Il Tar del Veneto ferma la realizzazione di una discarica di car fluff, i rifiuti frutto delle componenti “leggere” della rottamazione dei veicoli, la cui realizzazione era prevista a Sorgà, in provincia di Verona ai confini con quella di Mantova, e che era stata autorizzata dalla Regione Veneto nel gennaio 2023.
Da parte di agricoltori, comitati locali e comuni si erano levate proteste per le possibili ricadute negative sull’agricoltura e in particolare per le falde acquifere.
Con una sentenza depositata il 7 gennaio 2025, il tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso presentato dal comune di Sorgà, dalla Provincia di Mantova e dai comuni mantovani di Castelbelforte, Castel d’Ario e San Giorgio Bigarello. Vengono così annullate l’autorizzazione Via (Valutazione di impatto ambientale) e il Puar (Provvedimento unico autorizzativo regionale) per l’impianto che sarebbe dovuto sorgere nella frazione di Pontepossero.
Il progetto era stato promosso in primo luogo dalla società Rottami Metalli Italia di Castelnuovo del Garda, nel luglio del 2023 acquisita dal gruppo RMB di Polpenazze del Garda, nel Bresciano. Prevedeva l’arrivo di 950 mila tonnellate di rifiuti speciali in sei anni, costituiti dagli scarti non metallici delle auto rottamate, quali plastiche, tessuti, guarnizioni e pneumatici.
La gioia dei giovani di Confagricoltura
Confagricoltura saluta con favore la sentenza: «Il territorio della pianura veronese, per il quale da anni ci si batte affinché venga valorizzato come merita, risulta infatti inadatto ad accogliere siti come quello che si voleva andare ad installare nel Comune di Sorgà – sottolineano Silvia Caprara, presidente dei Giovani di Confagricoltura Verona e Piergiovanni Ferrarese, ex presidente degli stessi che ha seguito la vicenda dagli inizi, manifestando subito contrarietà –. Rimaniamo convinti che di ben altre infrastrutture abbia bisogno la pianura veronese per continuare il suo processo di riconoscimento ed attrazione. In più occasioni abbiamo evidenziato come l’apertura della discarica avrebbe determinato non pochi problemi alle imprese agricole del territorio, oltre che alle comunità stesse».
In particolare i Giovani di Confagricoltura Verona avevano depositato le loro osservazioni in Regione contrarie all’apertura del progetto, spiegando che la discarica, con circa 125.000 tonnellate annue di amianto accolte, per un totale di 130.500 metri quadrati di terreno coinvolti per lo stoccaggio, avrebbe messo a rischio le eccellenze enogastronomiche del Basso veronese: pesche, kiwi, mele e orticole, oltre ai prodotti zootecnici. In pericolo anche la fascia di ricarica degli acquiferi, una falda importante per l’approvvigionamento idrico di tutta la zona e dei canali di irrigazione.
Soddisfatta Cristina Guarda (Verdi)
«La sentenza del Tar del Veneto rappresenta una vittoria significativa per la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche, e una sconfitta per la Regione che evidentemente ha fallito nel suo compito» afferma in una nota l’eurodeputata del Gruppo Verdi/ALE Cristina Guarda, che nel 2021 quando sedeva sui banchi dell’opposizione in Consiglio regionale si era fatta promotrice di un atto di sindacato ispettivo per chiedere alla Regione di verificare l’iter della Valutazione di impatto ambientale.
«Serviva maggiore attenzione e rigore nella procedura di autorizzazione di un progetto che rischia di avere un impatto significativo sull’ambiente», prosegue l’eurodeputata, sottolineando come sia mancata «un’istruttoria completa e accurata, soprattutto in relazione alla tutela delle risorse idriche. Il Tar ha riconosciuto un difetto di istruttoria rispetto alla verifica della distanza minima del fondo della discarica dal livello di massima escursione della falda. Questa sentenza dimostra che le preoccupazioni espresse dai cittadini e dalle amministrazioni locali erano fondate».
Il plauso di Anna Maria Bigon (Pd)
«Lo abbiamo scritto nero su bianco e detto anche in aula di Consiglio – commenta la consigliera regionale veronese del Partito Democratico, Anna Maria Bigon –: la discarica di Sorgà non poteva essere autorizzata, e fin da subito ci siamo battuti per ottenere ulteriori accertamenti riguardanti la profondità della falda acquifera. Verifiche che andavano effettuate per dare certezze di tutela ambientale, sanitaria e per le colture locali. Ora, a rendere giustizia e a confermare che quella da noi indicata con vari atti era la strada da seguire, arriva la sentenza del Tar».
«Si tratta di un pronunciamento di importanza fondamentale, che sancisce la priorità della tutela dei cittadini e del territorio su ogni esigenza imprenditoriale ed economica – prosegue Bigon –. Resta la gravità del comportamento del governo regionale che non ha dato ascolto al territorio e alle forze politiche che richiamavano ad un senso di responsabilità e che anzi ha abbandonato i territori, obbligandoli a costosi percorsi giudiziari per difendere l’ambiente, la loro salute e la loro economia. Altro che autonomia».
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