Manovra 2025, il governo Meloni “premia” il gioco d’azzardo

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Tra le tantissime storture della Manovra 2025 targata Meloni c’è anche l’ombra che cala sul gioco d’azzardo. “Anche i provvedimenti presenti in questa Manovra sembrano confermare la subordinazione dei governi agli interessi della lobby dell’azzardo, senza curarsi dei diritti e delle esigenze dei cittadini ma nemmeno degli interessi dello Stato” denunciano la campagna “Mettiamoci in gioco” e la Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II.

Come spiegano molto bene le due realtà, il gioco d’azzardo ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo enorme nel nostro Paese. E dire che sarebbe vietato dal Codice penale, ma la legislazione in deroga approvata dalla metà degli anni Novanta ad oggi ha portato a una situazione paradossale. Grazie alla prossima Legge di Bilancio del governo Meloni, le cose potrebbero pure peggiorare.

Cosa non va nella Manovra Meloni riguardo al gioco d’azzardo

Ciliegina sulla torta, nella Manovra 2025 del governo Meloni viene infatti cancellato l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave presso il Ministero della Salute, un organismo istituzionale in cui sono presenti anche le associazioni.

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Al suo posto, già alcuni mesi fa, è stata creata una Consulta permanente dei giochi pubblici presso il Ministero dell’Economia, con la presenza dei concessionari del gioco d’azzardo, che di fatto – accusano le associazioni – marginalizza l’Osservatorio, spostando il focus sulla dimensione economica ed erariale del fenomeno. Nella bozza della Legge di Bilancio al momento non è chiaro se questa Consulta continuerà ad esistere, ma è sicuramente prevista l’istituzione di un Osservatorio dedicato “a ogni forma di dipendenza”, che dovrebbe occuparsi di tutte le dipendenze patologiche, rendendo meno visibile i problemi del gioco.

Viene anche abrogato il fondo specifico di 50 milioni di euro annui destinato alla prevenzione e alla cura del disturbo da gioco d’azzardo. Al suo posto viene istituito un Fondo per le dipendenze patologiche, ripartito tra le Regioni sulla base di criteri determinati con un futuro decreto del ministro della Salute.

Vengono poi ancora, per l’ennesima volta, prorogate le concessioni per il gioco d’azzardo, di due anni, fino al 31 dicembre 2026.

Infine, viene resa permanente un’estrazione settimanale in più per il Lotto e l’Enalotto. Già a luglio 2023 era stata introdotta la quarta estrazione settimanale dei due giochi di Stato, in via provvisoria e con parecchie critiche, per sostenere la popolazione dell’Emilia Romagna colpita dall’alluvione, facendo quindi passare il concetto di qualcosa di socialmente molto pericoloso come qualcosa di socialmente molto buono.

“Ciò che non convince oggi sono tanti aspetti” spiegano a QuiFinanza Vieri Brini ed Emanuele Policante, registi da anni impegnati sul tema e autori del documentario “Rifiutati dalla sorte e dagli uomini” del 2014. “Nella legge sul riordino di quest’anno, ad esempio, si è messo mano alle distanze, alla pubblicità, agli orari, sempre in un’ottica di soppressione dei meccanismi di contrasto alla diffusione dell’azzardo. Chiari passi indietro sulla prevenzione della dipendenza da gioco e che vanno verso una pericolosa normalizzazione”.

Quanto vale il gioco d’azzardo in Italia

Analizziamo un po’ di numeri. Il ricavato ogni anno di lotterie, slot machines, videolottery, Gratta e Vinci, schedine varie, scommesse e giochi d’azzardo legalizzati di varia natura ammonta a ben 108 miliardi di euro. Tra il 2004 e il 2023 la raccolta complessiva nel settore è stata di circa 1.617 miliardi di euro, un valore praticamente pari a quello del Pil italiano del 2021: per avere un paragone, nel 2023 l’ammontare del denaro impegnato dagli italiani per l’acquisto di beni di largo consumo (cibo, prodotti per l’igiene, ecc.) è stato di 134 miliardi.

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Come dichiarato dal sottosegretario all’Economia Federico Freni, in risposta a un’interrogazione parlamentare presentata alla Camera con primo firmatario il deputato Pd Virginio Merola, la raccolta di denaro riferita al solo periodo 1 gennaio-31 luglio 2024 ammonta a 90 miliardi di euro. Facendo i calcoli, dunque, in proiezione quest’anno si andrà molto sopra gli oltre 147 miliardi di euro dello scorso anno, che già avevano rappresentato un record assoluto.

