CORIGLIANO-ROSSANO – La morte del giovane 48enne di San Giovanni in Fiore, deceduto dopo un malore in attesa di ricevere soccorso medico, ha riacceso il dibattito sul diritto alla salute dei cittadini delle aree interne. Queste aree rivendicano da anni l’accesso equo e agevole ai servizi sanitari. Troppo spesso isolate e caratterizzate da notevoli difficoltà geografiche e logistiche, queste zone vivono il disagio di strutture sanitarie spesso carenti o del tutto inesistenti. Le lotte portate avanti negli anni da associazioni, sindacati e cittadini si sono quasi sempre concluse con grandi promesse e risicate conquiste rendendo – ancora oggi – il tema di grande attualità.
Il grido d’allarme sulla questione è stato rilanciato poche ore fa da Cisl Longobucco, che ha ribadito la necessità di non restare inermi difronte all’ennesima tragedia consumatasi nei giorni scorsi nel comune montano: «Non possiamo continuare a rassegnarci difronte alla nostra condizione di piccole comunità “maledette” a causa delle scelte di coloro che hanno deciso di farci vivere una vita priva di servizi essenziali come quelli della sanità».
«Una realtà – esortano i membri del sindacato – che dobbiamo cambiare, tutti insieme, prima che i nostri piccoli centri diventino cimiteri. Una vita non può rimanere appesa a tempi di soccorso lunghi per un’ambulanza che viaggia senza personale sanitario e ad un elisoccorso che non può alzarsi in volo perché c’è la nebbia. Non può andare sempre bene come tante volte è successo. Una vita è una vita e nessuno può continuare a far finta di niente. Basta con le condoglianze e i pianti di coccodrillo!»
Il sindaco ha assunto un deliberato provocatorio “Vietato ammalarsi nelle zone interne”. «Oltre alla provocazione – rimarcano – è necessario un impegno straordinario che coinvolga tutti i comuni interni. È l’ora della responsabilità».
Poi la proposta: «Ciò che auspichiamo è che si crei un grande movimento che coinvolga istituzioni locali, forze politiche, sindacali, sociali, associazioni, chiesa. Ognuno si scuota dalla propria rassegnazione, per una battaglia comune che costringa i livelli regionali e nazionali ad assumere scelte che impediscano di morire per mancanza di strutture e servizi sanitari e ridiano dignità vera ai cittadini di tante piccole realtà che vogliono continuare, nonostante tutto, a vivere».
Il fatto di cronaca solleva, però, un altro problema, e cioè quello delle ambulanze non medicalizzate che per molti non garantirebbero un soccorso adeguato. Secondo la Siiet (Società Italiana infermieri d’emergenza) queste informazioni erronee «creano nella popolazione, che solitamente è poco o male informata, preoccupazioni ed allarmismi ingiustificati sulla qualità delle cure in emergenza». «La letteratura scientifica – sottolineano – ha dimostrato che è proprio la presenza dell’infermiere a ridurre inequivocabilmente gli esisti negativi. Dubitare sulla presenza di questa figura significa asserire che gli infermieri potrebbero non avere le competenze necessarie per gestire le emergenze».
Una formula dunque assolutamente opportuna che, forse, andrebbe solo ben collaudata.
A complicare il quadro desolante delle aree periferiche in tema di sanità è la questione delle guardie mediche. L’alto jonio da tempo si batte per un servizio continuativo. Le prestazioni a singhiozzo, infatti, stanno compromettendo il regolare svolgimento del servizio.
Nei giorni scorsi l’Asp di Cosenza – Distretto Area Nord ha comunicato l’operatività di questo servizio sanitario almeno per alcuni giorni alla settimana. A Villapiana, ad esempio, la sede sanitaria sarà aperta al pubblico per soli otto giorni nel mese gennaio.
Così ha fatto sapere in un’apposita comunicazione la referente del Distretto Maria Beatrice Filici che, oltre ad informare il sindaco Vincenzo Ventimiglia, ha comunicato il tutto al primo cittadino di Trebisacce Franco Mundo e alla locale Stazione dei Carabinieri guidata dal comandante Natale Labianca, nonché ai colleghi di Sibari che operano sotto le direttive del luogotenente Luigi Potenza, e per conoscenza al Direttore generale dell’Azienda sanitaria bruzia Antonello Graziano.
Secondo quanto comunicato, la struttura medica, rimasta aperta il 4 e 5 gennaio, rimarrà a disposizione dell’utenza l’11, il 12, il 18, Il 19, il 25 e il 26. Solo otto giorni su 31. Davvero pochi.
Stessi disagi anche per Amendolara e Roseto Capo Spulico dove la sindaca, Maria Rita Acciardi, insieme all’intera Amministrazione comunale, ha dato vita, nei mesi scorsi, ad una vera e propria protesta pacifica che aveva trovato il favore anche di altri amministratori locali. L’appello di Acciardi era poi stato accolto della Presidente della Terza commissione regionale Sanità, Pasqualina Straface, la quale aveva incontrato il Dg dell’Asp, Graziano, per discutere del caso e trovare una soluzione.
Nel frattempo, in attesa di risolvere in via definitiva l’annosa faccenda, i cittadini continuano a vedere negato un diritto fondamentale che stentano a far valere.
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