La premier Meloni: «Confermato il sostegno alla natalità». Voto al Senato con la fiducia, dalle opposizioni 800 emendamenti. Si va verso l’approvazione, prevista per sabato prossimo
La manovra di bilancio per il 2025 è arrivata ieri al Senato, dopo l’ok della Camera la scorsa settimana, e procede a tappe forzate verso l’approvazione definitiva, prevista per sabato 28 dicembre. Ieri mattina il presidente della commissione Bilancio, Nicola Calandrini, ha annunciato l’incardinamento del disegno di legge, aggiungendo che il termine per la presentazione degli emendamenti era fissato per le 17 sempre di ieri.
L’approdo del testo
Successivamente, nonostante fossero in arrivo circa 800 emendamenti da parte delle opposizioni (Pd, 5 Stelle, Alleanza verdi-sinistra, Italia viva) la riunione della commissione, prevista per il pomeriggio, è stata sconvocata e riconvocata per venerdì, con la previsione dell’approdo del testo nell’aula di Palazzo Madama per le 14. Il che significa che la commissione dovrebbe concludere i lavori senza dare il mandato al relatore e che il governo dovrebbe porre la questione di fiducia, come già fatto alla Camera, con il voto finale verso le 14 di sabato 28.
Le proteste
Inevitabili le proteste dell’opposizione. «La destra ha svuotato il Parlamento del suo ruolo, relegandolo a mero spettatore — accusa Beatrice Lorenzin (Pd) — . Il metodo arrogante con cui questo governo approccia la legge di Bilancio, senza ascoltare nessuno, si riscontra nei contenuti: una manovra che non impatta sulla crescita, non ha nessuna misura concreta per il lavoro e soprattutto non investe nel sistema sanitario nazionale». La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, invece, rivendica: «Con la legge di Bilancio 2025 proseguiamo sulla strada del sostegno alla natalità. Dopo aver aumentato del 50% l’assegno unico per il primo anno di vita del neonato, introduciamo un bonus di mille euro destinato ai nati nel 2025». E «abbiamo confermato la Zes unica per il Sud con uno stanziamento di 2,2 miliardi», aggiunge.
Taglio del cuneo
Il cuore della manovra è però rappresentato dalla conferma del taglio del cuneo fiscale (esteso alle retribuzioni lorde fino a 40mila euro) e della riduzione a tre delle aliquote Irpef, misure che vengono rese strutturali impegnando più della metà dei 30 miliardi mobilitati dalla manovra. Per le aziende è prevista una riduzione di 4 punti dell’Ires a patto che rispettino numerose condizioni, a partire dal reinvestimento degli utili. Tanto che la relazione tecnica del governo stima che lo sgravio andrà solo a 18mila imprese.
Pensioni a 64 anni
Esigua, inoltre, la platea dei lavoratori che potranno accedere al pensionamento a 64 anni usando anche la rendita maturata nei fondi pensione per superare le soglie di importo (3 volte il minimo) richieste: appena «un centinaio all’inizio del periodo — si legge nella relazione — per crescere gradualmente a circa 600 annui alla fine del decennio». Molti infatti i paletti fissati per evitare un forte flusso di pensionamenti utilizzando la rendita dei fondi: oltre ad aver cominciato a lavorare dopo il 1995, bisognerà avere 25 anni di contributi, che saliranno a 30 dal 2030, e non si potrà cumulare la pensione con redditi da lavoro. Inoltre, per finanziare la misura, la soglia per accedere alla pensione a 64 anni salirà a 3,2 volte il minimo dal 2030 per tutti i lavoratori nel contributivo.
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