di Carmine Paradiso
Il 29 dicembre di quest’anno cade l’854° anniversario del martirio di Thomas Becket, 1170-2024, l’arcivescovo-cancelliere fatto assassinare dal sovrano nella Cattedrale di Cánterbury.
La figura di San Thomas Becket è emblematica sia per la sua impronta fideistica di assoluto rilievo di martire immolato a Cristo sia, per l’aspetto storico, quale simbolo dell’eterno dualismo tra Chiesa e Stato ed il conflitto tra potere temporale e spirituale.
Sin da Costantino il Grande e Teodosio, per continuare con gli Imperatori del Sacro Romano Impero di Oriente ed Occidente.
Verrà il Barbarossa, Federico II, per finire con Asburgo e chiudere con Luigi XIV e Napoleone.
Un millennio ininterrotto… Camillo di Cavour dichiarerà nel Risorgimento, “Libera Chiesa in libero Stato”, verrà l’Unità d’Italia e il 1870 con la Breccia di Porta Pia, in Roma Capitale.
Una Storia infinita costellata di splendori, prevaricazioni, perversioni e nefandezze.
La Storia va ascoltata, coccolata nel nostro pensiero e ricordata per non commettere i medesimi errori.
L’ordine del sacrilego omicidio è stato impartito da Re Enrico II Plantageneto osteggiato da Becket nella sua politica di ridimensionamento dei privilegi ecclesiastici, volendo accentrare nella corona anche il potere religioso, antica ambizione dei regnanti britannici che avrebbero raggiunto lo scopo per vie traverse con Enrico VIII dopo circa quattrocento anni.
Una grande figura di Santo, difensore della Fede dal potere temporale nell’isola britannica.
La Chiesa d’Inghilterra verrà sottomessa alla Corona mentre il Papato conserverà il potere di incoronare l’Imperatore del Sacro Romano Impero.
La “Perfida Albione” vorrà e riuscirà sempre ad essere un’entità a sè stante rispetto al Continente Europa.
Gli odii dei sovrani hanno sempre avvelenato i popoli resi succubi delle scelte calate dall’alto e della violenza dei loro governi.
Nel 1154 Enrico II Plantageneto sale al trono d’Inghilterra, di Normandia e parte della Francia.
Uomo attivissimo e non privo di cultura, valente soldato, è accentratore attento agli interessi del Regno.
Nel 1159, avido di denaro per le casse erariali, impone ai baroni tributi mal sopportati;
nel 1164 con visione di accentratore di potere, modifica
i rapporti tra Stato e Chiesa, codificando il ruolo del Re e gli obblighi del cCero: chiese e monasteri diventano feudi reali, vescovi e abati sono assoggettati a pesanti oneri fiscali.
In questo contesto si inserisce la storia del Cavaliere Thomas Becket. Nasce a Londra il 21 dicembre 1118 da famiglia borghese benestante, figlio del mercante Gilbert Becket di Thierville e di Matilda di Mondeville. Avviato alla carriera ecclesiastica, dopo gli studi a Merton e a Parigi, entra al servizio di Teobaldo di Beck, arcivescovo di Canterbury che intuisce la sua grande intelligenza;
studia Diritto Canonico a Auxerre in Francia e a Bologna, una delle prime università europee oltre diverse missioni a Roma.
Nel 1154 è arcidiacono di Canterbury e viene nominato Cancelliere del Regno da Enrico II; sostiene l’azione riformatrice del sovrano che limita il potere dei feudatari per trasferirlo alla corona.
Nel 1161 muore l’arcivescovo Teobaldo e Re Enrico propone Thomas come successore del prelato. Nominato nel 1162 Primate d’Inghilterra e Arcivescovo di Canterbury, si dimostra subito contrario ai propositi di Enrico Il Plantageneto, suo amico fraterno, di riduzione dei privilegi ecclesiastici, atteggiamento che gli costerà
la vita.
Da nuovo arcivescovo di Canterbury, sentendosi profondamente investito del ruolo non solo formale e di
prestigio, assume la difesa della Chiesa, dei vescovi e del clero, entrando in aperto conflitto con
il sovrano.
Ken Follet ne «I pilastri della terra» lo descrive «alto, snello, molto bello, con fronte ampia, occhi luminosi, carnagione chiara e capelli scuri. Intorno ai 50 anni, aveva figura carismatica e questo spiega in parte la sua folgorante ascesa dalle più umili origini».
Enrico il 30 gennaio 1164 emana le «Costituzioni di Clarendon» che limitano i privilegi ecclesiastici, controllano il potere della Chiesa, bloccano l’autorità del Papa in Inghilterra.
Tommaso diviene figura
simbolo della resistenza cattolica
all’assolutismo politico della corona.
Si oppone fermamente e con convinzione alle leggi del Re contro l’autonomia della Chiesa:
«Nel nome di Dio onnipotente,
non porrò il mio sigillo».
A causa dello scontro e delle incomprensioni, Becket lascia la Patria, va in esilio volontario in Francia, accolto calorosamente
da Luigi VII, nemico di Enrico II.
Dopo sei anni, torna, imprudentemente,
in Inghilterra.
Un giorno Re Enrico, mentre era a pranzo nel palazzo reale, si sfoga con i Baroni:
«Nessuno mi libererà da questo prete maneggione?».
