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Cambia ancora la norma sull’aumento di stipendio dei ministri, trasformato in un rimborso spese: nell’ultima formulazione dell’emendamento dei relatori viene precisato che ad essere rimborsate saranno le spese di trasferta solo da e per il domicilio/residenza.
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Non sarà un vero e proprio aumento di retribuzione, ma tecnicamente un rimborso spese. E sarà meno cospicuo rispetto alla proposta iniziale. L’emendamento dei relatori alla manovra 2025 subisce una nuova variazione. Dopo le polemiche sulla norma che avrebbe aumentato lo stipendio dei ministri, vice e sottosegretari non eletti, per equipararlo a quello dei loro colleghi dell’esecutivo che sono anche parlamentari, il governo ha fatto una parziale marcia indietro, e con un ritocco ha trasformato l’aumento di stipendio di circa 7mila euro in un rimborso spese.
Dopo una giornata di attacchi da parte delle opposizioni, a cui ha risposto anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante le comunicazioni rese in Aula in vista del prossimo Consiglio Ue, questa sera però il testo della norma inclusa nella legge di Bilancio è stato modificato ulteriormente.
Nell’ultima formulazione dell’emendamento dei relatori viene precisato che ad essere rimborsate saranno le spese di trasferta solo da e per il domicilio/residenza. Per il resto, il testo rimane invariato: “I ministri e i sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma hanno diritto al rimborso delle spese di trasferta da e per il domicilio o la residenza per l’espletamento delle proprie funzioni”. Per questo, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Fondo con una dotazione di 500mila euro annui dal 2025. Le risorse sono destinate alle Amministrazioni interessate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Economia.
L’incremento di retribuzione dunque non è stato del tutto eliminato, solo un po’ ridimensionato: il costo totale per lo Stato sarà di 500mila euro, un po’ meno della metà della cifra di 1,3 milioni inizialmente ipotizzata. Non è l’unico emendamento a essere stato ritoccato: questa sera anche l’emendamento sul sul divieto di ricevere compensi extra Ue, la cosiddetta norma anti-Renzi, è stata riformulato, includendo nella stretta anche i titolari di cariche di governo.
Opposizioni contro Meloni: “Emendamento non è stato ritirato”
Durante il suo intervento in Aula, la premier ha detto di essere d’accordo con il ministro della Difesa Crosetto – tra coloro che avrebbero beneficiato dell’aumento non essendo parlamentare – il quale aveva proposto di cassare l’emendamento per evitare polemiche. “Mi unisco alla sua proposta di ritiro dell’emendamento”, ha detto Meloni, “perché non credo che l’attenzione sulla legge di bilancio che abbiamo varato, che si concentra interamente sui lavoratori, le famiglie, i redditi medio-bassi, debba essere spostata da un’iniziativa del genere”.
Poco dopo però la premier si è contraddetta, difendendo il principio alla base dell’emendamento dei relatori: “L’emendamento voleva equiparare il trattamento del ministro non parlamentare a quello del ministro parlamentare. Sono due persone che fanno lo stesso lavoro, sarebbe normale che abbiano lo stesso trattamento”.
Le opposizioni hanno notato l’incongruenza, e sono andate all’attacco: “Nel meraviglioso mondo di ‘Ameloni’, in Aula si annuncia il ritiro della norma che aumenta gli stipendi dei ministri, mentre in Commissione permane la riformulazione dell’emendamento dei relatori, che prevede solo un dimezzamento dell’aumento. Le cose sono due: o Meloni è stata contraddetta dalla sua maggioranza, o siamo di fronte all’ennesima strategia comunicativa pensata per distogliere l’attenzione con notizie fuorvianti”, ha scritto in una nota il capogruppo Pd nella commissione Bilancio della Camera, Ubaldo Pagano. “Attendiamo che la maggioranza passi dalle parole ai fatti e ritiri definitivamente l’aumento degli stipendi dei ministri”, ha aggiunto.
“Stamani in Aula alla Camera la presidente del Consiglio Meloni ha detto che l’emendamento per aumentare le prebende dei ministri e dei sottosegretari è stato ritirato. Le solite bugie a cui ci ha abituati. Non solo l’emendamento non è stato ritirato, ma ora in commissione Bilancio ci viene presentata un’ulteriore riformulazione. State tenendo il Paese bloccato da cinque giorni su questa questione. Avete superato il limite della vergogna”, ha attaccato il deputato del M5S Leonardo Donno intervenendo in commissione Bilancio alla Camera.
“Alla fine la norma sugli stipendi dei ministri rientra dalla finestra, con un blitz all’ultimo secondo. Un indecoroso balletto per regalare al governo 500 mila euro, mentre alle pensioni minime vanno solo le briciole”, ha sottolineato la senatrice Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva. “Prima propongono l’aumento monstre da 7 mila euro dello stipendio dei ministri non eletti, facendo finta di non saperne nulla. Poi lo ritirano e infine lo reintroducono, mascherandolo da rimborso spese. Mezzo milione di euro di vergogna per il governo Meloni”, ha aggiunto.
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