Sono passati quasi due anni dalla svolta di Contraste, il ristorante delle 3 P, Perdomo–Press–Piras. Accanto a “Riflesso”, il menu dei piatti best-of di un ventennio, c’è da qualche tempo un secondo menu più coraggioso che si chiama “Riflessioni”, spiegavamo. Venti mesi dopo quella svolta, sono intervenuti altri cambiamenti importanti: il progetto Exit/Exit Pastificio è definitivamente tramontato; lo stesso Contraste ha subito un lifting architettonico della stessa radicalità del menu (il ristorante ora è splendido nella sua giocosità più austera) mentre le nuove leve di sala – Stefano Cavaterra, Marian Tamas e Micol Tonti – hanno preso più coscienza del ruolo, ostentando una tranquilla sicurezza.
Il team si concentra in via quasi esclusiva sul ristorante di via Meda, insomma, e i risultati si vedono: nei giorni delle feste, con Milano deserta, c’era la stessa difficoltà di sempre a trovare un tavolo libero. E le evoluzioni di “Riflessioni” – ordinato dal 30% degli ospiti, un’enormità considerato il tasso zero di storytelling e ruffianeria – ci hanno spinto a pensare, prima che a godere.
Se in fondo al post dettagliamo il percorso dei piatti e vini di Riflessioni, con la R maiuscola, qui sotto riportiamo 4 riflessioni, in minuscolo. Quattro indizi che fanno la prova: Contraste è una palestra di idee cui guardiamo con interesse crescente.
AUDACIA. Cachi e ostriche, triglie e rose, trippa e spugnole, cocco e capra, fragole e porcini… “Riflessioni” colpisce più di tutto per l’audacia degli abbinamenti, quasi sempre accoppiamenti ignoti tra ingredienti noti (alcuni strabilianti, altri meno riusciti, naturalmente). Non è solo una questione di gusti, dell’acido o dell’amaro ma di masticazioni, mollezze, resistenze, temperature, financo concettualismi. Nuove profondità che oltretutto lasciano alla porta il cesello visivo di colori o geometrie, un fattore dominante nella ristorazione al tempo di instagram. “Riflessioni” si smarca dalla tirannia del bello e a guadagnarci sono i piatti.
EQUILIBRIO. Ogni passaggio di Riflessioni si sforza di uscire dalla gerarchia “prodotto-contorno-salsa”, trittico dominante della cucina del Novecento: la sfida di Contraste non imbelletta cioè l’ingrediente principale con salse o gusti ausiliari/ancillari ma cerca di definire un insieme armonico di ingredienti, in cui nessuno prevale, un equilibrio che si raggiunge solo dosando bene ogni cosa, aggiungendo e sottraendo. «Se con Riflesso la cucina di salse prevaleva», definisce bene Simon Press. «in Riflessioni vince la cucina democratica di contesto».
LA NUOVA PASTA. I cuochi Matias Perdomo e Simon Press, amici e colleghi da 20 anni, riescono a osservare la tradizione italiana col fertile distacco concesso a chi ha in tasca un passaporto diverso. Nel percorso, la pasta è il primo e l’ultimo di 15 passaggi (un fusillone iper-al-dente e della pasta sferificata…). Ci sembra un bel modo per interrogarsi sul trito schema dei carboidrati da grano duro e pasta fresca, storicamente compressi tra due pietanze proteiche senza apparenti motivi. A di là della moda della pasta servita in fondo al menu, questionare la sequenza quadripartita dello schema classico italiano potrebbe giovare al cliente (e alla sua digestione).
CIBO E VINO. Sebbene compresenti, vino e cibo nel fine dining sono come le rette parallele del binario: non s’incontrano mai. È uno sfilacciamento figlio della distanza tra cuoco e sommelier: calpestano mattonelle diverse, una disposizione che scoraggia il confronto. Esattamente come la distanza tra pasticcieri e “cuochi salati” che ha afflitto l’alta cucina del Novecento; ma la pasticceria da ristorazione ha iniziato a crescere nell’ultimo ventennio, quando il muro tra le due brigate ha cominciato ad assottigliarsi. Anche sala e cucina sono divise da un argine molto sottile da Contraste: «Non esiste aggiudicare percentuali di importanze diverse tra sala e cucina; camerieri e cuochi devono fare assieme il 100% di un ristorante», spiegano Perdomo e Press. Così, da Contraste il calice non è comparsa obbligata ma spesso estensione reale del piatto: ci dialoga amplificandolo, contrastandolo o azzerandolo. In più, accade anche che il piatto sia una riflessione che nasce a partire dal vino, come nel passaggio più apprezzato del percorso, Pane e vino. Una strada che incoraggeremmo.
