La norma firmata dalla deputata Caretta (Fdi), fondatrice del Movimento per la caccia e la cultura rurale
ROMA – È sempre la solita storia, quella lobby dei cacciatori che a ogni legislatura è in grado di tenere in scacco la maggioranza di turno. Capace di proporre norme, spesso infilate all’ultimo momento o addirittura di notte, sperando che passino inosservate e così approvate. È successo anche stavolta, esattamente lunedì scorso mentre la commissione della Camera era riunita a oltranza, impegnata nella corsa contro il tempo per approvare la Manovra.
L’emendamento firmato da Maria Cristina Caretta (FdI) inserito, nottetempo, spinge gli ambientalisti ad appellarsi al capo dello Stato contro la «liberalizzazione della caccia». Lei invece lo rivendica con orgoglio: «È un primo passo per dare risposte a professionisti della natura che lavorano con determinazione per garantire la manutenzione del nostro patrimonio faunistico». Detto fatto, la sua tesi finisce rilanciata dal sito ufficiale di Federcaccia.
Niente è casuale. L’onorevole Caretta, vicentina, è la fondatrice del Movimento per la caccia e la cultura rurale. Anche questo passato rivendica, con tanto di foto in mimetica e doppietta in mano. L’obiettivo dell’emendamento è svelato: equiparare i pareri del comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale a quelli dell’Ispra, nello stabilire quale animale sia cacciabile e quando. «Fin troppe volte l’impugnazione al Tar del calendario venatorio rappresenta una strategia ostruzionistica per danneggiare il regolare svolgimento dell’attività venatoria. Con il mio emendamento verranno invece inseriti dei paletti», dice. Quali? Massimo 30 giorni per impugnare il calendario, il riconoscimento delle associazioni pro caccia in giudizio e, «finalmente», la garanzia di cacciare anche «in caso di accoglimento della domanda cautelare, sino alla pubblicazione della sentenza», esulta Caretta, anche ex presidente della Confavi (associazioni venatorie).
È la solita storia, appunto. Ma Caretta era stata chiara sin dalla campagna elettorale, quando promise di «portare l’interesse dei cacciatori contro il vento animalista». Un obiettivo – adesso gli ambientalisti protestano – «perseguito continuamente in questa legislatura da FdI e Lega, a volte con l’appoggio di FI, a caccia dei 500 mila voti garantiti dalla lobby dei cacciatori».
Il responsabile Area Parchi di Legambiente Antonio Nicoletti ieri ha preso la parola agli stati generali dell’Ambiente, contro «l’emendamento-tagliola» che « impedisce al Tar di sospendere la caccia anche quando si ravvisi un danno irreparabile alla fauna selvatica». La tesi condivisa da chi combatte la lobby è chiara: «Solo l’Ispra ha le competenze scientifiche per definire quando una specie è a rischio. Il “comitatone” è un organo politico, il cui neo presidente è un cacciatore!».
Basta scorrere la storia degli ultimi blitz dei cacciatori per comprendere gli assalti. E ricordare l’emendamento Foti, nella prima legge di Bilancio, che consentì di cacciare anche vicino ai parchi. Fino al ddl Montagna che apre «all’abbattimento programmato dei lupi».
In una prima versione di questo articolo, Cristina Caretta veniva erroneamente indicata come ex presidente della Federazione Caccia. Ci scusiamo con l’interessata e i lettori
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link