la Sardegna in Serie D ha un grosso problema

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Non mi alleno, anzi sì. Il siparietto, poco simpatico, si è consumato nelle scorse ore a Olbia. Nell’ennesimo capitolo di quella che è ormai una saga svizzera, non esattamente con effetti da cinema ma sicuramente non priva di colpi di scena. Come ben raccontato dalla collega Ilenia Giagnoni, la squadra gallurese ha minacciato la società di scioperare in attesa dei pagamenti in arretrato delle scorse mensilità che tardano ad arrivare. E dalle parti del Nespoli il balletto sui bonifici è diventato ormai un’abitudine, almeno stando a spifferi e racconti dei ben informati e dei diretti interessati.

Momento nero

Il prossimo derby in casa contro il Latte Dolce dirà probabilmente molto del futuro, sia dell’allenatore Zé Maria sulla panchina gallurese che in generale dei bianchi nella corsa salvezza nel girone G della Serie D. In una stagione partita con le frasi mirabolanti di vittoria del campionato e che sta proseguendo nel silenzio e nel non detto, con in mezzo comparse turche, bandiere del club messe alla porta, come La Rosa, e un progetto tecnico che ricorda molto la scelta dell’anguria dal fruttivendolo in estate: si va a tentativi, spesso maldestri. Ma la situazione dell’Olbia, sicuramente quella che fa più rumore anche per la tradizione della piazza e per il passato recente del club tra i professionisti, è solo la punta dell’iceberg di un movimento calcistico isolano in fortissima apnea in quarta serie.

Declino

Chi ci segue dai nostri inizi, sa bene che Centotrentuno ha sempre costruito un filo diretto con la Serie D. Il primo campionato dilettantistico per noi è stato una scelta dichiarata anni fa nel racconto dello sport isolano. Storie, calciatori e speranze di club, sia dal passato importante che emergenti, che abbiamo provato a raccontare a nostro modo, con schiettezza ma facendo anche tanti sacrifici per dare risalto, sempre gratuitamente, alle varie realtà locali. Tutto questo nell’ultimo periodo è diventato quasi impossibile. Spesso è capitato di trovare dei muri anche nel voler realizzare una semplice rubrica video settimanale dove scambiare due chiacchiere con dei calciatori. Ci sono club che sia in casa che in trasferta, in base al risultato, decidono di mettersi in silenzio stampa, sia che si vinca o che si perda. Una sorta di tentativo mal riuscito di nascondere problemi, paure e ansie con il silenzio o con il gioco del nascondino, ma che in realtà mette solo maggiormente in evidenza un’organizzazione e una mentalità che non ti aspetteresti da delle realtà della quarta serie.

Preoccupazione

E sia chiaro, queste poche righe non vogliono essere un’accusa nei confronti di nessuno. Ognuno è padrone delle proprie scelte. Ma nella settimana in cui per la maggior parte delle squadre isolane di Serie D sono arrivati dei risultati anche positivi ci sembrava doveroso, da amanti della categoria e da giornalisti che hanno costruito rapporti anche fuori dal campo raccontando le sarde in Serie D negli ultimi anni, lanciare quello che vuole essere un vero e proprio campanello d’allarme. Dall’esterno ci sembra che il livello generale, salvo alcune eccezioni, si voglia piano piano uniformare al famoso modo di dire: “io speriamo che me la cavo”. E ci sembra un peccato, sia per le potenzialità delle piazze attualmente nel girone G in Sardegna che per il passato recente di un’isola che da Lanusei ad Arzachena, dalla Torres al Latte Dolce, per citarne alcune, ha portato diverse realtà al vertice del primo torneo dilettantistico negli ultimi anni. Senza però trovare quella maledetta continuità che manca troppo spesso nello sport di questa parte di mondo. Avere quattro squadre su cinque sul fondo della classifica dopo oltre un girone ci preoccupa e ci rattrista, da appassionati ancor prima che da professionisti. Ma quello che soprattutto ci delude è vedere un clima generalizzato che tende a un pericoloso declino e una tendenza sempre più diffusa al nascondere sotto il tappeto quello che non si può nascondere nemmeno sotto un piumone king size. In estate alcuni ci criticarono per la dura linea scelta nei confronti della proprietà dell’Olbia quando promise grandi progetti per la stagione in corso. Oggi come allora ve lo ricordiamo: la nostra non vuole essere un’accusa verso quella o l’altra squadra, ma un avvertimento di percepito pericolo da parte di chi in questi ultimi anni ha rinunciato ad affetti, soldi e tempo personale per raccontare gratuitamente la Serie D sarda e che oggi vede delle evidenti difficoltà nell’intero movimento. La speranza è di sbagliarci, ma la Sardegna ha un grosso problema in Serie D e la classifica attuale non è dettata da sfortune o episodi di campo, ma da scelte extra-campo che stanno mancando per forza e lungimiranza.

Roberto Pinna

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