(ASI) Il 6 dicembre 2024, CeSEM – Centro Studi Eurasia Mediterraneo, in collaborazione con SpecialEurasia, ha ospitato l’evento fondamentale intitolato “Escalation Risks in the Ukraine Conflict: European People Want Peace!”
L’evento ha riunito un impressionante gruppo di professionisti militari, analisti politici, diplomatici ed esperti in vari campi per affrontare l’attuale escalation del conflitto in Ucraina ed esplorare potenziali soluzioni. Gli organizzatori hanno strutturato l’evento attorno a tre temi principali: difesa, politica e diplomazia. Ogni sezione ha fornito una piattaforma per discutere la natura multiforme della crisi e le sue profonde implicazioni per l’Europa e l’ordine globale.
Al centro dell’evento c’era l’urgente richiesta di de-escalation e l’identificazione di strategie pragmatiche per mitigare le devastanti conseguenze umanitarie, economiche e geopolitiche del conflitto. Le discussioni sono culminate nella stesura di una proposta di pace preliminare, che rifletteva le intuizioni e le prospettive collettive dei partecipanti. La bozza offriva un quadro per un cessate il fuoco e negoziati politici, bilanciando al contempo le esigenze di sicurezza di tutte le parti coinvolte e promuovendo la pace e la stabilità a lungo termine in Europa.
Defence Panel: Military Analysis and Preparedness
Il Defence panel, moderato da Giuliano Bifolchi, Research Manager di SpecialEurasia, ha fornito un esame dettagliato delle vulnerabilità militari dell’Europa considerando il conflitto in Ucraina.
L’analisi del generale Francesco Cosimato è stata una potente critica dei meccanismi di difesa frammentati dell’Europa. Ha sostenuto l’istituzione di una strategia militare europea coesa e indipendente per garantire che l’Europa possa proteggere i propri confini e i propri cittadini senza affidarsi esclusivamente ad attori esterni, come gli Stati Uniti.
Il generale Cosimato ha evidenziato significative lacune nell’infrastruttura militare europea, tra cui sistemi di artiglieria obsoleti, una mancanza di sufficienti capacità missilistiche a lungo raggio e una capacità di trasporto aereo strategico inadeguata. Queste carenze, ha sostenuto, hanno lasciato l’Europa esposta sia a minacce convenzionali che non convenzionali. Ha osservato che, mentre la difesa collettiva della NATO è solida in alcune aree, si è dimostrata insufficiente nell’affrontare la natura dinamica della guerra moderna, specialmente con l’avvento delle tattiche di guerra ibrida. Il tenente colonnello Fabio Filomeni ha ampliato queste preoccupazioni, sottolineando che la natura della guerra è cambiata in modo significativo nel 21° secolo. La guerra elettronica, gli attacchi informatici e l’uso di droni e missili ipersonici hanno definito sempre più i conflitti moderni. Filomeni ha ammonito che mentre le armi avanzate potrebbero spostare l’equilibrio di potere sul campo di battaglia, la tecnologia da sola non garantisce il successo strategico. Ha sottolineato l’importanza di una pianificazione completa, di una formazione solida e di capacità logistiche. Ha criticato la gestione della crisi ucraina da parte dell’Unione europea, sottolineando che Bruxelles non è riuscita ad adottare una politica coerente nei confronti della Russia. Filomeni ha descritto l’approccio di Bruxelles come un doppio standard, da un lato sostenendo la diplomazia e contemporaneamente supportando misure militaristiche che hanno intensificato il conflitto. Ciò, ha sostenuto, ha esacerbato le tensioni con la Russia e non è riuscito a portare avanti i negoziati necessari per risolvere la crisi. La discussione ha preso una piega seria quando il panel ha esaminato i rischi di un’escalation del conflitto in una guerra più ampia che coinvolge la NATO. Gli oratori hanno sottolineato il potenziale utilizzo da parte dell’Ucraina di armi a lungo raggio fornite dagli Stati Uniti e l’impiego da parte della Russia di missili ipersonici come prova che la posta in gioco sta aumentando. Queste armi non solo minacciano le capacità difensive della NATO, ma evidenziano anche la fragilità dell’architettura di sicurezza europea. Gli esperti hanno avvertito che qualsiasi ulteriore provocazione potrebbe portare a uno scontro diretto tra NATO e Russia, con conseguenze catastrofiche per la sicurezza europea.
