(Dal sito www.vconews.it) “Tutti i giorni è la Giornata della Montagna. Lo sappiamo bene e lo sa chi vive e lavora nei territori. Al centro vi siano le comunità, di tutte le politiche”. Così Uncem presenta un elenco di dieci punti su cui invita le istituzioni a lavorare per proporre una strategia per i territori montani. Le dieci proposte sono riportate di seguito.
La montagna nei programmi europei e nazionali. È il principale impegno. Montagna, aree interne e zone rurali sono un perno della nuova strategia di crescita dell’Italia, secondo le direttrici richieste dall’Uncem: green economy con le green community, innovazione, sostenibilità, smart economy. Devono stare nei programmi europei e nazionali di investimento. Correggiamo gli errori del Pnrr. Lavoriamo per un Pon Montagna dal 2028. Togliendo di mezzo ogni assistenzialismo con fondi Ue o nazionali, cambiando la Pac e ripensando le “indennità compensative”. Serve Managerialità, unita a programmazione e visione.
Nuovo welfare pubblico. Dietro lo slogan “una ambulanza e un medico di base in ogni comune” c’è la volontà di ricostruire un nuovo welfare pubblico – a partire dalla sanità territoriale, come imparato dal covid19 – che colmi i divari strutturali storici del vivere in montagna, agendo su scuola, sanità, trasporti, socio-assistenziale, servizi. Asili nido per tutti, scuole di valle e didattica moderna, in strutture innovative, sicure. Comunità al centro con le “cooperative di comunità”, con le “comunità energetiche”, con le “Associazioni fondiarie”. Affinché le tante “buone pratiche” possano tradursi in politiche.
Cambiamenti climatici e spopolamento, assi centrali. I due terreni di azione sono il cuore della nuova politica montana che dobbiamo mettere in campo. C’è ancora troppa sottovalutazione del rischio, dei disastri climatici che arrivano prima in montagna. I territori sono e devono diventare resilienti, per tornare a ripopolarsi, neopopolarsi. Agricoltura e turismo non sono scindibili per questo obiettivo. La crisi climatica e la crisi demografica plasmino politiche, le pervadano. Sottovalutarle o ignorarle è peccato politico grave. Le città sono in dialogo e in sinergia con i territori rurali, montani e interni. Interveniamo per eliminare ogni sperequazione, ogni distanza: creiamo “patti”, “città delle alpi insieme con le valli”, Appennino Parco d’Europa in stretto legame con le zone urbanizzate. Protezione è sviluppo, conservazione è rigenerazione. Futuro.
Leggi cornici giuridiche. Legge forestale, legge sulla green economy, legge sui piccoli comuni agiscono efficacemente, completando il quadro normativo con una legge sulla montagna che non rimanga inattuata come la precedente 97/94. Dalle regioni serve più impegno: troppe non hanno investimenti e un articolato per le montagne. Si attuino strategie integrate per le montagne con chiare leggi-cornici che delineino strumenti e opportunità per superare sperequazioni.
Definizione dei Lep con specificità montana. In Italia di discute da 20 anni di come attuare il Titolo V della Costituzione, che prevede i “livelli essenziali delle prestazioni”. Troppo tempo si è perso. Nel definire una autonomia per le regioni – insieme – e dicendo come in questa stanno le Autonomie locali, deve essere scritto nero su bianco che questi livelli essenziali devono tener conto della peculiarità montagna come area di sovracosti strutturali permanenti che devono essere garantiti per il diritto di cittadinanza di tutti.
Le aziende pubbliche devono investire. Le aziende pubbliche (Enel, Eni, Anas, Ferrovie dello Stato, Rfi, Terna, ecc.) non devono più considerare il territorio come logica coloniale, ma devono cominciare a investire in montagna creando valore sociale e non solo finanziario, impegnando risorse e competenze per la transizione energetica ed ecologica. Questo vale guardando alla positiva esperienza fatta negli ultimi due anni con Poste Italiane, chiudendo storici conflitti e aprendo una nuova stagione. Quello è il modello. Che deve essere concreto e carico di investimenti, con una strategia chiara e stabile.
Concessioni idroelettriche con comunità locali al centro. Sulle concessioni idroelettriche parte una fase nuova, sono da rivisitare attraverso il ristoro ai territori e gli investimenti da realizzare, come Uncem ha sempre chiesto a partire dal “diga day” del 2010. Non solo le regioni ai tavoli di concertazione, ma anche gli enti locali: che esprimono le esigenze delle comunità. Non si creino nuove polarizzazioni. Acqua e forza di gravità hanno un valore da riconoscere pienamente. Così le foreste con i “crediti di sostenibilità” da portare sul mercato.
Ruolo dei comuni. Nella logica della legge vigente sui piccoli comuni, va programmato insieme lo sviluppo locale, attribuendo ai comuni associati la funzione operativa per crescita e investimenti, evitando colli di imbuto statali o regionali. Comunità montane ovvero unioni montane di comuni siano per tutti: 500 aggregazioni di comuni che rigenerano la Pa, i servizi, la crescita, lo sviluppo locale, l’economia dei luoghi.
I giganti del web. Occorre prevedere un pagamento dell’uso delle reti immateriali da parte dei giganti del web, trovando in questo modo risorse per investimenti nelle aree montane. Qui si innesta il lavoro su fiscalità differenziata, centri multiservizio, difesa del commercio di vicinato, contrasto alla desertificazione. L’Europa sia attenta alla montagna partendo da questa logica europea di remunerazione.
Digitalizzazione. L’innervamento digitale della montagna è obiettivo prioritario. I comuni ne sono il perno fondamentale. Vale già, in questa direzione, il prezioso lavoro che Uncem sta facendo sulle reti e sul contrasto al divario digitale, con operatori Telco e ministeri e regioni. Serve uno scatto, con investimenti e sincronizzando piano banda ultralarga, Piano Italia 5G, Piano Italia 1Giga, che da soli sono perduti.
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