Non è un vero e proprio ordine ma i dignitari lo interpretano come tale e prendono l’iniziativa passando all’azione.
I baroni Reginald FitzUrse, Richard le Breton, Guglielmo di Tracy e Ugo di Morville, si recano a Cànterbury, dove assassinano
a fil di spada sull’altare, Becket nella cattedrale, mentre officiava
i riti sacri, il 29 dicembre 1170.
Un delitto orrendo e inutile, segno di arroganza reale e perfidia infinita verso un sant’uomo, onesto e amico fraterno del Re.
Di questi delitti efferati è fatta la Storia. Enrico VIII imiterà il suo predecessore con il ministro Thomas More, altra figura illibata di uomo e ministro anch’egli assurto per il suo martirio agli onori degli altari.
L’assassinio di Becket sconvolge l’opinione pubblica inglese ed europea, attorno a Thomas si sviluppa rapidamente un culto
che porta Papa Alessandro III, dopo solo tre anni, a canonizzarlo il 21 febbraio 1173.
Thomas Becket diventa simbolo della resistenza cattolica all’assolutismo di Enrico II, ipocritamente, per evitare ulteriori ribellioni di popolo, si produce
in pubblica penitenza.
La Cattedrale diviene meta di pellegrinaggi e ispira
«I racconti di Canterbury» di Geoffrey Chaucer nel XIV secolo.
Quattro secoli dopo, nel 1532 Enrico VIII (1491-1547) proclamerà lo scisma da Roma,
farà distruggere la tomba di Becket e disperdere le sue ossa,
a dimostrazione dell’odio profondo e mai sopito verso la Chiesa Cristiana e Roma.
La memoria storica ha sempre segnato i tempi nelle azioni politiche non condivise dalle popolazioni spesso estranee a perpetuare simili sentimenti ispirati da cause lontanissime
nel tempo.
Dallo scempio sacrilego di
Enrico VII si salva solo la tunica insanguinata di Thomas, oggi conservata in Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
Vittime del nuovo assolutismo reale di Enrico VIII saranno John Fisher (1469-1535) – arcivescovo e cardinale, fatto decapitare con l’accusa di lesa maestà per l’opposizione all’annullamento
del matrimonio con Caterina d’Aragona – e Thomas More (1478-1535), umanista e Lord cancelliere di Enrico VIII che lo
fa uccidere nella Torre di Londra. Fisher e More verranno canonizzati da Pio XI nel 1935.
Dal dramma di Thomas More il regista Fred Zinnemann trae il capolavoro «Un uomo per tutte le stagioni» (1966) interpretato da Paul Scofield.
Il culto del Santo Vescovo
Thomas Becket si diffuse in Europa e in Italia.
In Toscana si usa il detto “Per san Tommè, cresce il dì quando il gallo alza un piè” ovvero si comincia a percepire un piccolissimo aumento della luce diurna rispetto al giorno più corto.
In Sicilia, a Marsala il duomo in Piazza della Repubblica è dedicato a San Tommaso Becket.
In Mottola, città in provincia di Taranto, arroccata su un panoramico promontorio che guarda il mare, sin dal XV secolo venne eletto Becket a suo Patrono.
Gli scrittori hanno sempre subito
il fascino dell’evento tramandando nei loro drammi il racconto dell’efferata vicenda accaduta nell’Abbazia Cattedrale di Canterbury, fondata nel 597,
dove avvenne l’aspro scontro fra Thomas Becket, Lord cancelliere del Re, Arcivescovo di Canterbury e Primate d’Inghilterra, con il Re Enrico II d’Inghilterra, ha sempre
Il dialogo è uno dei punti più elevati e drammatici del film
«Becket e il suo re» di Peter Glenville (1964), magnificamente interpretato da Richard Burton (Becket) e Peter O’Tool (Re Enrico).
Il colloquio tra i due personaggi
è illuminante:
Becket:
«Io non tollero che un religioso venga imprigionato dai vostri soldati, che venga deferito a un tribunale civile, che venga ucciso dai soldati di lord Gilbert».
Enrico:
«Tu non tolleri?
Ma, dì un po’, ti prendi sul serio per arcivescovo?».
Becket:
«Io sono l’arcivescovo, maestà».
Enrico:
«Per mia volontà! Sei forse impazzito? Tu sei cancelliere d’Inghilterra, mi appartieni».
Becket:
«Ma sono anche l’arcivescovo. Voi mi avete chiamato a questi doveri più profondi».
Enrico:
«Una volta mi hai detto che non sapevi cosa fosse l’onore e io ti ho riso in faccia, e adesso vuoi tradirmi con la potenza che io ti ho dato».
Becket:
«Non cerco la potenza, maestà.
È soltanto che finalmente ho scoperto un vero onore da difendere».
Enrico:
«Quale onore? Quale onore più grande di quello del re?».
Becket:
«L’onore di Dio».
Il dramma divenne anche opera scritta «Becket ou l’honneur de Dieu» (1959) del drammaturgo francese Jean Anouilh.
Nel 1910 uscì il film in bianco e nero «Becket o The Martyrdom of Thomas A. Becket, Archbishop of Canterbury» diretto da Charles Kent e nel 1923 il film «Becket» diretto da George Ridgwell.
Thomas Stearns Eliot scrisse il capolavoro “Murder in the cathedral”«Assassinio nella cattedrale» (1935).
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