dal sogno americano di Vincenzo Esposito ai soldoni della NCAA

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Da qualche anno, senza calcare troppo la mano per timore di annoiare i nostri lettori più distratti, abbiamo messo in evidenza che il nuovo sistema di reclutamento della NCAA fondato sul NIL, ovvero la possibilità concreta di remunerare i propri atleti, avrebbe messo in crisi non solo la produzione di giocatori europei di alto livello (fondato parallelamente sul contratto collettivo di lavoro dei giocatori CBA della NBA) ma anche la crescita dei prospetti con conseguente depauperamento dei vivai dei club, specialmente i minori, sia in giocatori che in ritorno economico necessario per la sopravvivenza.

L’allarme non è stato interessante per chi guida la nostra pallacanestro, e non ci si poteva attendere altro, al confronto con una Spagna che ha già mandato un paio di generazioni in NBA, e si appresta a spedire la terza ondata o di una Francia che ha monopolizzato negli ultimi due anni il draft NBA, per tacere di un Canada che sta raccogliendo i frutti di un lavoro continuo di dieci anni anche a livello di Nazionale. Così tra il 2023 e il 2024 sono sorte anche agenzie di giocatori che guardano ai giovanissimi. Quattro ESSE: sogno, studio, successo, soldi.

Lavorare con questi giovani atleti e vedere la loro motivazione nell’inseguire il sogno americano mi riporta a quando era adolescente io”, ci ha detto  Vincenzo Esposito, responsabile del Player Development per Hoopers Bridge e leggenda della pallacanestro italiana, nonché capo allenatore ai camp di alta specializzazione organizzati da Hoopers Bridge, agenzia frutto dell’esperienza e della passione di Nicolò Scaglia, ex cestista italiano cresciuto nel vivaio di College Borgomanero e con un trascorso nei camp americani alla Syracuse University e alla University of Cincinnati, e di Daniele Proch, laureato alla Duke University in North Carolina.

Nell’estate scorsa Hoopers Bridge aveva già permesso a 12 giovani cestisti italiani di vivere il sogno americano tramite l’ottenimento di borse di studio nelle high school e nei college in USA. Questi ragazzi si trovano attualmente nei vari campus in giro per l’America, precisamente nelle location di Oakland (California), San Francisco (California), Miami (Florida), Austin (Texas), Detroit (Michigan), Buffalo (New York), Layton (Utah), Franklin Springs (Georgia), Springfield (Massachusetts), Barnesville (Georgia) e Philadelphia (Pennsylvania). E il lavoro continua, visto che le Università statunitensi sono tante e hanno fame di talenti e vittorie.

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Notare che per la maggior parte di loro, oltre la laurea, questo sarà il periodo della loro vita più ricco in termini economici. L’età per affidarsi ad un agente quindi si sta notevolmente abbassando e tante società stanno confusamente rivedendo la loro organizzazione di reclutamento, senza potersi appoggiare a una federazione che nemmeno nelle chiacchiere elettorali che hanno prosciugato ogni risorsa intellettuale in questi mesi ha saputo esprimere un intendimento sul da farsi. Saremo travolti da questo tsunami under 18?

Per fortuna bisogna avere un diploma per accedere alle Università. Per cui ad esempio un Luigi Suigo dell’Olimpia Milano dovrà attendere ancora un anno prima di spiccare il volo che i migliori tre prospetti in Spagna del Real Madrid e Barcelona hanno già fatto in estate 2024. Quindi ci si deve arrendere all’evidenza che la potenza economica più delle strutture sportive di avanguardia più il sogno americano sono sirene che sfondano qualsiasi resistenza sonora, anche quella del prode Ulisse.

Cosa fare in assenza di una normativa a riguardo? Non saranno certo i programmi FIP dei 100 campetti e di ‘Ogni regione conta’ a salvare il conto economico delle società di pallacanestro giovanile. Occorre la consapevolezza di riscrivere i contratti dei giovani inserendo clausole di buyout per i più giovani, e concedendo ai più grandi un contratto professionistico più velocemente della tempistica fin qui adottata. Ma non possono essere dei genitori, quasi tutti sprovveduti a riguardo, a gestire il futuro dei propri figli. Alle spalle c’è un altro pericolo: quello di uccidere i sogni e allontanare i ragazzi dalla pallacanestro.





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