Alberi di Natale, la Toscana leader nel settore

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Il vivaio Marchini.

Ci sono le difficoltà a reperire manodopera stagionale, i cambiamenti climatici, la concorrenza delle “versioni inquinanti di plastica” a minacciare il futuro della coltivazione e vendita degli alberi di Natale ma la Toscana resta comunque la regione leader del settore. Lo confermano alcuni numeri: più di 3 milioni di esemplari coltivati (tra rosso, bianco e nordmanniano), oltre 500 mila commercializzati ogni anno in Italia e all’estero per un volume d’affari che si aggira tra i 10 ed i 12 milioni di euro. Le aziende specializzate toscane sono circa 200, per lo più concentrate in provincia di Arezzo, in particolare nel casentinese, e nel distretto pistoiese, dove esiste una lunga tradizione con la coltivazione di abeti ad uso natalizio che interessa circa 1.100 ettari di superficie complessivi. Il costo di un albero? Si parte dai 20/30 euro per le piante più piccole fino ai 150 o addirittura 200 per le specie più alte.

A Natale è tempo di bilanci visto che la data limite per le vendite per l’intero comparto è considerata la festività dell’8 dicembre, che in genere coincide anche con il posizionamento di abeti di grandi dimensioni in alcune delle piazze centrali delle città più importanti, com’è accaduto anche quest’anno: Coldiretti Toscana, in collaborazione con Giorgio Tesi Group di Pistoia e Regione Toscana, ha donato al Comune di Firenze tre abeti monumentali collocati in Piazza Duomo, Piazza Repubblica e Piazzale Michelangelo.

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Torna a crescere la domanda di abeti naturali

Ma torniamo ai dati. Gli abeti utilizzati come ornamento natalizio derivano per circa il 90% da coltivazioni vivaistiche mentre il restante 10% (cimali o punte di abete) dalla normale pratica forestale che prevede interventi colturali di “sfolli”, diradamenti o potature indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza del bosco. Negli ultimi anni, secondo Coldiretti Toscana, la domanda di abeti naturali cresce ad un ritmo del 5% all’anno, riacquisendo quote di mercato rispetto a quelli di plastica. Se da un lato il settore cresce o quantomeno si mantiene, dall’altro lo fa tra tante difficoltà. Su tutte la manodopera carente nei momenti topici e il caldo estremo che manda in stress le piante. “Questo è un mestiere faticoso, si lavora al freddo e all’aperto, non sempre sotto il sole: i lavoratori, anche stranieri, non si trovano ed ogni anno è sempre peggio – conferma Andrea Baggiani, storico produttore di Montemignaio in provincia di Arezzo, il paese degli alberi di Natale –. Per difenderci dall’innalzamento delle temperature stiamo riportando a quote più alte le coltivazioni: gli alberi hanno bisogno di umidità e freddo per crescere forti e belli. Negli anni avevamo fatto il percorso inverso spostando le coltivazioni più verso la pianura dove le condizioni logistiche sono migliori. Ritorniamo alle origini”.

Per le abitazioni si chiedono alberi di 1,50-1,80 metri

“La siccità ha creato qualche problema ma siamo riusciti a coprire in maniera egregia le richieste del mercato”, spiega Elena Bertini, esponente di Donne impresa di Coldiretti Toscana, titolare dell’omonima azienda di Arezzo, un’impresa familiare di 5 ettari di vivaio con la coltura degli abeti a farla da padrona, dal 2001 a rotazione con le colture di mele e patate. “Non parliamo più come un tempo dell’abete classico ma di diverse tipologie, una diversificazione nata anche dalle richieste dei clienti. In genere si lavora molto con alberi alti 1.50-1,80 metri per abitazioni ma ci sono anche richieste di piante importanti. Diciamo che complessivamente può esserci qualche numero in meno ma di maggior pregio e con più qualità”.

Picco di vendite nel mese che precede l’8 dicembre

Molte similitudini anche nell’analisi di Alfio Marchini, titolare dell’azienda Abeti Marchini di Pescia (Pistoia): “Rispetto alla calma generale è un’annata che di fatto replica le ultime. Si può magari dire che la richiesta è numericamente inferiore ma per piante più grandi e costose, si va dagli alberi di 2/3 metri fino anche a 12 metri per centri commerciali, alberghi e luoghi all’aperto”. Quella di Marchini pur di dimensioni piccole è un’impresa monocoltura, si producono solo abeti, e con una lunga tradizione: “Se non siamo stati la prima sicuramente una delle primissime in Italia specializzata nella produzione e vendita esclusiva di questo tipo di piante”. Una produzione che, non inganni, pur con ritmi diversi non prevede pause: “La coltivazione dura tutto l’anno, dalla piantumazione alla potatura allo sfalcio a tutte le altre fasi – spiega ancora Marchini -. Si tratta di un ciclo che dura dai 5 ai 10 anni: nel mio vivaio si trovano piantine alte pochi centimetri e altre oltre dieci metri”. Certo la mole di lavoro non è sempre la stessa; arriva un momento in cui i ritmi si fanno forsennati e servono contributi esterni all’azienda. “Il mese che precede l’8 dicembre, la data che segna di fatto la fine della commercializzazione di queste piante, dobbiamo fare un grande sforzo per rispondere alle richieste del mercato. Che coinvolge noi e tutti i nostri dipendenti ma anche personale esterno impiegato per un periodo limitato”.

“Una coltura non facile, anzi molto impegnativa”

“Vendiamo soprattutto in Toscana a clienti che vengono in azienda di persona, via internet anche attraverso i social media, e lavoriamo molto con i garden”, spiega ancora Elena Bertini, che ha proseguito sulle orme aziendali del nonno mentre la generazione del padre si era dedicata ad altro. “La coltura dell’abete negli anni ha dato sostentamento a questo territorio, la zona collinare e montana, per la maggior parte rappresentata da aziende di piccole dimensioni – conclude Bertini -. Si tratta comunque di una coltura non facile, anzi molto impegnativa. Adesso tiriamo un po’ il fiato dopo la grande corsa a cavallo fra novembre e dicembre. Consideri che mercoledì scorso abbiamo fatto l’ultima consegna; anche per gli alberi di Natale c’è sempre chi si decide all’ultimo momento”.





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