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Il politologo Paolo Feltrin, la rivalità nel centrodestra e gli scenari in regione alla luce dello stop del governo a De Luca: «Il possibile candidato? Un civico: se non si mettono d’accordo si farà come in Liguria»
Professor Paolo Feltrin, è un inizio d’anno cruciale per capire quando si voterà, chi si candiderà, se l’alleanza di centrodestra sarà salda o meno.
Partiamo da qui. Il centrodestra, compatto dal Governo a diverse Regioni, può spaccarsi sul Veneto?
«No. Un conto sono le comunali, ci sono divisioni anche nei capoluoghi. Ma le elezioni regionali sono a tutti gli effetti elezioni quasi politiche. In settant’anni, tranne in casi particolarissimi, le coalizioni al governo non si sono mai spaccate alle regionali».
Sarebbe un brutto segnale farlo qui in Veneto?
«Non brutto, pessimo. Per carità, può sempre accadere, ma a mia memoria sarebbe la prima Regione dal 1970. Le coalizioni sono coalizioni. Può esserci anche una lista autonoma, ma a quel punto c’è l’espulsione dal partito».
Ma qui c’è chi vuole farlo sul serio. E quindi che si fa?
«Facciamo un esempio diverso. Se Tosi volesse candidarsi da solo nessuno glielo vieterebbe, ci mancherebbe altro. Ma a quel punto sarebbe Forza Italia a espellerlo. Non so se sia chiaro il punto: c’è una coalizione».
Allora andiamo al sodo: è la Lega che vuole farlo.
«Può farlo, ma o Salvini espelle chi si candida, o assisteremo a una crisi di governo. Delle due l’una. Parliamo di una coalizione di governo, non dell’opposizione. C’è una gerarchia, ci sono delle questioni superiori, non vedo perché il Veneto dovrebbe essere un’eccezione».
Ma mettiamo che lo faccia: la Lega può farcela da sola?
«Il calo dei consensi è nei risultati, ma è un tema che neppure si pone. Supponiamo che si faccia? Le probabilità di vittoria sono limitate».
Il Veneto, insomma, non è una partita separata dalle altre cinque in scadenza.
«Non è separato dalle altre venti, direi. Le eccezioni ci sono, ma qui non ne vedo. Altrimenti si innesca un conflitto devastante in una Regione di 5 milioni di abitanti, con un partito contro l’altro. Non ne vedo il motivo».
E che Lega sarà per la prima volta senza Zaia?
«Se come immagino alla fine la coalizione troverà un accordo, cambierà poco, Zaia farà campagna elettorale per il candidato prescelto, per le ragioni di cui sopra. Zaia dice di essere fatalista, e il fato ha deciso così. Non ha alternative. E poi, Zaia ha mille possibilità davanti, e tutte si spengono se si isola e va in polemica. Può fare il ministro, l’imprenditore, il presidente del Coni, può fare tutto. Non vedo perché immolarsi su questo».
La Lega vuole spostare le Regionali del Veneto al 2026. Condivide?
«No. Si introduce un principio pericoloso, e cioè che si spostano le elezioni quando ci pare. Se c’è una regola costituzionale e di buon senso è che le elezioni si fanno a scadenza di legislatura. Ci sono casi eccezionali per spostare una data: si è fatto per le guerre, si è fatto nel 2020 per il Covid. Ci vuole un motivo forte per farlo. Non si spostano le elezioni quando ci pare, francamente».
Se le chiedo di scommettere un euro su chi sarà il prossimo candidato? Lega o FdI?
«Civico. Se non si mettono d’accordo, si farà come in Liguria. Si brucia un nome, due, tre, e poi si tira fuori un nome col quale nessuno può dire di aver vinto, nessuno di aver perso. Se la Lega non accetta un candidato di FdI, troveranno accordi su un altro nome. Non c’è solo il bianco e il nero, ma cinquanta sfumature di grigio».
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