Le soluzioni sono otto. Tra queste l’uso dei fondi integrativi. La vecchiaia contributiva, l’Ape, la Rita e le isopensioni
Nel 2025 per andare in pensione prima del raggiungimento dei 67 anni di età le soluzioni sono otto. L’anno scorso ci sono stati 89 pensionamenti anticipati ogni 100 di vecchiaia. Con un’età media tra i 61 e i 62 anni. Mentre per la vecchiaia si arriva a 68. Tra queste c’è l’uso dei fondi integrativi per anticipare l’uscita a 64 anni con 20 di contributi. Ma questa possibilità riguarda le pensioni contributive. Ovvero a chi ha cominciato a lavorare nel 1996. Il Sole 24 Ore stima che verranno utilizzate da circa 600 persone nel 2034, le quali anticiperanno il pensionamento in media di 1 solo anno. Mentre per quest’anno la Legge di Bilancio non prevede effetti sui conti pubblici.
La pensione anticipata ordinaria e Quota 103
Oggi la pensione anticipata ordinaria è la via principale per il ritiro dal lavoro prima dei 67 anni. Ma ci vogliono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne. La decorrenza scatta tre mesi dopo per via della finestra mobile. E bisogna continuare a lavorare per ricevere uno stipendio in attesa dell’emolumento. Nel 2025 la finestra salirà a 4 mesi per ilavoratori del comparto pubblico la cui pensione è liquidata da una delle seguenti Casse: dipendenti degli enti locali; sanitari; ufficiali giudiziari; insegnanti di asilo e di scuole elementari parificati. In compenso si potrà accedere a Quota 103 con 62 anni di età e 41 di contributi entro il 31 dicembre 2025. Insieme a una finestra di 7 o 9 mesi per i lavoratori privati o pubblici. L’importo sarà calcolato con il contributivo. Si stimano 6 mila pensionamenti quest’anno.
Lavoratori precoci e opzione donna
Per i lavoratori precoci sono necessari 41 anni di contributi se almeno 12 mesi si riferiscono a un periodo lavorato prima dei 19 anni. Sono disoccupati, caregiver, con capacità ridotta del 74%. E ancora: addetti a mansioni gravose o usuranti. Opzione donna è accessibile alle lavoratrici con 35 anni di contributi e 61 di età, 60 con un figlio e 59 con almeno due. La possibilità prevede il calcolo dell’assegno con il contributivo. È riservato a: disoccupate o dipendenti di aziende per le quali è aperto un tavolo ministeriale di crisi (requisito anagrafico ridotto sempre a 59 anni); care giver; con riduzione della capacità lavorativa per invalidità civile pari almeno al 74 per cento. In questo caso la finestra è di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e di 18 mesi per le autonome.
Attività usuranti e anticipata contributiva
Chi ha svolto attività usuranti per almeno 7 anni negli ultimi dieci o lavorato di notte può andare in pensione con il meccanismo delle quote. Si parte da 61 anni e 7 mesi e almeno 35 di contributi. La pensione anticipata contributiva è destinata a chi ha cominciato a versare contributi dal 1996. Bisogna avere almeno 64 anni e 20 di contributi. La finestra è di tre mesi. L’importo del primo assegno deve essere non inferiore a tre volte l’assegno sociale, multiplo ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte con almeno due figli. Nel 2025 l’importo minimo si potrà raggiungere sommando l’eventuale pensione integrativa. Ma il requisito contributivo salirà a 25 anni.
Vecchiaia contributiva, Ape, Rita, Isopensione
La pensione di vecchiaia contributiva (67 anni) si riduce di quattro mesi per ogni figlio, fino a 16 mesi. Il requisito contributivo minimo rimane a 20 anni. Il pensionamento è consentito se l’importo del primo assegno è pari a quello sociale. Infine ci sono i quattro strumenti per l’accompagnamento alla pensione. L’Ape sociale, valida per determinate categorie di lavoratori e a partire da 63 anni e 5 mesi con anzianità contributiva da 28 a 36 anni. L’isopensione e l’assegno straordinario dei fondi bilaterali, a carico direttamente o indirettamente delle aziende, con durata massima rispettivamente di 7 e 5 anni. E ancora: la rendita integrativa temporanea anticipata, che il singolo lavoratore si autofinanzia attingendo alla sua posizione di previdenza integrativa, in modo da avere uno scivolofino a 5 anni, che sale fino a 10 anni a fronte di disoccupazione almeno biennale.
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