Le inopportune turbolenze europee nel terremoto politico mondiale

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Quel che è avvenuto negli ultimi giorni a Seul e a Damasco ci ha offerto l’immagine di un mondo ulteriormente terremotato che ha fatto passare momentaneamente in secondo piano le guerre in Ucraina e in Medio Oriente ma le nuove scosse telluriche avranno certamente effetti che usciranno dalle frontiere coreana e siriana.

Le folle festanti che hanno celebrato, al di fuori delle moschee e lontano dall’influenza islamista, la fine del regime degli Assad che avevano preso il potere nel 1971 potrebbero trovare finalmente adepti nella vicina cultura della Persia dove la violenta dittatura iraniana degli Ayatollah  – alleata delle violenze di Assad, Hamas e Hezbollah  – ha subito una sconfitta dopo l’altra e non potrà rifugiarsi in una improbabile deterrenza nucleare di fronte all’anelito di libertà che potrebbe trascinare il coraggio delle donne persiane in tutte le piazze al grido dei ribelli siriani “la religione è per Dio e lo Stato è per tutti” in una nuova primavera araba che esige la nostra solidarietà e il nostro sostegno concreto e immediato.

Che effetti avrà la rivolta siriana nella regione ma anche rispetto agli altri attori che sono stati finora i protagonisti della politica internazionale come la Russia che fugge con la coda fra le gambe da Damasco, la Turchia e i rapporti con la diaspora curda, Israele e i suoi alleati odierni e futuri a Washington, il terrorismo di Hamas che perde il suo sostenitore principale, l’insignificante Autorità Palestinese, il variegato e diviso mondo arabo che gioca sui due tavoli del fondamentalismo islamico e le corrotte complicità finanziarie/militari con l’Occidente?

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Quel che è avvenuto in Corea del Sud è solo il frutto di un colpo di testa del Presidente Yoon dopo la destituzione di Park Geun-hye nel 2016 o l’inchiesta metterà in luce i rischi di ingerenze esterne ed interne in una regione in cui non si conosce il destino di Taiwan e si attende che il futuro potere a Washington esca dal silenzio negli ambigui rapporti con la Cina condizionati dal trattamento preferenziale di Pechino offerto a Elon Musk?

Al di fuori dell’Unione europea ma vicino alle sue frontiere gli ultimi giorni hanno offerto l’immagine inquietante delle influenze esterne in Georgia senza dimenticare le simpatie pro-russe del Governo serbo candidato all’adesione all’UE e, all’interno delle sue frontiere, le ingerenze esterne in Romania e le inaccettabili complicità di Viktor Orban con Vladimir Putin.

In questo mondo terremotato l’Unione europea naviga invece a vista fra le sue turbolenze interne con il Consiglio europeo ed il Consiglio dell’Unione bloccati dalla paralisi dell’ingranaggio nel motore franco-tedesco e con il Parlamento europeo in cui i capi-gruppo (PPE, S&D, Liberali, Verdi, Sinistre e ECR) sembrano i commedianti di Luigi Pirandello dei “Sei personaggi in cerca d’autore” in assenza del suggeritore che, a teatro, ha il compito di leggere il copione per ricordare agli attori le loro battute e la presenza rumorosa ma politicamente irrilevante delle comparse dei patrioti e dei sovranisti.

Nonostante la difficile transizione politica da una legislatura all’altra, la Commissione europea ha apparentemente approfittato del vuoto pneumatico che ha colpito il Consiglio dell’Unione e il Parlamento europeo  per affermare il suo ruolo di competenza quasi esclusiva nella politica commerciale con l’accordo raggiunto a Montevideo il 6 dicembre da Ursula von der Leyen e dai cinque Paesi del Mercosur per un mega-patto che coinvolge settecentottanta milioni di persone (e che Sergio Mattarella ha definito “un veicolo di pace”) e che anticiperebbe una risposta comune alla minaccia di Donald Trump di smantellare l’Omc.

La Commissione ha approfittato di questo tempo anche per confermare che le regole e i tempi sul passaggio dai combustili fossili alle energie non inquinanti nel settore dei trasporti (le auto non endotermiche) non saranno modificati; e per annunciare che la futura politica  di coesione dal 2028 al 2032 sarà fondata non solo sulla capacità di spendere degli Stati ma anche sulle riforme interne (e sul rispetto dello Stato di diritto) come è già avvenuto con il Next Generation Eu.

Ci attendiamo che la stessa determinazione venga affermata dalla Commissione europea nella transizione digitale e nella sostenibilità sociale, nella traduzione finanziaria in risorse e politiche per beni pubblici garantiti dal bilancio pluriennale abbandonando le suggestioni di una prioritaria “economia di guerra” e sposando invece l’idea di una difesa al servizio della pace, in una nuova visione inclusiva e valoriale dello spazio pubblico di libertà e giustizia anche nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo e nell’impegno per una riforma costituzionale europea che preceda e renda possibile il futuro allargamento dell’Unione europea.

Ci attendiamo infine che tutta l’Unione europea esca dal suo silenzio assordante nel mondo terremotato e disordinato adottando per sé e per il resto del pianeta regole e politiche antisismiche in una logica di continuità con il “Patto per il futuro” adottato il 22 settembre 2024 dal Vertice Globale delle Nazioni Unite e rivolto alle giovani generazioni.

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