Chi sono i giocatori e quanti

Va da sé che l’aumento spropositato dell’offerta di gioco (ricordiamo, di Stato, cioè legalizzato) si è portato dietro un aumento imponente del numero di giocatori. Una platea sempre più “democratica”, peraltro, che può riguardare tutti – casalinghe, pensionati, disoccupati, stranieri, giovani, professionisti – anche se in misura maggiore chi appartiene a fasce medio-basse della popolazione. In misura proporzionale sono aumentati anche i costi sanitari, sociali, relazionali e legali del gioco d’azzardo.

Lo studio Ipsad del CNR-IFC stima in circa 20 milioni gli italiani tra i 18 e gli 84 anni (43%del totale) che hanno giocato d’azzardo almeno una volta nel corso del 2022 e in 800mila gli italiani della stessa fascia d’età che presentavano in quell’anno un profilo di gioco a rischio da moderato a severo. L’indagine sottolineava che sono proprio le persone con redditi mensili e titoli di studio più bassi a diventare più frequentemente giocatori problematici o dipendenti.

“In appena 10 anni i ricavi del gioco d’azzardo in Italia si sono sostanzialmente duplicati” precisano Brini e Policante. “Dieci anni fa la raccolta era poco sotto i 90 miliardi di euro. Quest’anno toccherà il record. E così anche i giocatori problematici si sono duplicati: secondo i dati dell’Osservatorio per il Contrasto al gioco d’azzardo sono il 3% della popolazione, circa 1,5 milioni di persone. Tante persone, tanti soldi, un grosso problema sociale molto sottostimato“.

Restringendo il campo anagrafico, lo studio Espad del CNR-IFC sugli studenti tra i 15 e i 19 anni stima in 1 milione 300mila (51% del totale) i ragazzi che hanno giocato almeno una volta nel corso del 2022, in quasi 130mila i giocatori a rischio e in oltre 67mila i giocatori problematici.

Ma il gioco non è vietato ai minori? Sì, ma l’accesso di giovani e giovanissimi al gioco online è ormai una realtà consolidata: si inizia a giocare sempre prima, soprattutto sul cellulare. “Le vicende dei giocatori di serie A che scommettevano via smartphone sono la punta dell’iceberg del consumo mostruoso di gioco online. Il concetto di prossimità in questo caso arriva al grado zero”.

I costi economici e sociali del gioco

E si tratta di numeri fortemente sottostimati. “Perché è una questione prettamente culturale: si fa molta fatica a vedere il giocatore patologico come una persona malata, e dipendente, o – se vogliamo fare un esempio più crudo – come un tossicodipendente. C’è sicuramente più consapevolezza rispetto a dieci anni fa, ma spesso si ferma nella cerchia di chi è in prima linea: Asl, ex giocatori, associazioni di volontariato, esperti. Al di fuori di questi contesti la percezione del gioco patologico come un problema, per certi aspetti una vera e propria emergenza sociale, non c’è. Basta leggere i programmi dei partiti politici delle ultime elezioni amministrative: nessuno di loro nemmeno lo menziona”.

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Parlare di cifre non è semplice, “si rischia di far passare i problemi sociali come meri contenitori di cifre, invece dietro ci sono storie di donne e uomini, famiglie e comunità. I problemi sociali sono problemi di tutti noi che siamo comunità e Stato. Ma i costi sociali su 1,5 milioni di giocatori problematici si aggirano intorno ai 3 miliardi di euro l’anno, cifra destinata a crescere ancora, perché non tiene conto dell’impatto del gioco online sui minorenni”.

Cinicamente si potrebbe obiettare che i numeri danno ragione allo Stato, ma – proseguono i due registi Brini e Policante – i numeri raccontano sempre una parte della realtà, “per questo i ragionamenti sui problemi di un Paese non si possono analizzare solo tramite cifre e diagrammi: c’è prima di tutto l’idea di come vogliamo che sia, come cittadini, la comunità in cui viviamo”.

La “prossimità”, vera leva del gioco d’azzardo

La prossimità, non a caso, è la vera leva del gioco d’azzardo. “Quando si poteva giocare solo nei quattro casinò di Stato, una persona doveva prendere la macchina e fare un po’ di chilometri per poter soddisfare le proprie pulsioni di gioco. Questo disincentivava molto il giocatore casuale”.

