Dagli Usa un nuovo motore che fa a meno delle terre rare

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Raro. agg. [dal lat. rarus]. Cosa poco frequente, preziosa, eccellente. Qualcosa di speciale, introvabile, recita il dizionario Treccani. Nonostante l’aggettivo, invece, le terre rare, non si definiscono tali perché sono insolite o speciali. Sono più abbondanti di piombo e argento, ma sono distribuite in maniera difforme sul Pianeta e soprattutto il loro processo di estrazione è estremamente laborioso e costoso.

 

Un gruppo di ricerca della Texas A&M University (TAMU), composto da Hamid Toliyat, professore presso il Dipartimento di Ingegneria elettrica e informatica, Mehdi Seyedi, dottorando in Ingegneria elettrica, e Dorsa Talebi, ricercatrice post-dottorato, sta sviluppando un motore innovativo che elimina l’uso delle terre rare, riducendo così la dipendenza dai mercati esteri (siamo negli USA e quindi l’idea è di affrancarsi dalla Cina). Un motore più economico, compatto ed efficiente, che rappresenta, quindi, un passo significativo verso soluzioni energetiche più sostenibili. Questo progetto di ricerca biennale mira a sostituire del tutto le terre rare come i magneti al neodimio, potenti magneti permanenti composti da una lega di neodimio, ferro e boro (NdFeB), con materiali abbondanti come il rame.

Verso motori elettrici e ibridi senza terre rare

“Per l’estrazione di questi materiali di terre rare, ci sono molti processi non etici che sono anche molto energivori”, dichiara Talebi sul sito della Texas AM University Engeneering. “Ci sono molti progetti in corso a livello globale per estrarre le terre rare in modo più sostenibile, ma non c’è una regolamentazione adeguata. Per soddisfare il bisogno e la domanda in crescita nelle industrie, ci serve  un’alternativa. Il nostro motore risolverebbe questa necessità”. 

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Il gruppo di ricerca della TAMU ha ottenuto quasi 500.000 dollari dal programma “Advancing Discovery to Market (ADM) Innovation Awards” dell’ateneo texano. Il finanziamento sostiene progetti che sono vicini alla fase di commercializzazione. 

Per valutare la validità della loro proposta, il team ha condotto una simulazione preliminare per il proof-of-concept (PoC), che è il processo volto a dimostrare che un’idea, un principio, o una tecnologia è fattibile e può essere concretamente realizzata. Successivamente ha sviluppato un prototipo funzionale, dimostrando la fattibilità del design del motore. Attualmente, gli sforzi sono orientati a ottimizzare le prestazioni del motore, al fine di renderlo tecnicamente comparabile ai motori basati su terre rare utilizzati nei veicoli elettrici e ibridi. Parallelamente, si punta a superare i limiti prestazionali tipici di altri motori privi di terre rare, garantendo maggiore competitività sul mercato. “La nostra tecnologia, in termini di rapporto potenza-peso, è alla pari con i motori che utilizzano materiali di terre rare”, dichiara il professor Toliyat.

Prototipo di motore privo di terre rare. Immagine: Dorsa Talebi

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Un occhio all’ambiente e l’altro all’economia

L’idea è quella di sostituire i materiali di terre rare presenti nella parte rotante del motore con bobine di rame. Talebi spiega: “In questo modo si elimina un materiale dalla catena di approvvigionamento del prodotto. Questo ci rende meno dipendenti dai paesi stranieri e, grazie alla disponibilità abbondante di rame, il processo risulta anche più sostenibile”.

Le terre rare infatti, sono nei nostri computer, nei chip, nei magneti delle turbine eoliche, nei motori di veicoli elettrici, navi e aerei. L’offerta globale di questi materiali è per lo più controllata dalle economie forti, prima su tutte la Cina. E il processo di estrazione ha un rilevante impatto sugli ecosistemi: provoca alterazioni sostanziali nella morfologia e la struttura del paesaggio naturale, inclusa la perdita di biodiversità, l’inquinamento delle risorse idriche e l’erosione del suolo.

La proposta del team della Texas A&M University è dunque con tutta evidenza un passo avanti per la riduzione di questi impatti e della dipendenza dalle materie prime critiche. Il rischio però è che la scelta al tempo stesso protezionistica e finalizzata a ridurre alcuni impatti finisca per aumentare la pressione sull’industria del rame, già elemento chiave per celle fotovoltaiche e turbine eoliche, che richiedono fino a 5.000 tonnellate per Gigawatt installato. L’elevata domanda attesa nei prossimi anni, inclusi i 42,5 milioni di tonnellate necessari per elettrificare il 30% del parco auto mondiale entro il 2030, pone interrogativi su estrazione, costi e impatti ambientali e sociali. In attesa di pratiche di recupero dai rifiuti elettronici più avanzate e diffuse, l’aumento della domanda di rame spingerebbe alla ricerca di nuovi giacimenti minerari, rischiando di amplificare le pressioni antropiche sugli ecosistemi. 

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Un’innovazione applicabile in diversi settori 

Il team di ricerca della TAMU ha l’obiettivo di introdurre questo motore innovativo sul mercato e di avviare una propria azienda per svilupparlo ulteriormente. Sono già molto avanti nel processo, infatti hanno ottenuto brevetti USA e hanno già fatto domanda per altri brevetti. Grazie a queste risorse e alla protezione legale, sperano di poter rivoluzionare il settore con soluzioni tecnologiche avanzate e sostenibili. E, perché no, guadagnare anche molti soldi. Gli ambiti di applicazione del motore senza terre rare, infatti, sono tanti e diversi. “Una delle principali industrie interessate sarebbe quella automobilistica”, continua Talebi. “Questa idea può essere estesa anche alle turbine eoliche, alle energie rinnovabili e ai sistemi di trasporto”. 

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