“Vietare nuovi investimenti nelle infrastrutture sciistiche sotto i 1500 metri, concentrando le risorse su quelle esistenti”. Alcune proposte per ripensare il turismo montano

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Il turismo in Italia rappresenta uno dei settori più rilevanti dell’economia, ma è caratterizzato da problematiche strutturali che ne minano la sostenibilità a lungo termine. Il fenomeno della “monocoltura turistica“, un modello che si concentra su una singola tipologia di offerta – come il turismo balneare estivo o quello sciistico invernale – ha alimentato un ciclo stagionale che sfrutta in modo intensivo alcune località, senza considerare l’impatto ambientale e climatico. I “Luna park stagionali”, come li definiscono alcuni esperti, non sono più adatti alle esigenze odierne di sostenibilità, eppure continuano a prevalere in molte aree, con un esito che non tiene conto delle proiezioni future riguardo il clima e la conservazione del patrimonio naturale. Ne parliamo nel secondo articolo di approfondimento, parte di una serie (qui il primo), sul Libro Bianco degli Stati Generali dell’Azione per il Clima, che dedica una sezione proprio alle “Politiche per un turismo sostenibile”.

 

La mancanza di un’adeguata pianificazione e la continua persistenza di approcci a breve termine, legati a investimenti pubblici non sempre rispettosi delle peculiarità territoriali, aggravano il problema del turismo di massa. A ciò si aggiunge la crescente pressione dell’overtourism, o eccesso di turismo, che non è affrontato in maniera adeguata, e rischia di svuotare interi territori delle loro risorse naturali e culturali a causa di un turismo di massa che arriva solo in alcuni periodi dell’anno. Tuttavia, alcuni segnali positivi provengono da realtà locali che stanno cercando di invertire questa tendenza, con una spinta verso la diversificazione dell’offerta turistica, la destagionalizzazione dei flussi e la promozione di un turismo responsabile e rispettoso dell’ambiente.

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In particolare, molte organizzazioni, come Legambiente, Protect Our Winters Italia, il CAI e The Outdoor Manifesto, stanno sensibilizzando l’opinione pubblica e le istituzioni sulla necessità di un cambiamento: queste realtà si battono per un turismo che non si limiti alla semplice promozione dei luoghi, ma che coinvolga attivamente le comunità locali nella gestione del territorio, tuteli l’ambiente e incoraggi esperienze effettivamente sostenibili.

 

La proposta avanzata dalle e dagli esperti è di legare gli investimenti pubblici alla sostenibilità climatica e ambientale, promuovendo la diversificazione e il rafforzamento di un sistema turistico pluriattivo. In particolare, per le località montane, si suggerisce di vietare nuovi investimenti nelle infrastrutture sciistiche sotto i 1500 metri, concentrando le risorse sulle strutture esistenti, in modo da preservare l’ambiente e ridurre l’impatto ecologico delle nuove costruzioni. L’obiettivo è di sviluppare un turismo che non dipenda esclusivamente dalle stagioni invernali o estive, ma che distribuisca i flussi turistici su tutto l’anno, contribuendo al mantenimento delle piccole comunità e migliorando l’economia locale. In particolare, l’effetto di una minore concentrazione dei turisti durante la stagione estiva e invernale permetterebbe di preservare ecosistemi fragili come le Alpi, riducendo la necessità di interventi che danneggiano l’ambiente, come l’innevamento artificiale, che sottrae risorse idriche fondamentali e ha un impatto diretto sugli ecosistemi locali.

 

Lago di Braies invaso da frotte di turisti

 

Oltre alla limitazione degli investimenti nel settore sciistico, è essenziale incentivare settori primari come l’agricoltura, l’artigianato e l’enogastronomia, che possono creare nuove opportunità di lavoro senza dipendere esclusivamente dal turismo. Contestualmente, è fondamentale coinvolgere le comunità locali nel processo di sviluppo turistico, facendo in modo che la cultura e le tradizioni vengano preservate, mentre i turisti vengano educati a comportamenti responsabili.

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In generale, il piano d’azione prevede anche politiche di promozione turistica che incentivino la scoperta di territori meno conosciuti, al fine di distribuire i flussi turistici durante tutto l’anno. Politiche che favoriscano ferie al di fuori dei periodi tradizionali e che incoraggino la creazione di sinergie tra le diverse realtà locali e le industrie, possono contribuire al rafforzamento di una rete territoriale più resiliente e sostenibile.

 

Un altro aspetto importante riguarda la diversificazione dell’offerta turistica. Puntare su esperienze meno impattanti come il turismo rurale, culturale, enogastronomico e sportivo destagionalizzato potrebbe contribuire a ridurre l’impronta ecologica del settore, allo stesso tempo favorendo una maggiore vivibilità delle aree turistiche. Ciò non solo preserva l’ambiente, ma stimola anche la crescita di nuove imprese e la conservazione delle tradizioni locali. 

 

La chiave per il successo di queste politiche risiede nel coinvolgimento attivo delle comunità e nella formazione di un turismo consapevole e rispettoso delle risorse naturali e culturali, oltre che di operatrici e operatori specializzati. Un turismo che, più che un fenomeno economico a breve termine, diventa un motore di crescita sostenibile, in grado di proteggere il patrimonio e offrire un futuro migliore alle generazioni locali.

 

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Coda di escursionisti sulla ferrata del Paterno

 

L’Italia ha un’opportunità unica di ripensare il proprio modello turistico, puntando su un sistema diversificato e sostenibile che tenga conto delle esigenze ambientali, economiche e sociali. Solo attraverso politiche lungimiranti e un impegno collettivo sarà possibile evitare i rischi dell’overtourism e costruire un futuro che valorizzi realmente il territorio, proteggendo al contempo le tradizioni, le culture e l’ambiente.

 

Per saperne di più visita la pagina degli Stati Generali dell’Azione per il Clima oppure scarica e diffondi il Libro Bianco e prendi parte alla transizione ecologica.





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