Pietro Ruffo e l’opera sui silos di piazza Venezia: «Roma tra storia e dinamismo. C’è spazio per i giovani artisti»

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di
Elisa Simonelli

Il primo protagonista del progetto «Murales»: ha decorato il cantiere della metro C con «Costellazioni di Roma»

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Costellazioni di Roma è il titolo dell’opera di Pietro Ruffo, l’artista romano che ha decorato i dieci silos che abbracciano il cantiere della linea C della Metro in piazza Venezia.
«Volevo creare una narrazione circolare tipica delle stelle più vicine a noi che rappresentano i segni zodiacali – racconta Ruffo – dietro ogni costellazione c’è un racconto che per i romani costituiva la quotidianità, come per noi oggi. Gli astri hanno un’influenza non fisica, ma culturale sugli individui. Dall’homo sapiens in poi, abbiamo basato la nostra giornata guardando il cielo, 300 mila anni fa le persone si muovevano osservando le stelle».

L’opera di Ruffo è la prima inserita nel progetto Murales che vedrà attorno alla metropolitana in costruzione, ogni 4 mesi, fino al dicembre 2026, un susseguirsi di opere di sei artisti: Elisabetta Benassi; Liliana Moro; Marinella Senatore; Toilet Paper e Nico Vascellari. Un processo iniziato due anni fa dal Consorzio Metro C, guidato da Webuild, con la curatela di Spazio Taverna, sotto il patrocinio di Roma Capitale. A scegliere i sei artisti è stato un comitato scientifico costituito dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna, la Galleria Borghese, il Palazzo delle Esposizioni, il Maxxi.




















































Per realizzare questo grande disegno con la penna, sei partito dalle costellazioni e poi?
«Ho immaginato un ponte tra terra e cielo. Sotto le mitologie cosmiche, appare la Roma antica, come se scavando potessimo ritrovare il nostro passato. Ci accorgiamo che nei secoli alcuni edifici sono stati già sostituiti e questo ci dimostra la dinamicità di questa città».

Passato e futuro che si incontrano, in un dinamismo di cui spesso Roma è accusata di mancare. E oggi, grazie a questo progetto, viene spinta verso un avvenire che vede le infrastrutture sempre più legate al pensiero e alla bellezza.
«È rivoluzionario rispetto agli ultimi 50 anni – prosegue Ruffo – ma, in realtà, il rapporto di amore con l’arte contemporanea che reinventa la città è nel solco della storia di Roma. Sono fiducioso che questa iniziativa possa rappresentare un esempio positivo anche per altre opere pubbliche e soprattutto per i giovani artisti. Inizieranno a pensare cosa avrebbero fatto loro al nostro posto, perché con la possibilità si genera creatività».

Come vedi il rapporto futuro dell’arte con le Istituzioni?
«Esiste una nuova energia, mi sembra che siano ritornati i vecchi committenti. La Chiesa ad esempio ha ripreso il suo rapporto con l’arte contemporanea. Papa Francesco, nel giugno 2023, mi ha invitato assieme ad altri 200 artisti circa nella Cappella Sistina per ravvivare il rapporto con l’arte contemporanea. Poi ci sono i Comuni e i committenti privati come la moda».

Ci sono possibilità anche per altre forme d’arte, come la poesia e la letteratura?
«Sì. In tutti i musei di Roma c’è un tentativo di unire artisti visivi e letteratura, invitati spesso a dialogare».

Cosa diresti a un giovane artista romano?
«Daje! Questa è una città in cui si può pensare di fare questo lavoro. Le istituzioni museali e le fondazioni hanno sempre più un occhio di riguardo per gli emergenti».

E quando risulta difficile andare avanti per ragioni economiche?
«È importante rimanere aperti a tutti i mondi, come la moda o il design, superando lo snobismo culturale italiano che si è sviluppato negli ultimi 50 anni. L’artista ha la dote di esprimersi attraverso il disegno e questo vale per tutti i contesti».

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Cosa significa per te essere romano?
«Cercare di unire una proiezione verso il futuro con l’estetica, intesa non come bella o brutta, ma come ragionamento sulla composizione».

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