MENU RIFLESSIONI, 30 dicembre 2024 (180 euro, vini esclusi)
Luppolo, pompelmo rosa, semi di basilico, fusillone e parmigiano
Si parte con la pasta, si diceva, con un fusillone molto al dente. Ogni ingrediente e le acidità, amarezze e croccantezze che si portano appresso sono studiate per non farne prevalere nessuno. Socialismo gustativo
Ostrica, caco vaniglia e champignon
Un piatto straniante per la presenza del caco vaniglia grigliato, gustativamente dominante in cima. Sotto ci sono delle ostriche bagnate del un pil pil di champignon, un addendo terroso e tannico. Nel calice c’è un pairing felice di assonanza con un cocktail di acqua di funghi
Mandorla, avocado, lardo di Colonnata e cavolo di Bruxelles
Un cappello ibrido animale/vegetale e grasso/amaro/acido da tirar su in due forchettate, evoluzione abbellita e ricomposta a cupola di un piatto più anarchico alle origini di Riflessioni. E’ particolarmente riuscito per la dominanza croccante della mandorla e l’abbinamento con un vino che si trascina un legno leggero
Calamaro, cime di rapa, nocciole e foie gras
La ;masticazione tenace, figlia dello spessore importante del calamaro grigliato, riesce persino a far scivolare in secondo piano la prepotenza selvatica del foie gras e gli altri elementi
Triglia, rose e prugne umeboshi
Quelle in cima sono squame fritte e sotto c’è un consommè di rosa in assonanza con lo sciroppo al karkade del cocktail Hibiscus, che esalta la parte floreale e acidula del piatto. Strepitoso (se vi piace l’orizzonte floreale delle rose, un felice vezzo mediorientale, ricorrente nel nuovo menu)
Trippa, spugnole, melograno e barbabietola
Trippa e spugnole, che meraviglia! Un piatto selvatico, terragno, acido, minerale, dolce-amaro. La foto è respingente ma che importa se il palato ne vuole ancora e ancora?
Arachidi, tendini, caviale, frutto della passione e arrosto
Un piatto orizzontale e ancora socialista perché ciascuna delle materie prime fa la sua parte. L’arrosto è un ristretto, le arachidi super-tenaci, quasi dure, mentre il caviale accelera silenzioso la sapidità complessiva. La masticabilità è stimolata anche dai nervetti e dall’acidità del passion fruit. Un piatto così buono che resiste nel menu Riflessioni dal principio
Pane e vino
Il piatto bandiera del menu Riflessioni, di cui si diceva sopra e che abbiamo riassunto così nel post di un anno fa: “Lo scopo è ricreare gli stessi sentori del calice servito – il Cabernet Franc – in 3 modi diversi: il calice stesso; un babà bagnato nello stesso vino con, sopra, piccole emulsioni di lampone, peperoni, mandorla, olive nere (le stesse note del Cabernet franc) e, non inquadrato, un secondo calice che contiene i sentori speziati (genziana, salvia, liqurizia e pepe…)”. Il vino che si mangia, un esperimento condotto anche con un Sauvignon. Ed è allo studio un terzo vino
Fegato di vitello, kimchi, lavanda e confetto di pinolo
Un gioco formidabile che ricorda casualmente il fegato alla veneziana con cipolle. Qui c’è una selezione molto attenta alle materie prime e c’è anche brodo di lavanda, che apporta una funzione solo olfattiva (il cucchiaio non viene servito), floreale. Il confetto iper-croccante di pinolo è una gemma. Per goduria palatale, siamo al picco
Luppolo, kiwi, topinambur e colombaccio
Topinambur e colombaccio, okay. Ma qui la sfida era introdurre e accomodare degnatamente elementi disturbanti come il luppolo (l’amaro) e l’acido (il kiwi). Trovare accordi nelle discordanze
Capra, cocco e senape
Un altro abbinamento inedito sui nostri schermi. C’è comunanza di fibrosità tra la carne ovina e il frutto della palma ma la fibrosità della carne (al sangue, non stracotta o servita inerte) risulta eccessiva alla masticazione. Il fondo è di cocco (!)
Zucca, litchis e guanciale
La zucca è irriconoscibile perché passa in un bagno calcico, una tradizione argentina che richiama il processo di nixtamalizzazione del mais. Col risultato che fuori è croccante, dentro è morbida. Accompagna tutto un gelato, di grasso
Midollo, strachitunt, miele, shiso e mandorle
Un altro esercizio che mette in riga elementi anarchici, che insieme farebbero a pugni. Lo Strachitunt, formaggio erborinato a pasta molle, diventa grattugiabile per l’azione dell’azoto liquido. Il miele e shiso smorzano ben 3 elementi grassi: le mandorle, il midollo e lo stesso formaggio
Porcini, fragole e dulce de leche
Tracotanza alle stelle per questo intreccio di due elementi di stagionalità diverse, autunno ed estate. Porcini e fragole hanno però interessanti note terrose in comune, regolate da un’acqua di barbabietola e dalla dolcezza del dulce che arrotonda l’insieme
Caviale di pasta aglio, olio, peperoncino e cioccolato invecchiato
Un nuovo esperimento condotto sull’ormai nota pasta di caviale di Contraste, stagionata per 5 giorni in una caciotta di acqua e farina (cosparsa di cera d’api per respingere agenti contaminanti) e poi sferificata (allo scopo di nobilitarla come il caviale). Il condimento in questo caso è italianissimo: aglio, olio e peperoncino. A quest’ultimo, in America Latina lo sanno bene, possiamo serenamente associare del cioccolato. Aiuto
Marian Tamas (maitre) felicemente rassegnato perché alla fine tutti chiedono comunque una fetta di torta di rose, epilogo di sempre del menu Riflesso. A destra, Stefano Cavaterra, autore del beverage pairing che leggete sotto. La cantina è firmata da Micol Tonti, assente quel dì
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