Pensioni per le donne nel 2025: uno per uno i vantaggi da chiedere all’INPS

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Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


Dopo l’ultima legge di Bilancio del governo, andare in pensione per le donne può risultare più facile di prima. Questo perché sono state introdotte novità che potenziano benefici e agevolazioni che alcune lavoratrici potevano già sfruttare in passato. Ecco una guida sulle pensioni per le donne nel 2025.

Confermata opzione donna anche nel 2025, ecco come

La pensione anticipata con calcolo contributivo obbligatorio da accettare, meglio nota come opzione donna, è una misura che anche nel 2025 sarà in attività. Potranno sfruttarla, a partire dai 59 anni di età e con 35 anni di contributi, le lavoratrici di grandi aziende che hanno tavoli di crisi avviati in sede ministeriale e le licenziate.

Oppure le invalide almeno al 74% con almeno 2 figli. O ancora le caregiver che convivono con un parente disabile grave da almeno 6 mesi. Anche parenti e affini fino al secondo grado. Ma solo se questi non hanno parenti di primo grado. O se i loro parenti di primo grado sono over 70 o invalidi, sempre con almeno 2 figli avuti. Invalide e caregiver senza figli possono invece sfruttare opzione donna a 61 anni di età, mentre con un solo figlio a 60 anni.

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Si ricorda che i requisiti, sia quello anagrafico sia quello contributivo, devono essere completati entro la fine del 2024. Inoltre, per chi ha maturato 35 anni di versamenti già alla data del 31 dicembre 2021, se a quella stessa data aveva già 58 anni (se lavoratrice dipendente) o 59 anni (se lavoratrice autonoma), potrà andare in pensione a prescindere dalla categoria di appartenenza, grazie alla cristallizzazione del diritto alla vecchia opzione donna.

La pensione anticipata ordinaria, le donne sono o non avvantaggiate?

Le pensioni di vecchiaia per uomini o donne si perfezionano sempre con 20 anni di contributi e 67 anni di età. Nessuna differenza di genere, quindi. Ma per l’altra misura ordinaria, ossia per le pensioni anticipate senza limiti di età, le lavoratrici godono di un vantaggio: infatti, se gli uomini devono arrivare a 42 anni e 10 mesi di versamenti, le donne ne devono completare 41 anni e 10 mesi.

Non tutte le donne o le lavoratrici, tuttavia, sono uguali di fronte alle regole per andare in pensione. Infatti, chi ha avuto dei figli può godere di ulteriori agevolazioni, sia in termini di età anagrafica di uscita sia di calcolo della pensione. Tali vantaggi possono valere anche per le pensioni di vecchiaia, ma riguardano solo le lavoratrici che hanno il primo accredito successivo al 31 dicembre 1995, poiché i benefici sulle pensioni in collegamento ai figli sono una possibilità esclusiva delle contributive pure.

Pensioni più alte per le donne? I coefficienti sono migliori, ma va fatta una domanda

Le pensioni per chi ricade interamente nel sistema contributivo (cioè chi ha il primo accredito di contributi, di qualunque tipologia, successivo al 31 dicembre 1995) sono calcolate in base al montante. Tutti i contributi versati confluiscono in questo montante contributivo, che alla data del pensionamento viene rivalutato al tasso di inflazione e poi moltiplicato per i coefficienti di trasformazione. Questi coefficienti, da poco aggiornati per il biennio 2025-2026 (e peggiorati), diventano più vantaggiosi quanto più alta è l’età di uscita.

Per le lavoratrici che ricadono nel sistema contributivo è possibile chiedere all’INPS l’utilizzo di un coefficiente corrispondente a uno o due anni in più rispetto all’età effettiva di uscita dal lavoro, ma sempre in base al numero di figli avuti. In particolare, per chi ne ha avuti uno o due, il coefficiente migliora di un anno. Mentre per chi ne ha avuti 3 o più, il coefficiente migliora di due anni.

Per esempio, una lavoratrice che esce a 67 anni potrebbe avere una pensione calcolata con il coefficiente di 68 o 69 anni. Lo stesso vale per le lavoratrici che, avendo iniziato a versare dopo il 1995, possono andare in pensione a 64 anni con le anticipate contributive, ma ricevendo una pensione calcolata con il coefficiente di 65 o 66 anni.

I vantaggi alternativi al miglior calcolo del trattamento

Sempre per le donne, sia per le pensioni di vecchiaia sia per le pensioni anticipate contributive, esiste la possibilità di rinunciare al vantaggio del calcolo migliore della prestazione, anticipando fino a 16 mesi l’età di uscita, naturalmente in base al numero di figli avuti.

La novità introdotta quest’anno è un ampliamento di questo sconto sull’età di uscita. Ogni figlio vale 4 mesi di sconto sia sui 67 anni delle pensioni di vecchiaia ordinarie, sia sui 71 anni delle pensioni di vecchiaia contributive, sia sui 64 anni delle pensioni anticipate contributive. In pratica, qualsiasi misura contributiva (non quelle opzionali) offre a determinate lavoratrici il vantaggio di uscire prima dei requisiti previsti. Un vantaggio di 4 mesi a figlio, per un massimo di 16 mesi totali, spettante a chi ha avuto almeno 4 figli.

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In tal modo, si può lasciare il lavoro già a 62 anni e 8 mesi di età per chi rientra nelle pensioni anticipate contributive. Oppure a 65 anni e 8 mesi per chi rientra nelle pensioni di vecchiaia ordinarie come contributive pure. E, infine, a 69 anni e 8 mesi per chi rientra nella pensione di vecchiaia contributiva, che si consegue normalmente a 71 anni con 5 anni di versamenti.

Pensioni a 64 anni di età, ecco i vantaggi delle lavoratrici

Le pensioni anticipate contributive a 64 anni con 20 anni di versamenti richiedono il rispetto di alcuni vincoli di importo minimo. Tali vincoli, per le donne con figli, sono meno gravosi. Se per uomini e donne senza figli la pensione deve raggiungere 3 volte il valore dell’assegno sociale, per le lavoratrici che hanno avuto un solo figlio la soglia scende a 2,8 volte. Mentre per quelle che ne hanno avuti due o più scende a 2,6 volte.

Infine, va ricordata un’altra misura che offre un notevole vantaggio per le donne: la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile.

Misura destinata solo a determinati invalidi. Essa richiede una carriera contributiva minima di 20 anni e un grado di invalidità pensionabile pari almeno all’80%. Quindi non invalidità civile, ma riduzione della capacità lavorativa specifica per il lavoro svolto. Per gli uomini, il requisito di età previsto è 61 anni. Ma per le donne il vantaggio è ancora superiore, perché possono accedere a questo canale già a 56 anni di età.



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