Giustizia Due sentenze per cambiare la riforma

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In due giorni sono state emesse due sentenze, una di proscioglimento e l’altra di assoluzione, che potrebbero influire sulla riforma della giustizia di cui si sta occupando la Camera dei deputati.

La prima è stata pronunciata dal gup del Tribunale di Firenze nell’inchiesta sulla fondazione Open al termine di un’udienza preliminare durata oltre due anni, nei confronti di Matteo Renzi, leader di Iv, e altri dieci indagati, accusati di finanziamento illecito al partito. Il giudice ha prosciolto tutti perché «gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna». In precedenza la Corte Costituzionale aveva dichiarato inutilizzabili le chat e le mail sequestrate, trattandosi di «corrispondenza» che poteva essere utilizzata solo con l’autorizzazione del Parlamento, che non c’era stata.

A questo punto, non si può non condividere il parere espresso dal senatore del Pd Ferdinando Casini, secondo il quale «l’assoluzione di Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e Luca Lotti porta a serie riflessioni sul finanziamento della politica e sulla necessità di dare nuove regole e chiare discipline giuridiche» in materia di rapporti tra fondazioni e partiti politici. Invece, non può condividersi l’opinione espressa dal ministro Matteo Salvini secondo il quale occorre «cambiare questa giustizia e prevedere responsabilità civile dei magistrati e separazione delle carriere».

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L’altra sentenza è stata emessa dal Tribunale di Palermo, che ha assolto Matteo Salvini con la formula «perché il fatto non sussiste» dal reato di sequestro di persona e di rifiuto di atti d’ufficio, dopo cinque anni di indagini, nel processo Open Arms, dal nome della nave spagnola che nell’agosto del 2019 trasportava 147 migranti ai quali il leader della Lega (all’epoca ministro dell’Interno) negò lo sbarco a Lampedusa. I migranti soccorsi dalla Open Arms poterono sbarcare solo dopo 19 giorni per l’intervento dei pm di Agrigento. Il ministro Carlo Nordio ha dichiarato che «questo processo non si sarebbe nemmeno dovuto iniziare». Ricordiamo, però, che il processo ha superato il vaglio del Tribunale dei ministri e che il 30 luglio 2020 l’aula di Palazzo Madama ha concesso l’autorizzazione a procedere chiesta dai pm di Palermo per il senatore Matteo Salvini, escludendo l’esimente di un preminente interesse pubblico o costituzionalmente rilevante. Dopo l’assoluzione Il medesimo vicepremier Salvini promette che la riforma della giustizia, basata sulla separazione delle carriere e sulla responsabilità civile dei magistrati, «sarà portata a termine», ma aggiunge anche che «in Tribunale a Palermo ho visto una corretta, giusta, sana separazione di chi giudica rispetto a chi indaga. La separazione delle carriere porterebbe quello che si è visto in aula a essere la normalità in tutta Italia».

Si può, invece, osservare che le due sentenze, di proscioglimento e di assoluzione, hanno dimostrato che la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri di fatto esiste già, per cui non vi è alcuna necessità di formalizzarla con una riforma costituzionale che romperebbe l’unità della magistratura creando due corpi distinti e separati. Con le due sentenze i giudici hanno dimostrato la loro imparzialità e indipendenza non accogliendo le richieste dei pm di rinvio a giudizio per Renzi e di condanna per Salvini. Come giustamente dichiarato dal Presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, un’assoluzione non significa che il processo non andava fatto, perché i processi si fanno proprio per accertare in contraddittorio eventuali condotte penalmente rilevanti.

Inoltre, va evidenziato che per tutti i magistrati esistono già sia la responsabilità civile che, ovviamente, quella penale, oltre alla responsabilità disciplinare, la cui azione può essere esercitata dal ministro della Giustizia e sulla quale giudica il Consiglio superiore della magistratura. La verità è che con la riforma della giustizia il potere politico mira a indebolire e condizionare la magistratura e con la separazione delle carriere a controllare soprattutto i pm per incidere sulla scelta dei processi da fare. Ma ciò sarebbe la fine dello Stato di diritto.

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