Pensioni 2025, la cantonata senza precedenti del Pd su Meloni: sbugiardati – Libero Quotidiano

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 



Ignazio Stagno

Il Pd è davvero in stato confusionale. Incassare in pochi giorni due colpi come l’incontro lampo di Meloni con Trump a Mar-a-Lago che pone l’Italia in prima fila al fianco degli Stati Uniti che verranno e il caso Todde che ha fatto deflagrare il campo largo in salsa sarda non è roba facilmente digeribile. E così ci pensa Arturo Scotto, il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, a sparare la balla della Befana attaccando Giorgia Meloni sul fronte pensioni. Un fallo di reazione scomposto e poco ragionato, molto di pancia. L’accusa è di quelle pesanti: “Il governo ha tagliato gli assegni”, per fare una sintesi. Ma si apprezza meglio l’assolo del piddino alla batteria delle balle riportando le sue parole: “La destra che aveva promesso di abolire la Fornero taglierà del 2 per cento le pensioni agli italiani dal primo gennaio del 2025 attraverso la revisione dei coefficienti di trasformazione. È una ingiustizia insopportabile: agli evasori il condono, a chi ha lavorato tutta la vita ancora una volta sacrifici.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Una vera e propria rapina di Stato. Chiediamo di rivedere questa decisione gravissima”. Ma Scotto forse conosce davvero poco la materia previdenziale e quindi soffre di amnesia a cui proviamo a porre rimedio. L’aggiornamento non è frutto di una decisione del governo. Il coefficiente di trasformazione, il multiplo che trasforma il montante in assegno previdenziale, viene adeguato ogni due anni in base alla speranza di vita. E poiché si vive sempre di più e si prende la pensione per più anni, il coefficiente scende e fa calare l’assegno. E da quando è stata introdotta la revisione di questo parametro ci sono stati ben sette aggiornamenti tutti in negativo dal 2009. Unica eccezione il biennio di 2023-2024 perché con la pandemia era aumentata statisticamente la probabilità di morte. Poi il coefficiente è sempre stato in picchiata. Nel 2025 per chi lascerà il lavoro con i requisiti previsti per la pensione di vecchia a 67 anni il coefficiente è a 5,608 per cento. Lo scorso anno era al 5,723 per cento e nel 2009, anno in cui appunto debutta il primo cambiamento biennale, era al 6,136 per cento. E il principio della norma è abbastanza chiaro: più si allunga la speranza di vita e più basso sarà l’importo del rateo, il tutto per garantire la tenuta del sistema. Nel dettaglio la riduzione dei coefficienti potrebbe oscillare tra l’1,5% e il 2,18% a seconda dell’età in cui si lascia il lavoro.

 

 

Di fatto su base annua la differenza tra un lavoratore che è andato in pensione nel 2024 e uno che invece andrà via nel 2025 o nel 2026 dovrebbe toccare circa i 300 euro da spalmare su 12 mensilità. Quindi per un lavoratore medio con un reddito da circa 30.000 euro, fino al 2024, il suo coefficiente sarebbe stato del 5,7%, che gli avrebbe consentito, con un montante contributivo di circa 284mila euro, una pensione di circa 1.250 euro al mese. Contro gli attuali 1.225 euro calcolati sulla base del nuovo coefficiente, fissato al 5,6%. Ma tornando alle piroette dem, non è la prima volta che gli esponenti del Nazareno usano le pensioni per infangare l’esecutivo. Anche lo sbraitare sulle pensioni minime aumentate di “3 euro” è una fake news. Infatti l’esecutivo lo scorso anno con una rivalutazione straordinaria messa sul campo dal Mef ha messo sul campo un incremento a quota 2,7 per cento proprio per gli assegni minimi portandoli a 614 euro dai precedenti 598.

E l’aumento per il 2025 che fa toccare ai ratei i 617 euro non è basato sui 614 del 2024, ma sul dato puro, i 598 euro al netto della rivalutazione straordinaria che (lo dice la stessa parola) sarebbe dovuta decadere l’1 gennaio di quest’anno. Invece l’esecutivo ha confermato la rivalutazione extra e ha adeguato le minime all’inflazione. Per quanto riguarda invece gli altri assegni, per le pensioni fino a 4 volte il minimo Inps (2.100 euro lordi) la rivalutazione è al 100% con aumento dell’1,6% (33 euro per la soglia massima); per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (tra 2.100 e 2.600 euro lordi) l’aumento sarà il 90% dell’1,6% (37 euro per la soglia massima); per le pensioni oltre 5 volte il minimo (2.600 euro lordi) l’aumento sarà il 75% dell’1,6% (31 euro per la soglia minima). Qui i fatti. Poi c’è la propaganda della sinistra. Ma forse nel caso di Scotto sarebbe stata sufficiente un’occhiata ai coefficienti rivisitati sotto i governi Pd per tacere. Posto che qui, destra o sinistra, gli importi si aggiornano automaticamente ogni due anni. Non certo per una volontà politica.

 

 

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Source link