Il panel ha anche discusso le implicazioni della guerra ibrida, sottolineando la crescente importanza degli attacchi informatici, delle campagne di disinformazione e di altre forme di guerra non tradizionali. Queste tattiche, hanno sostenuto, potrebbero avere un impatto destabilizzante sulle infrastrutture critiche, sui sistemi politici e sulla fiducia del pubblico nelle istituzioni governative. I relatori hanno sottolineato la necessità di un quadro di sicurezza completo che affronti non solo le minacce militari convenzionali, ma anche la natura in evoluzione della guerra ibrida e informatica.
Panel politico: i passi falsi strategici dell’Europa
Il panel politico, moderato da Stefano Vernole, responsabile degli affari esteri del CeSEM, si è concentrato sull’approccio politico dell’Europa al conflitto in Ucraina e ha criticato la sua incapacità di agire come mediatore neutrale. Sia Gianni Alemanno che Roberto Vannacci hanno sostenuto che l’Unione europea non è riuscita ad affermarsi come attore indipendente in questa crisi, scegliendo invece di allinearsi incondizionatamente alle politiche degli Stati Uniti. Questo allineamento, hanno sostenuto i relatori, ha esacerbato le vulnerabilità economiche dell’Europa, in particolare nel settore energetico, trascurando gli interessi strategici più ampi dell’Europa.
La critica di Gianni Alemanno all’attuale quadro geopolitico e di politica interna dell’Italia evidenzia la complessità e le contraddizioni all’interno del suo orientamento strategico. Afferma che il governo italiano, in particolare sotto Giorgia Meloni e Mario Draghi, ha abbracciato una posizione apertamente pro-atlantica, allineandosi agli Stati Uniti e ai più ampi interessi occidentali. Questo allineamento è stato guidato, in parte, da considerazioni economiche, come il mantenimento di bassi spread obbligazionari facilitati da rating favorevoli da parte di agenzie con sede negli Stati Uniti. Tuttavia, Alemanno sostiene che i costi di tale allineamento superano i benefici, con l’Italia che sta vivendo significativi arretramenti industriali e strategici a causa del suo allontanamento dalla Russia. La perdita delle forniture energetiche russe, un tempo fondamento della crescita industriale europea, ha precipitato la deindustrializzazione, una preoccupazione molto più grave della recessione ciclica, date le sue implicazioni a lungo termine per la struttura economica dell’Italia. Alemanno critica ulteriormente i fondamenti ideologici delle politiche italiane, che ritiene siano influenzate sia dagli obiettivi geopolitici dell’amministrazione Biden sia dall’agenda del Green Deal dell’Unione Europea. Queste politiche, a suo avviso, rappresentano non solo uno scontro con la Russia, ma anche un assalto alla sovranità economica europea. Il potenziale ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti introduce ulteriori incertezze, con divisioni all’interno dei circoli politici americani su come affrontare la Russia, se isolarla e sconfiggerla in modo deciso o impegnarsi strategicamente con essa per indebolire i legami sino-russi. Alemanno suggerisce che dovrebbe prevalere un approccio pragmatico e pacifico, controbilanciando le tendenze militaristiche degli apparati di difesa e di intelligence degli Stati Uniti. Sulla situazione in Ucraina, Alemanno prevede un eventuale accordo che preveda un cessate il fuoco, seguito da un processo di negoziazione realistico e non ideologico. Sostiene il principio di autodeterminazione, proponendo referendum supervisionati a livello internazionale in regioni contese come il Donbass per accertarne l’allineamento. Questo approccio, secondo lui, non solo rifletterebbe la volontà delle popolazioni locali, ma costituirebbe anche la base per un compromesso duraturo. Inoltre, sottolinea la necessità per la Russia di ottenere garanzie contro l’adesione dell’Ucraina alla NATO, una concessione fondamentale per le preoccupazioni di sicurezza strategica di Mosca. Alemanno estende questa argomentazione a