Allo Stato sta costando cara la mancata stabilizzazione dei docenti di religione: dopo il risarcimento record deciso alla vigilia di Natale dal Tribunale di Torino, stavolta è il giudice del lavoro di Perugia a condannare l’amministrazione scolastica al pagamento di una somma maxi, sempre a causa delle reiterazione immotivata delle supplenze, da assegnare ad una docente che ha svolto supplenze per circa vent’anna senza mai avere nemmeno la possibilità di svolgere il concorso. Una mancanza, quest’ultima, particolarmente grave, dal momento che per legge dovrebbe essere bandita una procedura concorsuale ogni triennio.
Nella sentenza è stato spiegato che il danno prodotto è evidente e che quindi lo Stato dovrà pagare alla docente “la somma di € 41.114,72”, pari a 16 mensilità, “tenendo conto dei ventidue anni di servizio della docente e della gravità delle violazioni oltre al maggior importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria maturato sulla sorte dalla data odierna al saldo”. Una cifra davvero considerevole che il giudice ha voluto assegnare alla docente si per allinearsi alle indicazioni europee, a iniziare dalla Direttiva UE 70/CE del 1999 fino al recente deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea per l’eccesso di supplenze e mancate stabilizzazioni, sia anche per scoraggiare violazioni future. Ma anche per dare seguito al Decreto Legge 131/2024, con cui si è inteso proprio garantire indennizzi proporzionati e dissuasivi: oggi, non è un caso, sono diventate 24 le mensilità assegnabili al danneggiato come risarcimento.
Secondo il giudice, la reiterazione illegittima di contratti a termine è stata evidente: infatti, si legge ancora nella sentenza è stata assunta “per ben ventidue anni scolastici consecutivi dall’a.s. 1999/00 all’a.s. 2020/21 per l’intera annualità dal 1.9 al 31.8 in assenza di esigenza sostitutive o temporanee senza fruire dell’opportunità di prendere parte ai concorsi per l’immissione in ruolo che l’amministrazione scolastica non ha bandito per vent’anni dal 2004 al 2024”. Il concorso, sottolinea ancora il giudice del Tribunale di Perugia, si sarebbe dovuto attuare anche “per assicurare il conseguimento di obiettivi di buon andamento dell’amministrazione”.
Nel ricorso, i legali Anief della docente hanno contestato che tale pratica violava sia l’art. 36 del d.lgs. 165/2001 sia la Direttiva Europea 1999/70/CE, che impone agli Stati membri di prevenire abusi nell’uso di contratti a termine successivi. Inoltre, ha evidenziato che l’ultimo concorso per il reclutamento di insegnanti di religione risaliva al 2004, lasciandola senza possibilità di stabilizzazione per quasi due decenni. I giudici hanno riscontrato che l’abuso contrattuale era aggravato dall’omissione ministeriale di bandire concorsi triennali come previsto dalla legge n. 186/2003, un obbligo sistematicamente disatteso fino al 2024. Va aggiunto che la sentenza si inserisce nel contesto delle modifiche introdotte dal Decreto Legge 131/2024, che ha aggiornato il sistema di risarcimento per abusi nei contratti a termine nel settore pubblico. Il nuovo art. 36, comma 5, del d.lgs. 165/2001 prevede che Il lavoratore abbia diritto a un’indennità tra 4 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del TFR. L’entità del risarcimento sia determinata dal giudice in base alla gravità dell’abuso, al numero di contratti e alla durata complessiva del rapporto di lavoro.
LE CONCLUSIONI DELLA SENTENZA DI PERUGIA
P.Q.M.
definitivamente pronunciando:
– condanna il resistente a corrispondere alla ricorrente, a titolo di risarcimento danni per le considerazioni di cui in motivazione, la somma di € 41.114,72, oltre al maggior importo tra interessi legali e rivalutazione monetaria maturato sulla sorte dalla data odierna al saldo;
– condanna il resistente a rifondere alla ricorrente le spese di lite, che qui si liquidano nell’importo di € 259,00 per C.U. versato ed € 3.470,00 per compenso professionale, oltre r.f., Iva e Cap come per legge, da distrarsi in favore degli avv.ti Francesco Cerotto, Melissa Cogliandro, Walter Miceli e Fabio Ganci.
Perugia, il 20.12.2024
IL GIUDICE
COSA FA ANIEF PER CONTRASTARE L’ABUSO DI PRECARIATO
Alcuni mesi fa, Anief ha pubblicato un manifesto in cui ricordava le battaglie fatte dalla sua fondazione e aveva chiesto, con un emendamento al decreto Salva Infrazioni, delle precise modifiche per attuare il principio di non discriminazione tra personale precario e di ruolo, quindi per estendere il doppio canale di reclutamento alle graduatorie di tutti gli idonei e a quelle delle supplenze. Nel frattempo, dopo quasi tre lustri di lotte per convincere lo Stato italiano a stabilizzare i precari e garantire la parità di trattamento e risarcirli adeguatamente, giusto un mese fa Anief ha ottenuto dal nostro Governo il raddoppio dell’indennizzo per mancata immissione in ruolo arrivando a produrre ricorso al giude per ottenere 24 mensilità, quasi 40mila euro netti recuperati sempre a seguito dell’abuso dei contatti a a tempo determinato.
L’ANNUNCIO DI OTTOBRE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
La notizia del deferimento dell’Italia da parte della Commissione europea.
Bruxelles, 3 ottobre 2024
Oggi, la Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per non aver posto fine all’uso abusivo dei contratti a tempo determinato e alle condizioni di lavoro discriminatorie (Direttiva del Consiglio 1999/70/CE). Secondo la Commissione, l’Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione riguardo alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di contratti a tempo determinato successivi.
La Commissione rileva che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non prevede un progresso salariale incrementale basato sui periodi di servizio precedenti. Questo costituisce una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progresso salariale. Inoltre, contrariamente alla legge dell’UE, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’uso abusivo dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Ciò viola la normativa dell’UE sui contratti a tempo determinato.
La Commissione ha avviato la procedura di infrazione inviando una lettera di diffida formale alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da un’ulteriore lettera di diffida formale nel dicembre 2020 e da un parere motivato nell’aprile 2023. La decisione odierna di deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea segue le lamentele espresse nel parere motivato, alle quali l’Italia non ha risposto in modo sufficiente rispetto alle preoccupazioni della Commissione. Saranno oggetto di ulteriore valutazione e possibile azione futura le lamentele riguardanti la mancanza di misure efficaci per penalizzare e risarcire l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato in altre parti del settore pubblico.
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