i lavoratori rimpatriati, ossia per chi abbia lavorato all’estero e rientri in Italia al termine dell’esperienza lavorativa. “Si tratta, principalmente, di stagionali dei settori di agricoltura e turismo, ma anche ricercatori all’estero o semplicemente persone che hanno cercato la loro strada oltre il confine” sottolinea Comi. “Questi lavoratori oggi si ritrovano a rientrare in Italia senza aver diritto a nulla. È come se il Governo dicesse loro di restarsene all’estero, perché qui non sono graditi”.

“La CGIL continuerà a chiedere con forza condizioni dignitose e rispettose delle lavoratrici e dei lavoratori, anche perché, al di là degli slogan, le scelte del Governo sono finora sempre andate nella direzione di ridurre le tutele e di penalizzare coloro che sono in maggiore difficoltà. Oltre a queste disposizioni sulla disoccupazione, possiamo infatti ricordare, in merito, la cancellazione del Reddito di Cittadinanza, sostituito dall’insufficiente Assegno di Inclusione, e la totale chiusura del governo sul salario minimo”, conclude il direttore INCA.



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