Il presidente non arretra: «Farebbero prima a dire che dobbiamo toglierci dalle scatole…». E salva gli assessori
Premesso che il Consiglio dei ministri in cui si ufficializzerà la scelta dell’esecutivo di impugnare la norma campana sul terzo mandato è slittato a giovedì, Luca Zaia non molla di un millimetro su quello che per lui sarebbe il quarto. L’impugnazione una pietra tombale? Niente affatto, risponde il presidente del Veneto che va «all in» affidandosi al giudizio della Corte Costituzionale.
Nessuna pietra tombale
«Se il Governo dovesse impugnare la legge della Regione Campania sul terzo mandato, non sarebbe una pietra tombale. – ha detto martedì il presidente rispondendo alle domande dei giornalisti – A quel punto dovremmo capire cosa dirà la Corte Costituzionale, che potrebbe anche aprire un vaso di Pandora sulla costituzionalità o meno del blocco dei mandati». Zaia ostenta una calma olimpica rispetto a chi vaticina una ineluttabile chiusura del suo lungo capitolo da governatore: «Per ora non perdo il sonno, continuiamo ad amministrare». Salvo poi aggiungere che «si adduce il rischio di creare centri di potere su Regioni e grandi Comuni ma questo equivale a dare degli idioti ai cittadini, sarebbe più onesto dire “alcuni non riesco a togliermeli dalle scatole e allora difendo il limite dei mandati”».
Manca un’era geologica
Venezia e la Consulta, un binomio sempre più stretto in cui si intreccia un po’ di tutto, dal referendum abrogativo per l’Autonomia (13 gennaio) all’impugnazione della legge contro tutti, incluso il suo Pd, del «gemello diverso» Vincenzo De Luca. Un asse inedito di due traiettorie parallele. Sanguigno ai limiti del caricaturale il campano De Luca, misurato e accorto il veneto Zaia. Entrambi, però, forti di un consenso che valica partiti e coalizioni. La matassa, però, resta ingarbugliata: quanto ci metterà la Corte a dirimere la questione di costituzionalità del limite ai mandati? Si parla di dieci mesi ma, così, salvo contrordini, ci si ritroverebbe a ridosso della scadenza elettorale sia per il Veneto che per la Campania. E che le urne si apriranno tra fine settembre e inizio ottobre sembra essere anche la convinzione dello stesso Zaia che, parlando dell’altra matassa da districare, quella di un centrodestra ormai armato fino ai denti per strappare il prossimo candidato alla presidenza di palazzo Balbi, ha detto: «Mancano dieci mesi alle Regionali, un’era geologica».
«A tempo debito»
Sulla prossima, cruciale, tornata elettorale, il governatore pesa le parole, come sempre, ma i messaggi agli alleati, nello specifico ai Fratelli, filtrano cristallini: «È legittimo che tutti possano avere aspettative e chiedere il Veneto, significa che siamo molto attrattivi per la politica. Ma se qualcuno dovesse imporre un candidato, magari non particolarmente gradito agli elettori, non ci sarebbe la doverosa attenzione ai cittadini. Da un lato è legittimo avanzare pretese, ma dall’altro stiamo parlando di una carica elettiva e quindi non si può giocare a domino a prescindere, ci dev’essere una forma di consenso popolare». Come a dire che il dogma di un Veneto fedele al centrodestra a prescindere potrebbe non essere così incrollabile se si puntasse sul nome sbagliato, soprattutto dopo quindi anni di pax zaiana. «Ad ogni modo – ha proseguito il presidente veneto-, mi sembra prematuro ogni “sgambamento” a bordo campo. Mancano ancora dieci mesi, è un’era geologica, può succedere di tutto. Per quanto mi riguarda, io scioglierò i dubbi a tempo debito».
La questione degli assessori
La sensazione, leggendo fra le righe, è che Zaia, candidato/candidabile o meno, sulle prossime Regionali peserà eccome, forte di un consenso che, se tradotto in un endorsement pubblico, potrebbe mettere una seria ipoteca sul futuro politico della Regione. Che l’ombra lunga del «presidente più amato» si stenderà comunque sulla prossima giunta regionale è una tesi corroborata da alcuni indizi. Il più forte riguarda un altro limite ai mandati, quelli dei suoi stessi assessori. «La questione va risolta, – ha detto Zaia – avevamo detto che ne avremmo riparlato dopo l’approvazione del bilancio regionale. E il bilancio l’abbiamo approvato». Certo, il tema è quanto mai indigesto alla pattuglia dei consiglieri regionali del Carroccio che, proiezioni di voto alla mano, vedono assottigliarsi la possibilità di una rielezione, è delicatissimo.
Le nuove leve
Qualche tentativo in questo senso è stato fatto dallo sherpa Alberto Villanova (capo dell’intergruppo Lega a palazzo Ferro Fini), si è cercato un coinvolgimento anche di Alberto Stefani, il segretario regionale, che però si trova nella non semplice situazione di difendere spazi per le nuove leve su cui sta puntando proprio da segretario. Perché allora «salvare» gli attuali assessori? Perché se non ci sarà uno Zaia quater, assicurano i colonnelli, ci saranno comunque Elisa De Berti e Manuela Lanzarin, le fedelissime destinate a difendere l’eredità zaiana, dalle Infrastrutture alla Sanità.
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