Qualità della vita, la provincia di Napoli giù ma in città indicatori positivi

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Allora: Napoli è ventitreesima nel trend del Pil procapite, quindi in ascesa, ventiduesima per le startup innovative cioè per nascita di imprese giovani e ben collocate sul mercato, terza per le presenze turistiche, anche qui in ascesa e dodicesima per il trend del turismo in super ascesa. Nella graduatoria delle imprese sociali il capoluogo della Campania è al posto 43 parametro che restituisce invece una città dove ci sono forze produttive autonome che vanno oltre le letture della “Qualità della vita” tarate su spazi verdi nelle scuole, case di riposo e sul reddito procapite che risentono e molto del ritardo strutturale tra le due Italie.

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La città, infatti, fuori da questi parametri è 24esima per soleggiamento e 23esima per ondate di calore ben lontana dalle tragedia estive che si registrano altrove. Ma Napoli è penultima nella classifica della qualità della vita secondo lo studio del Sole 24 Ore. Una classifica su base provinciale cioè che vede il capoluogo nel contesto dell’intera area metropolitana, che si posiziona al 106esimo posto su 107 province esaminate. Tuttavia, basta farsi una passeggiata di un paio di giorni sotto al Vesuvio per capire lo stupore che determina questa classifica.

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La spiegazione autentica la dà il sindaco e Presidente dell’Anci Gaetano Manfredi: «La maggior parte degli indicatori presi in considerazione è positiva, ma scontiamo ritardi storici che penalizzano nella media la città. Se da una parte infatti l’economia cresce, a ciò non corrisponde ancora un incremento del reddito e si registra una scarsa propensione ai consumi dovuto ad un potere d’acquisto eroso dalla inflazione». Così Manfredi valuta la classifica del Sole: «Come amministrazione – prosegue il sindaco – dobbiamo continuare a fare in modo che vi sia sempre di più una ricaduta della crescita economica sulla popolazione. Molti sforzi li abbiamo messi in campo, altri ne occorrono per una redistribuzione della ricchezza». Manfredi evidenzia che è «da considerare che la nostra area metropolitana di tre milioni di persone presenta grandi differenze da una zona all’altra e ciò non consente di applicare politiche omogenee. In generale, stiamo costruendo la Napoli del futuro con progressi significativi dal turismo all’innovazione passando per la creatività. Occorre ridurre i divari sociali, includere sempre più gli anziani, i minori, gli immigrati perché solo così le città del futuro possono vincere le sfide della contemporaneità».

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La sostanza è che non siamo da podio ma nemmeno da retrocessione. Letta così invece la classifica del Sole dà l’immagine di una città in disarmo, ma come abbiamo letto 4 su 6 degli indicatori presi in considerazione dal quotidiano di Confindustria vedono Napoli con il segno più. Prima di approfondire vale la pena fare un passo indietro fino a settembre, quando l’Osservatorio sull’Economia e la società di Napoli fatto dalla Federico II sulla scorta dei dati Istat, del Mef e dello Svimez fotografano un’altra realtà rispetto a quella del quotidiano milanese: «Secondo i dati Mef (dichiarazioni Irpef 2022), a Napoli il reddito medio annuo lordo dichiarato è di 22.600 euro, leggermente superiore alla media nazionale. Il 48% dei contribuenti dichiara meno di 15mila euro, a Milano sono il 39%, a Roma il 38%, a Bari e Palermo rispettivamente 43% e 47%». E ancora: «L’analisi dello stock di imprese con sede nel comune di Napoli si riferisce ai dati Istat 2023. Le imprese attive censite sono 78.477, in crescita di oltre 1.800 unità rispetto al 2020».

Di cosa si sta parlando? «La dinamica – la fonte è sempre l’Istat – di crescita più accentuata si coglie nel settore delle costruzioni dove si contano 4.475 imprese con un aumento di 800 imprese in soli due anni (+21,8% dal 2019). Nel segmento degli alberghi e della ristorazione si contano a Napoli 5.400 unità locali, di cui 1.000 nella categoria degli alloggi e 4.500 nei servizi di ristorazione. In crescita le imprese nei servizi di informazione e comunicazione che sono circa 2.400 con una quota dominante delle attività di produzione di software e di consulenza informatica (1.100 unità locali) e di servizi informatici (oltre 800 unità locali). Le attività professionali sono concentrate soprattutto nei segmenti degli studi legali e dei servizi di contabilità (9.600), degli studi di architettura e di ingegneria (2.700), della consulenza gestionale (1.500). Oltre 5.400 sono le unità locali che operano nel settore della sanità e dell’assistenza sanitaria, in aumento di oltre 500 unità dal 2019». Ci sono i divari ma non come quelli fotografati dal quotidiano arancione.

L’analisi

E ci sono numeri e numeri che vanno letti però nel contesto in cui vengono collocati. I dati dell’Osservatorio napoletano sono quelli dell’Istat, la stessa fonte primaria con la quale il Sole 24 Ore ha fatto la sua analisi. La differenza con l’Osservatorio è che il quotidiano ha collegato il Capoluogo dentro l’area metropolitana che soffre ed è una sofferenza storica. Del resto anche Milano come Torino e Bologna sono state analizzate con lo stesso metodo e perdono almeno 15 posizioni rispetto all’anno scorso. Dunque Bergamo, Trento e Bolzano – medie città – è dove la qualità della vita è più alta. Ma Napoli è lontana dalla zona retrocessione. Piuttosto il tema da affrontare è quello della scala metropolitana quale parametro per fare delle analisi. Oggi da Presidente dell’Anci Manfredi incontrerà al Quirinale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Che a Torino il mese scorso, quando Manfredi fu eletto numero dell’Associazione dei Comuni, espose quanto fossero importanti i Municipi per il Paese sotto il profilo della tenuta sociale ed economica. Ed è molto probabile che Manfredi oggi al Capo dello Stato racconti come la riforma degli enti locali nella direzione di essere in prima battuta per la gestione dei Fondi nazionale ed Europei quanto sia importante per tutti gli italiani.





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