Il Csm ha approvato un parere fortemente critico sul ddl costituzionale all’esame della Camera, che contiene la separazione delle carriere dei magistrati.
Il Csm ieri sera ha approvato un parere molto critico sulla riforma della Giustizia che contiene la separazione delle carriere, la costituzione di due Consigli Superiori della magistratura separati e l’istituzione di un’Alta Corte per la giurisdizione disciplinare dei magistrati, contenuta nel disegno di legge costituzionale del governo, appena approdato alla Camera per l’esame. Mentre la maggioranza ha blindato il testo, per accelerare l’iter ed evitare ulteriori modifiche chieste da Forza Italia – gli azzurri in particolare chiedevano di escludere i componenti laici del Csm, avvocati e accademici scelti dal Parlamento, dall’elezione con sorteggio che sarebbe rimasta invece per i togati – il Csm si è espresso negativamente sul ddl governativo sulla separazione delle carriere dei magistrati.
Dopo il dibattito, il Csm con 24 voti e una astensione ha approvato dunque il parere contrario al ddl di revisione costituzionale. Quattro voti dei consiglieri laici del centrodestra sono andati invece alla proposta favorevole al ddl illustrata dal consigliere laico Felice Giuffrè, eletto in quota Fdi. Nel voto si è registrata l’astensione dell’indipendente Andrea Mirenda mentre oggi era assente la consigliera laica Claudia Eccher e il vicepresidente Fabio Pinelli non era presente al momento del voto.
La proposta approvata con 24 preferenze è stata quella proposta, invece, in VI Commissione dai togati Antonello Cosentino (Area), Roberto D’Auria (Unicost), Eligio Paolini (Magistratura Indipendente), Roberto Fontana (Indipendente) e Roberto Romboli, consigliere laico in quota Pd.
Cosa c’è scritto nel parere del Csm sulla riforma della Giustizia
Secondo la proposta approvata ieri, votata a grande maggioranza dai consiglieri, la separazione delle carriere “non trova riscontro nella giurisprudenza costituzionale”, non si comprende in che modo “possa contribuire a migliorare qualità ed efficienza della giurisdizione”.
Nel parere approvato in plenum si sottolinea che “non può non osservarsi come impostare la questione della separazione delle carriere in termini di necessità costituzionale, o anche di stringente opportunità, rischi di veicolare l’idea per cui la magistratura giudicante presenta, oggi, deficit di terzietà e di imparzialità: un’idea che, tuttavia, non sembra trovare riscontro nell’esperienza concreta”, visto che “in più del 40% dei casi le decisioni giudiziarie non confermano l’ipotesi formulata dalla pubblica accusa con l’esercizio dell’azione penale”.
E ancora: “ove si ritenesse che l’unicità della carriera e la connessa possibilità di passare dall’una all’altra funzione incida negativamente sulla realizzazione dei principi del giusto processo (imparzialità, terzietà e parità delle armi), occorre chiarire in che termini e in che misura il passaggio di funzioni rappresenti un vulnus al principio di parità delle armi”, si osserva nel documento, nel quale si evidenziano anche i dati più recenti sui passaggi da una funzione all’altra che “riguardano percentuali largamente inferiori all’1% dell’organico in servizio”.
Nel parere, inoltre, si afferma che “la garanzia dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura requirente non possa ritenersi soddisfatta dalla (mera) affermazione, sia pure a livello costituzionale, dell’appartenenza di essa all’ordine giudiziario”: la “circostanza che il disegno riformatore lasci formalmente intatti i presidi suddetti, mantenendo al contempo ferma la presenza di un Consiglio Superiore composto anche (ed in maggioranza) da magistrati, non elimina totalmente il rischio che, nel concreto sviluppo della dinamica ordinamentale, si possa determinare un affievolimento dell’indipendenza del pubblico ministero rispetto agli altri poteri dello Stato”.
Critiche anche sul doppio Csm e sul metodo del sorteggio: “appare in questa sede doveroso – si legge nel parere – domandarsi se la scelta di creare due distinti organi di governo autonomo possa avere ricadute negative sull’esercizio in concreto delle rispettive attribuzioni e, di conseguenza, sull’adempimento del compito ad essi affidato (non solo di garantire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, ma anche) di contribuire al buon andamento del sistema giustizia”.
Quanto all’istituzione dell’Alta Corte, nel documento approvato si osserva che “La giurisprudenza disciplinare costituisce uno dei modi in cui il Csm definisce il profilo del magistrato che intende proporre agli appartenenti all’ordine giudiziario. Sottrarre la giurisdizione disciplinare al Consiglio significa amputare una funzione essenziale dell’autogoverno e, dunque, depotenziarne radicalmente il peso costituzionale”.
La risposta di Meloni: “Toni apocalittici”
La riforma della giustizia che prevede la separazione delle carriere dei magistrati “si può sempre migliorare, c’è disponibilità al dialogo, se ne parla. Ieri ho letto il pronunciamento del Csm e mi stupisce sempre il tono apocalittico con il quale si risponde a qualsiasi tentativo di riforma della giustizia, sempre come se stesse per finire il mondo, come fosse un attacco anziché collaborare per migliorare le norme”, ha detto oggi la premier Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di inizio anno.
“Escludersi da qualsiasi collaborazione vuol dire impedire a noi di avere il contributo anche positivo che può arrivare dai vertici della magistratura, è una contrarietà pregiudiziale che io non convidivido. La magistratura dovrebbe contribuire a migliorare le proposte che facciamo”, ha aggiunto. Secondo la premier la separazione delle carriere “serve a rafforzare la terzietà del giudice. Il Csm garantisce l’autonomia della magistratura, averne due può rafforzare quelle garanzie”.
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