quelle parole di Mattarella che ci riportano alla realtà

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Poche parole per ribadire un concetto, sottolineare un tema e rilanciare un’emergenza. “Tra Nord e Sud c’è una disuguale disponibilità di servizi”. Punto. Più chiaro di così, il capo dello Stato Sergio Mattarella – nel suo discorso di fine anno – non poteva essere. Posta al centro dell’intervento, nel cuore del testo, quella frase dà ulteriore spessore a tutto il dibattito intrecciato nel corso del 2024 intorno all’autonomia differenziata. Quasi una commedia dell’assurdo – il varo della riforma sul regionalismo – tra defezioni eccellenti, testi arzigogolati per essere incomprensibili e reprimenda finale della Consulta, che ha ridotto ai minimi termini un testo di legge ispirato male e partorito peggio. E ora il presidente della Repubblica, che riprende lo stile comunicativo dei padri costituenti – chiarezza e sintesi – per sottrarre la profondità del suo messaggio alle insidie delle formule involute, e perciò criptiche, del linguaggio politico e istituzionale: “Colmare queste distanze. Assicurare un’effettiva pienezza di diritti è il nostro compito”. È l’obiettivo. Non è poco.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Perché, ora, questa riflessione a cinque giorni dal discorso di Capodanno? Perché diverse cose sono accadute. E altre ne accadranno, da qui a breve. I report dicono chiaramente che la corsa del Sud rallenta: l’effetto congiunto e concomitante dei cicli di spesa dei fondi europei, dei bonus e superbonus legati alla pandemia e dei primi cantieri del Pnrr lentamente si affievolisce.

Tutto questo riporta la crescita entro limiti molto meno entusiasmanti, anche perché – per giunta – alcune misure di sostegno non sono state rifinanziate.  L’occupazione cresce, ma aumentano pure le povertà relative, segno che gran parte del lavoro ha remunerazioni ancora troppo basse. Anche la fuga dei giovani continua incessante, mentre – di contro – l’invecchiamento della popolazione, riflesso diretto della denatalità, aggiunge inquietudine sul futuro non solo dell’economia ma anche della stessa società. E quindi della socialità. In prospettiva, un disastro.

Sull’altro piatto della bilancia le opportunità offerte dalle agevolazioni per gli investimenti nella Zes unica, dai fondi legati all’Accordo di sviluppo e coesione sottoscritto tra governo e singole regioni e da altri interventi (divenuti ormai strutturali) apportano nuovo slancio e forniscono ulteriore ossigeno all’economia. Ma l’effetto rimbalzo post-Covid è finito. Il punto è questo. E il Sud, al di là dei settori innovativi, dei distretti più dinamici, degli imprenditori più audaci – che insieme fanno la fortuna di interi territori – si ritrova nel suo complesso nella situazione descritta dal capo dello Stato. “Disuguale disponibilità di servizi”. Da questo non si prescinde.

Ora: sul regionalismo differenziato i destini sembrano segnati. Tra pochi giorni la Corte Costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del referendum, dopo il via libera della Corte di Cassazione quanto ai profili di legittimità. Probabile che, dopo la demolizione di sette punti del testo normativo da parte della Consulta (un colpo durissimo per il progetto di riforma), il quesito referendario sia ritenuto dagli stessi giudici ormai superato. Si vedrà. La decisione è attesa per il 20 gennaio: il governo non si è costituito a difesa della propria legge, alquanto divisiva all’interno della stessa maggioranza. A tutela della riforma sarà presente in giudizio solo il Veneto, a dimostrazione ulteriore degli interessi in campo e della loro pertinenza territoriale (superfluo ricordare la collocazione partitica del ministro Calderoli). Il no al referendum potrebbe alla fine accontentare buona parte dei protagonisti: i proponenti, in ambasce per i rischi legati alle difficoltà di raggiungere il quorum, e comunque soddisfatti per l’intervento demolitore della Consulta sull’impalcatura normativa; e probabilmente due delle stesse forze di maggioranza, Fratelli d’Italia e Forza Italia, trascinate dalla Lega – nel gioco delle alleanze – su un terreno ostico per le rispettive identità politiche.

In attesa del verdetto, riecheggia il richiamo del presidente della Repubblica come priorità ineludibile. L’evidente disparità di condizioni tra Nord e Sud. Dalle infrastrutture strategiche – su tutte, collegamenti e trasporti – fino ai servizi di prossimità, a partire dalla carenza di asili nido e alle possibilità concrete di occupazione, in particolare delle donne. Passando dai disagi nella sanità, con le interminabili liste di attesa, peraltro in aumento. Argomenti anche questi toccati da Mattarella. Il problema c’è ed è evidente. Nel frattempo le culle restano vuote, i giovani vanno altrove. E – accessorio di stagione – il prezzo del gas torna a risalire, tanto per acuire difficoltà contingenti. Con una doppia implicazione, a proposito della carenza di materie prime o del mancato sfruttamento di quelle esistenti, l’una e l’altro risolti solo con importazioni a prezzi esorbitanti: bisogna sperare nel bel tempo per contenere la mazzata in bolletta; ma occorre anche sperare in rovesci abbondanti, perché la carenza idrica permane. Soffre l’industria. Soffre l’agricoltura. Col rischio di trovarsi l’acqua alla gola pur con gli invasi a secco.

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per le imprese

 

In tutto questo, risalta un dato di inizio anno: la Puglia ha aumentato del 55% l’acquisto dei biglietti della Lotteria Italia rispetto alla precedente edizione. C’è sempre una chance che la buona sorte raddrizzi il tiro. Tra Nord e Sud i divari restano; tuttavia, quanto a speranza non ci batte nessuno. Ma anche questo, a ben vedere, non è proprio un bel segnale. Nell’incertezza, meglio incrociare le dita. Però, occhio: dovessero incastrarsi, sarà un bel problema trovare subito un pronto soccorso libero.
 





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