Con l’arrivo del gioco sotto casa, nei luoghi della socialità, e addirittura sul cellulare dal divano, la prossimità del gioco si è fatta pressante. “Molte persone hanno cominciato a giocare e poi si sono ammalate a pochi metri dalla propria abitazione, sotto gli occhi di vicini e conoscenti. Con il gioco online si azzera anche la ‘passeggiata da casa alla tabaccheria’: sblocco lo schermo del dispositivo e ho un’offerta molto variegata – e legalissima, addirittura incentivata dallo Stato – di giochi tra cui scegliere, 24 ore su 24”.

Il recente rapporto di Cgil, Federconsumatori e Fondazione Isscon “Non così piccoli. L’azzardo online nei piccoli comuni italiani”, a pochi mesi dalla seconda edizione del “Libro Nero dell’azzardo online”, mappatura dell’evoluzione del gioco nelle regioni, nelle provincie e nei comuni a partire dai 10mila abitanti, approfondisce i dati, mai esplorati in precedenza, dei 3.232 comuni italiani tra 2.000 e 9.999 abitanti, corrispondenti a un quarto della popolazione italiana e al 41% dei comuni.

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Ciò che emerge è che i comuni italiani sono centrali in ogni tentativo di contenere la crescita dell’azzardo. Il report evidenzia come, se mediamente si gioca di più nei medi e grandi centri, la quantità di anomalie nella fascia dei piccoli comuni è decisamente superiore.

Le città e le regioni dove si spende di più per giocare

La regione più virtuosa che spende meno nel gioco online è il Veneto: Padova, con 960 euro annui giocati nel 2023, è lontanissima dagli oltre 3.200 euro di Messina, Palermo e Siracusa.

Ma guardando ai piccoli comuni, quello dove si è giocato di più online nel 2023 è proprio in provincia di Padova, Anguillara Veneta, 4.161 abitanti. Nel 2022 si registrava un dato di poco superiore a quello provinciale, 1.231 euro, ma nel 2023 sono spuntati all’improvviso 40 milioni di euro, spiega Federconsumatori, che hanno portato il piccolo comune all’incredibile media pro-capite di 13.073 euro per ogni abitante tra 18 e 74 anni: ogni abitante di Anguillara ha così investito nell’azzardo online quasi 1.100 euro al mese, quasi 14 volte la media provinciale.

I primi 3 comuni della classifica sono del Nord. Praticamente identica la condizione di Calliano, provincia di Trento, 2.038 abitanti, che passa dai 1.196 euro del 2022 ai 12.749 euro del 2023, 12 volte la media provinciale. Al terzo posto c’è Moniga del Garda, provincia di Brescia, con 11.402 euro, che già l’anno prima faceva registrare numeri importanti, 6.783 euro.

Nell’elenco dei comuni che fanno registrare almeno il doppio della media nazionale ci sono poi 10 comuni della provincia di Palermo, 9 di Messina e Lecce, 8 di Cosenza, 7 di Napoli, 6 di Salerno e 5 di Vibo Valentia.

“Nessuno, quasi vent’anni fa, si è chiesto che impatto avrebbe avuto il gioco d’azzardo diffuso. Nessun studio, nessun pensiero al futuro” evidenziano ancora Brini e Policante. “Questa mancanza di prospettiva è la malattia endemica del nostro Paese, sia che si parli di gioco d’azzardo legalizzato sia che si parli di ambiente, welfare, ecc. Per chi crede che i numeri siano tutto, consigliamo di allargare il punto di vista e guardare i costi sociali delle dipendenze rispetto alla raccolta di monopoli e accise: 22 miliardi contro 27, un gioco a cui non conviene più di tanto giocare. A chi conviene quindi? Ai cittadini sicuramente no, ai pochi che guadagnano con il comparto, invece, tantissimo”.

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Cosa bisognerebbe fare

Di fronte a questo scenario è più che comprensibile che ci sia un diffuso malcontento tra gli enti e le realtà che lavorano sul territorio, sia rispetto agli strumenti a disposizione sia a livello legislativo e di risorse, per poter contrastare la diffusione del gioco d’azzardo patologico.

La campagna “Mettiamoci in gioco” chiede di dare ai sindaci un reale potere di controllo sul fenomeno nei propri territori; di ridurre l’alta variabilità attuale nella tassazione sui diversi giochi incrementando le entrate per lo Stato; di stabilire una moratoria sull’introduzione di nuovi giochi fino a quando non saranno noti i risultati delle ricerche promosse da enti terzi sui rischi e i benefici delle attuali politiche in materia; e infine, di adottare un registro unico nazionale delle persone che chiedono l’autoesclusione dai siti di gioco d’azzardo. Questi passaggi rappresenterebbero un primo, concreto, segno politico di contrasto a una piaga economica e sociale per il nostro Paese.





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