una visione più ampia, chiedendo lo scioglimento della NATO in favore di una capacità di difesa europea veramente indipendente, allontanando il continente dall’agenda militaristica dell’alleanza atlantica. Infine, Alemanno lamenta l’erosione della credibilità internazionale dell’Italia, attribuendola a quella che percepisce come una posizione sottomessa nei confronti di Washington. Sostiene che il suo allineamento ha ripetutamente compromesso gli interessi nazionali dell’Italia con interventi militari guidati dalla NATO, che considera contrari alle priorità strategiche del paese. Alemanno critica il governo Meloni per aver ulteriormente indebolito la posizione dell’Italia, paragonando la nazione a uno stato di “terzo livello” e chiedendo la rapida conclusione del mandato di Meloni. La sua visione implica una ricalibrazione strategica verso un quadro politico europeo più autonomo, che consenta all’Italia di recuperare la propria sovranità e riaffermare la propria rilevanza sulla scena globale. Vannacci ha elaborato questo punto, descrivendo la guerra in Ucraina come parte di una più ampia lotta geopolitica tra l’Occidente guidato dagli Stati Uniti e la Russia. Questa rivalità, ha sostenuto, ha trasformato l’Ucraina in un campo di battaglia per procura piuttosto che una nazione sovrana che può agire in modo indipendente sulla scena globale. Ha osservato che l’Europa, anziché agire come mediatrice, è rimasta invischiata in un conflitto che serve gli interessi di potenze esterne trascurando il proprio benessere economico e politico.
I relatori hanno anche discusso l’impatto negativo della decisione dell’UE di adottare sanzioni contro la Russia. Alemanno ha sostenuto che queste sanzioni, sebbene intese a indebolire la Russia, hanno invece danneggiato le economie europee interrompendo il commercio e aumentando i costi energetici. Vannacci ha aggiunto che la decisione dell’Europa di schierarsi senza una chiara comprensione delle conseguenze a lungo termine ha indebolito la sua posizione geopolitica, diminuendo la sua capacità di negoziare da una posizione di forza.
Diplomacy Panel: The Diplomatic Void
Il Diplomacy panel, moderato da Federico De Renzi, analista del CeSEM, si è concentrato sull’assenza di un efficace impegno diplomatico nel conflitto ucraino. L’ambasciatore Bruno Scapini presenta il conflitto in corso in Ucraina non come una questione bilaterale tra Russia e Ucraina, ma come una manifestazione di una lotta geopolitica più ampia per coinvolgere entità potenti al di là della regione immediata. Inquadra la situazione come uno sforzo deliberato per destabilizzare i sistemi globali, facilitato dall’erosione di valori tradizionali come la famiglia e la pace. Secondo Scapini, questa destabilizzazione è guidata dal predominio del “capitale globalizzato” e dalla sostituzione della governance politica con un’élite tecnocratica. Afferma inoltre che la crescente prevalenza di conflitti militari in tutto il mondo, oltre 350 in totale, con 250 attualmente attivi, riflette l’ascesa della militarizzazione sul disarmo e sulla pace. Nella sua analisi, la retorica contro Russia e Cina funge da meccanismo per sostenere motori economici guidati da interessi militari-industriali, rendendo il conflitto ucraino un campo di battaglia ideologico per le élite statunitensi che cercano di minare la sovranità territoriale e politica dei loro avversari. L’ambasciatore Marco Carnelos colloca il conflitto nel contesto del declino dell’egemonia dell’Occidente, segnando un momento cruciale che ricorda la crisi missilistica cubana del 1962 o il preludio alla seconda guerra mondiale del 1938. Sostiene che l’esito della guerra determinerà non solo il destino dell’Ucraina, ma anche l’equilibrio di potere globale, affermando che una vittoria russa è lo scenario meno dannoso. Carnelos critica la fornitura di armi a lungo raggio all’Ucraina, suggerendo che derivi da calcoli politici interni degli Stati Uniti sotto il presidente Biden, volti a limitare i suoi