L’identikit del consulente perfetto – Economia e politica

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Nel complesso panorama dell’agricoltura moderna, il ruolo del consulente tecnico è diventato sempre più centrale. Con una domanda crescente di sostenibilità e con problemi ormai cronici di redditività, gli agricoltori hanno bisogno di esperti capaci di orientarsi tra normative, innovazioni tecnologiche e scelte strategiche per garantire la competitività delle loro aziende.

 

Partiamo col dire che oggi gli agricoltori possono affidarsi a diverse figure professionali. Ci sono ad esempio gli agronomi e forestali, laureati cioè in un Corso di Laurea in Agraria (o negli altri circa venti corsi di laurea ammessi), ma ci sono anche i periti agrari e gli agrotecnici, con diversi livelli di competenza. In ogni caso, queste tre figure, dopo un apposito esame, devono essere iscritte ad un relativo albo per poter esercitare la professione.

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Ma quali sono le caratteristiche che un buon consulente tecnico dovrebbe possedere? Insieme a Mauro Uniformi, presidente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali (Conaf), abbiamo provato a tracciare l’identikit del consulente tecnico ideale. E proprio la figura dell’agronomo sarà centrale nella celebrazione della Giornata Agroambientale, organizzata dal Conaf in accordo con la Santa Sede, che si terrà il 5 novembre 2025 nell’ambito del Giubileo.

 

Mauro Uniformi, partiamo dal principio, come si diventa un buon consulente tecnico?

“La preparazione accademica è il punto di partenza imprescindibile. Un solido percorso universitario fornisce agli agronomi e ai forestali le competenze di base necessarie per comprendere le dinamiche biologiche, economiche e sociali che governano il settore agricolo. Tuttavia, la sola formazione iniziale non basta. È essenziale proseguire con un aggiornamento professionale continuo.

 

Che è obbligatorio per tutti gli iscritti ad un albo professionale.

Esatto. Noi del Conaf, ad esempio, promuoviamo ogni anno migliaia di corsi formativi. Nel 2023 abbiamo accreditato oltre 2.300 corsi, toccando temi che vanno dalla difesa fitosanitaria alla gestione economica, fino a innovazioni come il carbon farming e l’agrivoltaico. Questo approccio permette al consulente di rimanere sempre al passo con le novità del settore e le esigenze del mercato”.

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Non c’è il rischio che una formazione solamente in aula sia troppo distante dalla realtà di campo?

“L’università deve fornire i fondamenti, ma è sul campo che il consulente acquisisce la capacità di affrontare situazioni specifiche. Ad esempio, quando si tratta di proteggere un vigneto il consulente deve non solo saper riconoscere una malattia, ma anche valutare il trattamento più appropriato da un punto di vista tecnico, economico e ambientale”.

 

La dimensione economica e quella aziendale perché sono importanti?

“Non si tratta solo di scegliere il principio attivo più efficace, ma anche di considerare i costi, gli impatti ambientali e la percezione sociale delle pratiche adottate. In un contesto in cui i consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità, il consulente deve garantire che le soluzioni siano non solo tecnicamente valide, ma anche accettabili dal punto di vista etico e normativo”.

 

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Quali sono le sfide principali che un consulente deve affrontare oggi?

“Il consulente tecnico non può limitarsi a essere un esperto agronomo. Deve essere anche un abile mediatore tra il linguaggio agricolo e quello economico-finanziario. Ad esempio, quando si progettano investimenti migliorativi o si accede ai fondi della Pac, è fondamentale integrare competenze tecniche e sensibilità economiche per garantire la fattibilità e la sostenibilità dei progetti. Un altro esempio è la gestione dei fondi legati al Pnrr e ai Csr. Qui la consulenza richiede precisione tecnica ma anche una forte capacità di pianificazione strategica. Solo chi padroneggia entrambe queste dimensioni può realmente supportare l’azienda agricola in modo completo”.

 

Qual è il ruolo dell’innovazione tecnologica nel lavoro del consulente?

“La tecnologia è un pilastro fondamentale per l’agricoltura del futuro. Il consulente ideale deve essere in grado di utilizzare strumenti come i Decision Support Systems (Dss) e altre piattaforme digitali per migliorare l’efficienza aziendale. Torniamo al caso della difesa fitosanitaria: un buon consulente dovrebbe sapere come integrare la modellistica previsionale per monitorare i rischi in vigneto e pianificare trattamenti mirati, evitando sprechi e riducendo l’impatto ambientale. Questo tipo di approccio aumenta la competitività delle aziende agricole, consentendo loro di rispondere meglio alle sfide del mercato globale”.

 

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Come si è evoluto il profilo del consulente negli ultimi anni?

“La nostra professione è in crescita, e questo è un segnale positivo. Negli ultimi tre anni abbiamo assistito a un abbassamento dell’età media degli iscritti all’Ordine, passata da cinquantacinque a cinquantuno anni, e ad un aumento significativo della presenza femminile, che ora rappresenta il 21% dei professionisti”.

 

Come si spiega questo cambiamento?

“Probabilmente è dovuto anche all’attrattività di tematiche emergenti, come l’agricoltura rigenerativa, il sequestro del carbonio e le energie rinnovabili. La capacità di integrare queste nuove competenze con le basi tradizionali è ciò che distingue un consulente capace di rimanere competitivo in un settore in rapida evoluzione”.

 

Qual è il contributo del consulente alla sostenibilità dell’agricoltura?

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“Il consulente tecnico è un attore chiave per promuovere la sostenibilità. Attraverso un approccio a 360 gradi, valuta non solo l’efficienza tecnica ma anche l’impatto sociale ed ambientale delle scelte aziendali. Ad esempio, nella progettazione di impianti agrivoltaici sospesi l’agronomo deve garantire che la produzione agricola rimanga la priorità, bilanciando la produzione energetica con la tutela del paesaggio e delle risorse naturali”.

 

Ci può fare un altro esempio?

“Oggi si parla molto di agricoltura rigenerativa e sequestro del carbonio nei suoli agricoli. Ebbene, nell’ambito del carbon farming il consulente deve lavorare per migliorare la salute del suolo e incrementare la sostanza organica, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra e a garantire la resilienza climatica delle aziende agricole”.



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