Povertà, il direttore della Caritas di Bologna: «Insopportabile la solidarietà last minute di Natale»

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di
Alessandra Testa

Don Matteo Prosperini:«Il vero cristiano lo è 365 giorni l’anno. Lo ripeto: o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai»

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«O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai». Don Matteo Prosperini, 47 anni, direttore della Caritas di Bologna cita una vecchia canzone di Jovanotti per descrivere la presenza che quotidianamente offrono i circa duemila volontari che ruotano intorno all’organismo pastorale e alle sue strutture. Innanzitutto la mensa della fraternità di via Santa Caterina, che serve 150-200 pasti ogni sera, poi i tanti centri d’ascolto aperti sul territorio metropolitano, infine le parrocchie. Davanti all’ennesimo studio che certifica l’aumento della povertà, quasi si stupisce di chi si stupisce.

L’Ires, l’istituto di ricerche economiche e sociali della Cgil, ha lanciato l’emergenza redditi. Anche nella grassa Bologna aumenta la fascia di chi vive con meno di mille euro. È cambiata la definizione di «povertà»?
«Oggi la povertà è multistrato. È complesso darne una definizione precisa. In passato il povero era identificabile con il disoccupato, non è più così. Anche persone che lavorano possono scivolare facilmente in condizioni di povertà. E ce ne accorgiamo, per esempio, quando le famiglie iniziano a rinunciare alle cure o a non poter più garantire la pratica sportiva ai figli, aprendo una possibile porta a un futuro disagio giovanile».




















































Cosa vede dal suo osservatorio?
«La Caritas, che pratica per statuto l’ascolto, è sempre stata un’antenna per intercettare il malessere sociale con un certo anticipo. Non siamo l’ultima spiaggia per chi si trova in stato di bisogno, ma un avamposto. Da diversi anni, però, l’aumento della povertà è sotto gli occhi di tutti. C’è un impoverimento generalizzato e ognuno di noi credo ne abbia la percezione. Basta andare al supermercato e osservare il contenuto dei carrelli della spesa. Un tempo ai nostri servizi si rivolgevano soprattutto i senza fissa dimora. Oggi bussano alla porta famiglie con un solo reddito, richiedenti asilo, lavoratori che faticano ad arrivare a fine mese e tanti, tantissimi, familiari di degenti nelle strutture ospedaliere provenienti da altre regioni che non si possono permettere una stanza in albergo. Sono almeno dieci anni che in via Codivilla si notano i camper in cui alloggiano i familiari dei ricoverati al Rizzoli. Alle famiglie con bambini cerchiamo di dare sollievo a domicilio, aiutandole con la spesa, l’accompagnamento o allertando le istituzioni. E poi ci sono gli studenti universitari, anche titolari di borse di studio, che vengono a cena in mensa quasi tutte le sere. Per loro la vera emergenza si chiama casa».

L’affluenza ai vostri servizi è in aumento?
«La crescita dell’affluenza non è esponenziale ma va ad ondate, a periodi dell’anno. Nella nostra mensa registriamo una maggior presenza di persone bisognose in estate. Fortunatamente in inverno, tra il piano freddo promosso dal Comune e le tante iniziative messe in campo dal mondo dell’associazionismo e dalle parrocchie, la comunità del sostegno è molto attiva e in tanti riescono a trovare riparo».

Il segretario della Cgil Emilia-Romagna, Massimo Bussandri, ritiene che per far fronte alle difficoltà del welfare e della sanità pubblica servirebbe una nuova progettualità. Cosa manca secondo lei?
«È ora di cambiare narrazione. Non è vero che a Bologna e in Emilia-Romagna va tutto bene e lo sappiamo da tempo. È arrivato il momento di intercettare i reali bisogni delle persone e migliorare le cose insieme».

Come descrive la nostra città? Bologna si volta dall’altra parte o è solidale?
«Bologna è una città attenta e generosa. Esiste una vastissima rete che, in silenzio, aiuta chi vive in strada o i più bisognosi e di cui in tanti si sono accorti solo durante il Covid. A chi vorrebbe darci una mano chiedo però di provare a farlo tutto l’anno, soprattutto nei mesi caldi quando la maggior parte dei servizi si ferma e i numeri di chi è solo aumentano. Sinceramente, trovo il sentimentalismo della solidarietà da last minute natalizio insopportabile e in profonda contraddizione con lo spirito della carità cristiana. Il vero cristiano lo è 365 giorni l’anno. Lo ripeto: o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai».


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