rivali politici. Evidenzia anche la crisi del debito globale come fattore che inibisce il processo decisionale strategico. Carnelos avverte dell’assenza di valide opzioni di cessate il fuoco e sottolinea la posta in gioco della Cina nel conflitto, affermando che una sconfitta russa lascerebbe Pechino isolata e in competizione con l’Unione Europea. Entrambi i diplomatici hanno sottolineato le profonde conseguenze del conflitto sul panorama geopolitico europeo. Scapini sottolinea la dimensione ideologica, suggerendo che le narrazioni occidentali contro Russia e Cina rafforzano la militarizzazione e servono gli interessi dei gruppi d’élite. Carnelos, d’altro canto, critica il ruolo sempre più frammentato dell’Unione Europea, descrivendola come un’entità geograficamente limitata plasmata dall’influenza baltica e polacca, con la Gran Bretagna che continua a dettare le direzioni strategiche nonostante la sua uscita dal blocco. Traccia parallelismi storici con momenti di minaccia esistenziale nel XX secolo, affermando che l’UE deve ridefinire la sua posizione strategica per evitare l’escalation e delineare un confine sostenibile tra sé e la Russia. In definitiva, entrambe le prospettive convergono sulla visione secondo cui la guerra in Ucraina esemplifica le più ampie crisi sistemiche del mondo moderno. Esse indicano l’erosione delle strutture di potere tradizionali, l’ascesa della tecnocrazia e la crescente militarizzazione delle relazioni internazionali. Le intuizioni fornite da Scapini e Carnelos sottolineano la necessità critica di ripensare i quadri di governance globale e affrontare le forze sottostanti che guidano questi conflitti. Senza tali sforzi, il sistema internazionale sembra destinato a precipitare ulteriormente nella destabilizzazione e nello scontro.
L’evento si è concluso con la formulazione di una bozza di proposta di pace progettata per affrontare l’escalation del conflitto in Ucraina e preparare il terreno per una stabilità a lungo termine. La proposta, che era una forzo dei partecipanti, includeva diverse raccomandazioni chiave volte a ridurre l’escalation del conflitto e a promuovere una pace sostenibile.
Elementi chiave della proposta: il cessate il fuoco immediato: un appello a tutte le parti coinvolte a impegnarsi immediatamente per un cessate il fuoco per prevenire ulteriori perdite di vite umane e distruzione; negoziati per un accordo politico: dopo il cessate il fuoco, dovrebbe essere avviato un processo di negoziazione completo per affrontare le preoccupazioni territoriali e di sicurezza sia della Russia che dell’Ucraina. Adesione di Kiev all’UE con condizioni: all’Ucraina dovrebbe essere consentito di entrare nell’Unione europea, rafforzando i suoi legami economici e politici con l’Europa. Tuttavia, l’accordo dovrebbe dichiarare esplicitamente che l’Ucraina non entrerà a far parte della NATO e che non ospiterà basi militari della stessa sul suo territorio; abolizione delle sanzioni e rinnovate relazioni commerciali: le sanzioni occidentali contro la Russia dovrebbero essere gradualmente revocate, subordinatamente al rispetto dell’accordo. Parallelamente, Bruxelles e Mosca dovrebbero esplorare nuove relazioni commerciali ed economiche per ricostruire la fiducia reciproca e la cooperazione. Infine condurre una valutazione indipendente completa delle ragioni oggettive dell’escalation militare della Russia.
Questo quadro riflette il consenso tra i partecipanti sul fatto che una soluzione sostenibile deve bilanciare le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutte le parti, promuovendo al contempo l’interdipendenza economica e la stabilità regionale. Dando priorità al dialogo e al pragmatismo rispetto allo scontro, la proposta offre un percorso per porre fine al conflitto e prevenire un’ulteriore escalation. La proposta di pace non è solo un appello a porre fine alle ostilità, ma una visione a lungo termine per un’Europa più equilibrata e pacifica.
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