Le formazioni armate ribelli islamiste e filoturche hanno conquistato Damasco senza sparare, poiché le ultime difese del rais si sono sono dissolte, seppure i residenti della capitale hanno riferito di aver udito spari ed esplosioni. Crolla dunque dopo mezzo secolo di potere assoluto e dura repressione il regime baathista che vedeva al proprio vertice la famiglia alawita degli Assad.
CROLLO DEL REGIME BAATHISTA
I damasceni festeggiano per le strade assieme ai miliziani jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham, con questi ultimi che sottolineano la loro gioiosa euforia sparando colpi di armi automatiche in aria. Adesso è l’ora della resa dei conti e, parallelamente, del salto della quaglia, almeno per coloro i quali si renderà possibile gettare via l’uniforme del partito Baath fino a ieri indossata e passare al servizio dei nuovi detentori del potere nel paese (meglio: in alcune sue parti). Una giornata storica questa, che si ricorderà per l’evaporazione di un regime che era al potere da cinquant’anni, la fine di una dinastia iniziata con Hafez al-Assad, «il leone di Damasco», scaltro e crudele ufficiale golpista dell’aeronautica che in pochi anni consolidò la posizione del suo clan, minoritario in Siria e ritenuto eretico dall’Islam sunnita.
L’ULTIMA PUNTATA DELLA SAGA DEGLI ASSAD
Sulla saga degli Assad una produzione televisiva potrebbe realizzare un serial, dagli incunaboli del potere fino al misterioso destino dell’ultimo suo rampollo, quel Bashar al-Assad che avrebbe forse voluto occuparsi di economia e che aveva sposato una cittadina del Regno Unito, dove aveva compiuto gli studi, donna che lo ha poi seguito a Damasco divenendo una icona del regime. Bashar il presidente, che dovette sostituire nella linea dinastica della sua famiglia il successore designato del padre Hafez, il suo fratello maggiore perito in un incidente. Fratelli, clan, borghesia damascena in affari con la famiglia del presidente, armi chimiche, mukhabarat, guardie presidenziali e divisioni scelte dell’esercito nelle mani dell’altro fratello, Maher. Adesso tutto è finito. Bashar è fuggito e non si conosce il suo destino. Ha abbandonato precipitosamente la capitale nella notte tra sabato e domenica, quando i suoi generali hanno ordinato alle truppe di non difendere più la città di Homs dai ribelli jihadisti.
DOVE È BASHAR?
È stato allora che il rais ha compreso che era davvero finita ed è fuggito. È normale questa incertezza in casi del genere, serve anche a coprire i reali movimenti del fuggitivo. In precedenza si era parlato di una sua presenza in Iran, poi a Mosca, infine è circolata la voce che potesse essere morto a causa di un incidente aereo durante l’abbandono della Siria. Assad aveva chiesto asilo a diversi stati, che però glielo avevano negato, dunque, una delle ipotesi è che potrebbe essersi diretto verso qualche paese africano disposto ad accoglierlo. Intanto nella capitale la gente è scesa nelle strade e ha esultato per la caduta del tiranno all’arrivo delle formazioni armate ribelli in città. Questi ultimi, dai teleschermi della televisione di stato, in un comunicato rivolto alla popolazione siriana hanno confermato il rovesciamento del presidente al-Assad e reso noto che i detenuti delle carceri erano stati liberati. Essi hanno inoltre esortato «tutti i combattenti dell’opposizione e i cittadini a preservare le istituzioni statali dello Stato siriano libero».
LA REAZIONE DI ISRAELE
Ad avviso del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il crollo del regime siriano è un effetto delle azioni dello Stato ebraico contro l’Iran e il suo proxi in Libano, Hezbollah. Egli si è espresso intervenendo pubblicamente dal Monte Bental, sulle alture del Golan, da dove si vede la Siria, commentando le ultime dinamiche mentre le Forze di difesa israeliane rinforzavano il proprio dispositivo militare nella zona cuscinetto con il confinante Paese arabo. «È un giorno storico per il Medio Oriente – ha dichiarato Netanyahu -, il regime di Assad è un anello centrale della catena del male, e questo regime è caduto. È il risultato diretto dei colpi che abbiamo inflitto all’Iran e a Hezbollah, i principali sostenitori di Damasco. Questo ha creato una reazione a catena in tutto il Medio Oriente di tutti coloro che vogliono liberarsi da oppressione e tirannia. Si creano dunque nuove opportunità molto importanti per Israele, tuttavia non prive di rischi».
(foto di Elisa Gestri)
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