Pennelli Cinghiale, l’azienda dello spot cult compie 80 anni: sprint su vernici e nuove collaborazioni (con lo sport)

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di
Francesca Gambarini

Nel 2025 tappa importante per l’azienda simbolo del distretto mantovano delle setole che investe sempre di più su tecnologia e sostenibilità. La ceo Eleonora Calavalle, terza generazione: «Le Pmi devono capitalizzarsi e puntare sul marchio»

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Ci aveva visto lungo Alfredo Boldrini quando nel 1945 registrò il marchio «Pennelli Cinghiale», dando alla sua azienda artigianale di produzione di attrezzi per la pittura il nome di un animale forte e robusto, proprio come il cinghiale. «Avrebbe potuto chiamarla con il suo cognome — ricorda Eleonora Calavalle, la nipote oggi al timone con la madre Catiuscia Boldrini, presidente —. Ma lui era un visionario e anche in questa occasione ci azzeccò: scelse un nome che desse alla società l’ispirazione e la solidità per crescere e svilupparsi nel tempo, oltre le persone».

I primi 80 anni

Di tempo ne è passato e oggi l’azienda di Cicognara, nel mantovano, distretto di eccellenza per la produzione di scope e pennelli, è pronta a festeggiare nel 2025 i suoi primi 80 anni di storioa, con un piano che rilancia il business delle collaborazioni e brevetti con altri marchi altrettanto forti come Cinghiale, ma nel campo dello sport; con l’ampliamento e la ricerca della gamma delle vernici, «settore complementare, una svolta storica per noi: ora sono l’asset che cresce più rapidamente», spiega Calavalle; e ancora con l’espansione della presenza dei prodotti venduti a banco e con una continua ricerca tanto sul fronte tecnologico quanto su quello della sostenibilità. «Siamo positivi — dice l’imprenditrice —, chiuderemo il 2024 con una crescita dell’8% del fatturato (7 milioni nel 2024, ndr). Il primo semestre aveva toccato anche un più 15%, poi penalizzato dal rallentamento generalizzato dei consumi. Il 2025 andrà meglio».
Trenta dipendenti, più 35 agenti sul territorio, il 90% del giro d’affari realizzato in Italia con alcune presenze solide all’estero, dalle Canarie al bacino del Mediterraneo, Pennelli Cinghiale assembla ogni anno circa 4,5 milioni di pennelli in un circolo virtuoso che crea rapporti con oltre un centinaio di aziende della filiera. 




















































«Siamo radicati sul territorio ma è stato mio nonno per primo ad andare all’estero, in quelle aree dove, per colpa delle condizioni climatiche e dell’erosione, si rende necessario tinteggiare con più frequenza», racconta Calavalle, che incarna una figura strategica per l’azienda, di cui ha raccolto l’eredità e i principi e di cui sta costruendo il domani. «Produciamo tutto internamente — prosegue —, i componenti dei pennelli arrivano dal distretto. La setola, sia naturale che sintetica, viene invece dalla Cina, che ha il primato perché solo lì si allevano i maiali con le giuste caratteristiche». Non deve essere stato facile garantire gli approvvigionamenti quando è scoppiata la crisi di Suez o, ancora prima con il Covid. «I container sono arrivati a costare cinque volte tanto — ricorda l’imprenditrice —. Credo che quella crisi abbia mostrato che, tra aziende del settore, è importante lavorare insieme, soprattutto per superare momenti di difficoltà. Ad esempio avremmo potuto ottimizzare le spedizioni, unendo gli ordini. Ancora in Italia si fa fatica a mettere in campo questa logica».

Le sfide più urgenti

Non fa invece fatica Calavalle a rendersi conto che per resistere e crescere in un’era di cambiamenti complessi e rapidi bisogna saper aggiustare la rotta. «Abbiamo sostituito il ferro, materia prima il cui costo è aumentato del 40%, con la plastica riciclata — spiega —. Ci siamo dotati di pannelli fotovoltaici e tutta l’energia che utilizziamo proviene da fonti rinnovabili: questo ci ha aiutato a contenere i costi. Ma la sfida principale è diventare un’azienda sempre più sostenibile e digitale. Credo sia la sfida più importante e difficile per tutte noi Pmi, che però siamo una fetta importante dell’industria italiana, il 75%, e non possiamo restare indietro».
Con gli incentivi di Industria 4.0 e della prima Sabatini per i beni strumentali, Pennelli Cinghiali circa due anni fa ha potuto investire un milione di euro per un nuovo macchinario, realizzato dalla Mgg, azienda del distretto delle macchine industriali di Conegliano, che ha permesso di riportare in Italia una produzione che era realizzata in Cina. «Si tratta di un macchinario, unico nel suo genere — dice l’imprenditrice — a ciclo completo e controllo integrato, che con un solo operatore e un turno di lavoro produce 11 mila pennelli di altissima qualità. Oggi trovo interessante la nuova Sabatini – capitalizzazione, che spinge gli imprenditori a dare forza e propulsione alle fabbriche ma allo stesso tempo passa il messaggio che ci si deve capitalizzare, che bisogna avere spalle più robuste. Noi la sfrutteremo per un nuovo macchinario dedicato ai rulli».
Sul fronte green, «sono più scettica sulla rapidità con la quale le Pmi potranno affrontare la transizione sostenibile — prosegue Calavalle —, perché ci sono ancora molti paletti burocratici e costi. Per noi la sfida sono le vernici: abbiamo formule con bicarbonato di sodio e il 95% di elementi naturali e andremo avanti nella ricerca perché è cruciale realizzare un prodotto in cui il consumatore ritrova la credibilità della marca». 

L’investimento sul marchio

Marca che per Pennelli Cinghiale, dopo lo spot di Ignazio Colnaghi del 1982 (vedi immagine sopra), è diventata un vero e proprio asset su cui puntare. «Le aziende devono credere e investire nella costruzione di brand che non portino sul mercato solo prodotti ma anche valore. Certo sono investimenti costosi, come il nostro spot storico — non nasconde la ceo —. Io e il mio team, composto al 70% da donne, con mia madre e mia sorella, non abbiamo mai smesso di crederci, tanto che oggi siamo diventati anche brand multimediale. Ce ne sono solo undici in Italia: rappresentano quei brand che non sono solo un logo ma un insieme di parole, persone, luoghi e suoni che insieme diventano marca, portatori di identità oltre il prodotto e il brand stesso».
Anche in questo campo, Pennelli Cinghiale non vuole restare indietro. «Per noi l’innovazione è stata continua, anche nella cultura d’impresa, che è un aspetto fondamentale per i marchi storici, che sono come delle opere d’arte e vanno preservati e accuditi. Arrivano sempre proposte da grandi gruppi per vendere. Ma finché continueremo a credere in questi valori, a divertirci e appassionarci al nostro lavoro, non ci pensiamo affatto».

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4 gennaio 2025 ( modifica il 4 gennaio 2025 | 12:42)

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