LA VIA MARINA, UN LIBRO PER LA CALZA DELLA BEFANA!

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Tarda mattinata del primo di gennaio, mercoledì.

Sto a passeggia’ sul Corso Garibaldi: l’attenzione mia è spesso rapita da donne e uomini che, in direzione Stazione centrale, camminano lentamente, trascinando un trolley, godendo, passo passo, delle bellezze che s’affacciano sul… salotto buono e lungo della Città!

È in quegl’istanti che percepisco l’urgenza d’immergermi in una lettura nuova, fatta d’istantanee e parole: pesco, così, nella casalinga biblioteca, “Via Marina di Reggio Calabria. La luce nel blu, racconti e visioni”, edito da Città del Sole nel giugno ’23 e reso possibile dall’incrocio tra il giornalista Giuseppe Smorto e il fotografo Marco Costantino.

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Tanti son quelli che nella notte di San Silvestro han guardato, al televisore, la Città nostra: e la via Marina ha dato il meglio di sé! Pochi, o nessuno, da Belluno a Otranto, da Noto a Udine, ne conoscono la storia, e le caratteristiche, visibili o nascoste.

Quel libro, scrive nella presentazione l’editore Franco Arcidiaco, ch’è “un souvenir, un biglietto da visita per la città, elemento unificante della grande Reggio”, è un libro “che parte dal porto e arriva otto chilometri dopo, passando per i nuovi progetti, come il Museo del Mare”.

Consta, il libro, di tre sezioni per centosedici pagine: l’area prima, “Parole e immagini” denominata, è una fotografica e narrativa corsa lungo quel che, leggiamo a pag. 10, Nando Martellini– “quello della mitica telecronaca ’82: Campioni del Mondo! Campioni del Mondo! Campioni del Mondo” – definì, “da giovanissimo inviato al seguito del giro della Provincia di Reggio Calabria, il chilometro più bello!”

Pagina dopo pagina, fotografia dopo fotografia, si può decidere di sostare all’ombra del Ficomagno oppure di emulare, scopriamo a pagina 24, Massimo Taibi: lui, “portiere e ora dirigente calcistico, confessa di andare in via Marina alle quattro e mezza del mattino, quando sono solo le onde a parlare”.

E ancora, a pagina 26: “il lungomare è ricchissimo di pesce: non avete mai incontrato il falco pescatore a caccia di cefali? Fateci caso”.

Alle pagine 44-45 v’è un’autentica chicca: “loro, loro non possono capire. Orchidea come un’Odissea. Un cinema abbandonato, un esempio di architettura modernista con la torre che guarda su due lati. Loro sono i più giovani che non ne conoscono la storia, loro sono i naviganti della palude reggina che lo hanno abbandonato”. Oggi, che l’Orchidea – una volta Supercinema – è un cumulo di macerie, oggi che non c’è più, manco quel poco che già ne restava, spunta una lacrimuccia in più, sulla guancia sotto all’occhio che sta sfogliando un libro ch’è, al contempo, storico e… propositivo. Propone, cioè, al lettore d’impegnarsi affinché Reggio torni ad esser la vera Reggio…

Pagina 52 richiama il tormentone delle scorse settimane: “la fontana davanti al Roof Garden non c’è più, faceva molto favolosi «anni ‘60» quelli della città bella e gentile, alla vigilia del sacco urbano che l’avrebbe stravolta. Aveva una strana forma, molti la chiamavano u’ pruppu, il polipo”.

E non scordiamoci l’estratto preso dalla “redazione di Mario Baratta alla Società Geografica Italiana, 1910”, che sta a pagina 70 e che il curioso, autentico, dovrà andare a cercare, e a gustare.

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“Costeggiando, giungemmo a Reggio” è il titolo della sezione seconda, ch’è pur versetto degli Atti degli Apostoli. È un’oasi ristoratrice, foto e citazioni danno al lettore l’opportunità di cogliere sfumature che, a occhio nudo, non è concepibile afferrare.

L’ultima parte, “Dall’Archivio Storico”, è un tuffo fra le carte e i sogni: gli autori conducono il lettore all’interno dell’archivio storico del comune reggino, consentendogli d’intrufolarsi dentro ai faldoni che custodiscono il percorso di ideazione, creazione, consolidamento e modifica della Via Marina.

Insomma, un libro, scrive ancora Franco Arcidiaco nella presentazione, “che idealmente dovrebbe stare nelle case di ogni reggino”.

Tant’è che pensando, come dire, ad una conclusione di tali note, vengono in mente le parole che Cesare Pavese scrisse a Fernanda Pivano: “si faccia una vita interiore – di studio, di affetti, d’interessi umani che non siano soltanto di «arrivare», ma di «essere» – e vedrà che la vita avrà un significato”.

Ecco, affinché la coscienza critica del reggino abbia solide fondamenta, è bene avere dimestichezza con simili libri. Smorto e Costantino, in fondo, non hanno fatto altro che trasformare in opera letteraria – dalla veste grafica assai accattivante, ti sembrerà di toccar con mano la ringhiera e i lampioni del lungomare… – un… amore concreto. Verso Reggio. Città dal glorioso passato e dal presente alquanto confusionario, sotto tutti i punti di vista, specialmente quelli legati alla custodia e al recupero di spazi e palazzi che, di Reggio, erano, cioè, sono, motivo di vanto e di prestigio.




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